Una delle novità dell’ultima edizione di Cibus, al centro di un evento dedicato condito con talk show, masterclass e degustazioni, è stata la prima uscita ufficiale di Le Terre del Balsamico, consorzio di secondo che ha come scopo la valorizzazione, la salvaguardia e la promozione dei due aceti balsamici di Modena, quello Igp e il tradizionale Dop, e del territorio che le due interpretazioni dell’oro nero agrodolce hanno in comune. La nuova realtà mette la parola fine a una guerra durata un buon quarto di secolo e rappresenta il punto di partenza della collaborazione tra i Consorzi di tutela dei due prodotti certificati attraverso attività congiunte, con l’obiettivo di far conoscere le caratteristiche di entrambi gli aceti e sviluppare nuove opportunità commerciali di questo simbolo dell’agroalimentare modenese e italiano.
Due aceti balsamici di Modena
Le due tipologie di balsamico modenese si sono sempre prodotte. Sono citate per la prima volta nel 1747 nei registri di cantina dei Duchi d’Este, «sia il “mezzo balsamico”, quello che oggi è l’Igp, fatto con mosto cotto e aceto comune – spiega Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio di Tutela dell’Igp, nonché vicepresidente di Le Terre del Balsamico – sia il “balsamico fine”, l’attuale Dop, prodotto solo con mosto cotto. Nelle famiglie si faceva quello più prezioso, ma si produceva anche l’altro, quello quotidiano, che negli anni Sessanta ha generato un mercato e le imprese: anche questo è un prodotto d’eccellenza e soprattutto ha numeri importanti».
Le differenze dei due balsamici
Non sono solo queste le differenze tra i due prodotti, figli entrambi della fermentazione zuccherina e acetica del mosto cotto. Hanno in comune alcuni vitigni (lambrusco, trebbiano, ancellotta), ai quali si aggiungono sauvignon, sgavetta, berzemino e occhio di gatta nell’aceto Dop, mentre in quello Igp entrano sangiovese, albana, fortana e montuni. Il Dop è prodotto solo a partire dal mosto cotto delle uve previste dal disciplinare, con aggiunta tuttalpiù della “madre”, colonie batteriche selezionate di acetificazioni precedenti.
Nell’Igp al mosto d’uva cotto si unisce anche l’aceto di vino ed eventualmente della “madre”, ed è consentita una piccola aggiunta di caramello per stabilizzare il colore. La zona geografica del Dop – uve e lavorazione – è rigorosamente la provincia di Modena. Per l’Igp la produzione può avvenire anche nella provincia di Reggio Emilia, senza nessuna indicazione specifica per la provenienza delle uve – «comunque italiane» precisa il presidente Grosoli – e aceto di vino.
L’invecchiamento
Cambia soprattutto il tempo e la tipologia di invecchiamento. Nel tradizionale Dop avviene in botticelle scalari di differenti dimensioni e di legni pregiati diversi (rovere, castagno, gelso, ginepro, ciliegio, frassino, robinia), con travasi successivi per un periodo di tempo che va da un minimo di12 anni per il tipo “affinato” ad almeno 25 anni per l’“extra vecchio”. Nell’Igp l’acetificazione e l’affinamento avvengono in contenitori di legni pregiati (in genere rovere) nell’arco di un periodo superiore ai 60 giorni.
Target, canali di vendita e prezzi
Due prodotti diversi per usi, target, segmenti di mercato e prezzi differenti. Il balsamico modenese Igp si trova anche nella gdo, ha un range di prezzo dai tre ai 50 euro, anche più, dipende dalle selezioni) per le confezioni da 250 cl, si presta a un uso quotidiano e trasversale dall’antipasto al dolce. L’aceto Dop viaggia nel settore di nicchia, si trova in negozi gourmet ed enoteche, spunta prezzi che vanno dai 50 euro per l’affinato ad almeno 100 euro per l’extravecchio (ma anche molto di più) ed è un prodotto da meditazione, perfetto da gustare in purezza.
Come si usa l'aceto balsamico in cucina
Il balsamico di Modena Igp, dicevamo, è un prodotto più quotidiano, versatile e trasversale, da utilizzare con cibi freschi e in cottura, con ortaggi, carni bianche e rosse, pesci grassi, risotti, uova, dessert, cocktail, piatti classici e di ricerca. Il balsamico tradizionale Dop, con i suoi 12 o 25 anni sulle spalle, è un prodotto con una complessità e profondità maggiore ma non meno versatile dell’Igp. «Quando è giovane è indicato sulle verdure, crude o alla griglia – suggerisce Enrico Corsini, presidente del Consorzio di Tutela della Dop e di Le Terre del Balsamico – l’extravecchio si presta ad accompagnare il parmigiano reggiano, le fragole, il gelato alla crema, lo zabaione. Tre gocce fanno digerire: versatele sul dorso della mano, come il caviale, il calore della pelle esalterà i profumi e il sapore. Dà una marcia in più alle bollicine: provate lo spumante servito in un bicchiere avvinato con qualche goccia di extravecchio».
Per Maurizio Fini, gran maestro della Consorteria di Spilamberto, che del balsamico tradizionale si occupa di tramandare la cultura e l’arte di produrlo, «ha una versatilità eccezionale come aperitivo e come digestivo, apre lo stomaco e lo chiude – sorride il maestro Fini – sul parmigiano reggiano è un classico, ma è ideale anche su primi piatti, ad esempio al posto della foglia d’oro nel famoso risotto alla milanese di Gualtiero Marchesi, oppure con le carni. Nella nostra tradizione è sempre stato il condimento dei giorni di festa ma usato anche per impreziosire un piatto povero, come la frittata di cipolle: con qualche goccia di aceto balsamico tradizionale diventa una pietanza sopraffina».