La storia. San Miguel è ancora il tempio della gastronomia di Madrid?
Si diceva un tempo - quando il recupero della bella struttura di inizio Novecento in vetro a acciaio di plaza de San Miguel, a Madrid, faceva scuola in Europa come perfetto esempio di valorizzazione architettonica a vantaggio della collettività – che il mercato gastronomico di San Miguel fosse, tra i suoi pari, uno dei più affascinanti del mondo. Sicuramente per la capacità di lanciare la volata, precorrendo i tempi, alla moda ormai dilagante delle food court (o food hall, che dir si voglia): mercati alimentari a forte trazione gastronomica, dove l’acquisto del prodotto è secondario rispetto alla possibilità di consumare sul posto, condividere un buon bicchiere di vino con gli amici, farsi ingolosire dalle proposte del giorno delle cucine che convivono l’una affianco all’altra sotto lo stesso tetto. Niente di più che lo sdoganamento di una lunga tradizione (specie in Italia) di cibo di strada, ma nella veste più congeniale alle abitudini di consumo contemporanee. Dietro all’operazione San Miguel, nel 2009 (e dal 2003 considerando l’inizio dei lavori), ci fu la società El Gastrodomo de San Miguel, che all’epoca ripensò e ridisegnò lo spazio del vecchio mercato, acquistando e poi rivendendo i banchi vendita ad attività di gastronomia e ristorazione già rodate, per fare della pur piccola struttura nel centro della città un vero parco giochi per gourmet votato alla cultura delle tapas. Da lì in avanti i superlativi si sono sprecati: (quasi) tutti d’accordo nel venerare il tempio gastronomico di Madrid, con i numeri – 10 milioni di visitatori ogni anno, di più sono capaci solo lo stadio Santiago Bernabeu e il Museo del Prado – a sostenerne la causa.
Il cambio di proprietà
E forse proprio gli ingenti flussi turistici hanno portato ad abbassare la guardia: mentre i nascenti mercati gastronomici d’Europa lo eleggevano a riferimento indiscusso (anche per il Mercato Centrale di Umberto Montano si è a lungo speso il parallelo con Madrid), San Miguel perdeva il suo fascino. O almeno smetteva di esercitarlo sugli appassionati di cibo più accorti, in cerca di una proposta di qualità difficilmente rintracciabile tra i tapas bar del mercato, se non a caro prezzo. Circa un anno fa, però, è arrivato il cambio della guardia: una nuova proprietà, la Redevco Iberian Ventures (olandese, per la prima volta impegnata nel mondo della gastronomia), intenzionata a ripensare il parterre degli attori coinvolti, chiamando in causa nomi del calibro di Jordi Roca– con la sua gelateria Rocambolesc – o Roberto Ruiz, patron del ristorante messicano Punto MX. Ai conoscitori della scena gastronomica madrilena non sfuggirà un dettaglio: Rocambolesc e Punto MX già convivono all’ultimo piano del Corte Ingles di Serrano, dove il grande centro commerciale ha voluto investire sulla creazione di una food court d’autore, chiamando pure David Munoz, secondo un modello poi replicato in altre città.
Il rilancio di San Miguel. Come sarà
Analogo è l’obiettivo del rilancio di San Miguel, che sarà presentato ufficialmente il 29 settembre prossimo, nel giorno del santo titolare. La nuova offerta dovrebbe poter contare anche sulla presenza della catena fusion giapponese Kabuki, sui piatti tradizionali di Arzabal e sul Paella Power dello chef Rodrigo de la Calle, che per il mercato avrebbe ideato un nuovo format dedicato al riso. E poi tapas bar innovativi, tortillerie, pasticcerie già note nel panorama cittadino Del resto l’investimento iniziale parla chiaro: per assicurarsi la proprietà e la gestione dell’immobile, la società olandese ha sborsato un anno fa 70 milioni di euro, ingolosita dagli incassi giornalieri che oscillano tra i 12mila e 17mila euro, con picchi evidenti nel fine settimana. Ma l’idea per il futuro è quella di tornare ad attrarre anche i madrileni, che oggi frequentano in minima parte una piazza così congestionata e poco originale, scommettendo sulla qualità dell’offerta e sull’arrivo di grandi nomi: da mesi, infatti, la società intrattiene trattative per assoldare figure di spicco della scena gastronomica spagnola, che entrerebbero al mercato in sostituzione di qualche realtà uscente, versando una quota degli incassi ai gestori. A partire dal mese di settembre, il progetto dovrebbe concretizzarsi in due fasi, con il completamento degli innesti (alcuni già operativi) entro la fine del 2018. E all’arrivo di nuovi inquilini corrisponderà un ripensamento degli spazi, secondo un lay out che favorisca la suddivisione per categorie merceologiche, la varietà dell’offerta, l’originalità della proposta gastronomica, la cura del design da parte di ciascun operatore. Perché un mercato gastronomico non si reinventa dall’oggi al domani. Ma le potenzialità dello spazio sono infinite.
a cura di Livia Montagnoli