Sonia e Angela De Giusti, legali rappresentanti delle gelaterie Vaniglia, presenti con diversi punti vendita in Veneto, ma anche a Brescia e Alessandria, sono state condannate dal tribunale di Vicenza perché ritenute colpevoli in concorso dei reati di «vendita di prodotti industriali con segni mendaci» e «frode nell’esercizio del commercio» in quanto la targhetta di un gelato riportava la dicitura “nocciole del Piemonte”, nonostante le nocciole in questione non fossero tutte piemontesi. «È un'ingiustizia», fanno sapere le due imprenditrici attraverso il loro legale.
Il controllo da parte dei Nas
La storia comincia il 17 agosto del 2020, quando i Nas incappano nel punto vendita Vaniglia del centro commerciale Palladio a Vicenza e notano la targhetta “nocciole del Piemonte”, una targhetta che, diciamolo, spopola nelle gelaterie italiane. Volendo vederci chiaro, fanno analizzare il prodotto e ne risulta che la pasta di nocciole utilizzata fosse un preparato che non conteneva esclusivamente nocciole del Piemonte ma anche quelle provenienti da altre zone geografiche. Scatta così la denuncia e l'obbligo di pagare una sanzione minima. La storia potrebbe finire qui, se non fosse che le due imprenditrici decidono di impugnare il decreto penale di condanna perché, spiega l’avvocato Stefano Grolla che le difende, l’intera vicenda nasce da un malinteso.

Il malinteso (secondo la difesa)
«L’ipotesi dei Nas era che, siccome sul cartoncino c’era scritto “nocciole del Piemonte”, queste avrebbero dovuto essere esclusivamente Igp, di origine protetta – spiega l'avv. Grolla - Ma scrivendo nocciole del Piemonte non c’è una vera e propria alterazione nei confronti del consumatore, perché non viene specificato che siano di origine protetta». Insomma, secondo le sorelle De Giusti e il loro avvocato, «c’è stato un fraintendimento tra l’ipotesi accusatoria di alterazione di un materiale alimentare di origine protetta e il fatto che il gelato sia stato preparato con un tipo di nocciola che non era certificato come Igp». Una spiegazione che però non ha convinto il giudice e proprio in questi giorni è arrivata la sentenza che ritiene le proprietarie delle gelaterie Vaniglia colpevoli in concorso dei reati di «vendita di prodotti industriali con segni mendaci» e «frode nell’esercizio del commercio», con condanna a tre mesi di reclusione e mille euro di multa.
Perché impugnare la sentenza
«Aspettiamo le motivazioni, poi probabilmente proporremo appello», commenta sempre Grolla, al quale abbiamo chiesto perché impugnare il decreto penale di condanna, prima, e la sentenza, poi, nonostante il cartello dichiarasse comunque il falso (al di là della dicitura Igp non presente, le nocciole non erano tutte piemontesi)? «Perché è emerso in sede istruttoria come la società da me assistita avesse espressamente richiesto al proprio fornitore un preparato a base di nocciole del Piemonte, pertanto le titolari hanno agito in buona fede. Tale circostanza è stata confermata da ogni testimone sentito. Sono poi emersi ulteriori elementi che escludevano la penale responsabilità delle imputate: non era stata data prova delle direttive provenienti dalle legali rappresentanti circa il cartellino esposto sul quale vi è margine discrezionale del dipendente e di chi gestisce il singolo punto vendita, non è stata data prova della durata dell'esposizione del cartellino che poteva essere stato affisso da poche ore e poteva non essersi perfezionato alcuno scambio commerciale, con inesistenza della condotta richiesta dal codice penale, ma ciò che risulta fondamentale è l'assenza di un intento ingannatorio e fraudolento, poiché le titolari avevano appositamente richiesto un prodotto a base di nocciole del Piemonte», sottolinea nuovamente l'avvocato che aggiunge come «anche questa sentenza è percepita come una ingiustizia».