La colazione indiana
Non esiste un modo univoco per raccontare la tradizione gastronomica dell'India, una terra ricca di profumi, sapori, aromi speziati, con una cultura culinaria che affonda le sue radici in tempi remoti, fra ricette secolari che, col susseguirsi delle epoche, sono state modificate a seconda della disponibilità degli ingredienti, dell'aspetto economico e sociale delle varie comunità e delle nuove tecnologie. Come prima macro-distinzione, si possono individuare due tradizioni principali: la prima, quella del Nord, che prevede un maggiore uso della carne, e la seconda, più diffusa al Sud, prettamente vegetariana. Ma la tavola indiana è complessa, sfaccettata, multiforme. Anche per la prima colazione, che – come tutti i pasti locali – si arricchisce di spezie e gusti saporiti. Niente brioches e cappuccino, dunque, e molti pochi dolci. Spazio, invece, a piatti salati sostanziosi e nutrienti, per cominciare la giornata al meglio. Qui, abbiamo citato solo alcuni dei più rappresentativi con le loro varianti, ma è bene ricordare che per ogni specialità esistono decine di interpretazioni diverse, tutte parimenti gustose e da provare durante un viaggio nel subcontinente.
Il pane: naan
Fra le varie opzioni, il pane arricchito con banane, tofu, salsicce di verdure e spezie. Protagonista assoluto dell'arte bianca indiana, il naan è un pane tradizionale diffuso anche in Iran, Afghanistan, Pakistan e altre parti del Medio Oriente. In origine, naan era un termine generico utilizzato per indicare tutti i tipi di pane azimo nel mondo, conosciuto nelle lingue turche come nan.
Simile alla nostra piadina, questa specialità indiana si compone di un impasto a base di farina di grano duro, cotto al momento e servito ancora caldo. Ne esistono diverse varianti, come quella ripiena di formaggio o spalmata di burro fuso, oppure ancora quella ripiena di ragù d'agnello, generalmente riservata al pranzo e alla cena. Altre variazioni della ricetta base prevedono l'impiego di farina bianca, sale, lievito madre con l'aggiunta di yogurt e latte, utilizzati per rendere l'impasto più liscio ed elastico. Ad accompagnare il naan, a colazione, frutta – banana in primis – e verdura, oppure burro o ghi, burro chiarificato tipico della tradizione indiana e, più in generale, dei paesi asiatici, privato dell'acqua e della sua componente proteica.
Upma di rava
Pane a parte, sulle tavole indiane, soprattutto quelle del Sud, fra i piatti più diffusi a colazione un posto d'onore è riservato all'upma, specialità saporita e nutriente che varia di regione in regione, nata a Tamil Nadu, una delle città più grandi dell'India. Alla base di tutto c'è la rava (o sooji), tipica semola locale che dà origine a una pietanza dalla consistenza simile al nostro semolino o alla pappa d'avena britannica. Conosciuta anche come uppindi, uppumavu o uppittu, la ricetta deve il suo nome ai termini uppu, che significa “sale”, e pindi, mavu o hittu, ovvero “farina”. Per insaporire questa sorta di semolino, gli indiani aggiungono verdure saltate in padella e una salsa rossastra a base di spezie, la sambhar, che viene versata ancora calda sull'upma.
Le varianti: dal garam masala alla versione dolce
Fra le tante interpretazioni della ricetta, una delle più popolari è quella che prevede la sostituzione della semola con farina di grano duro, riso o cereali di vario tipo, e l'aggiunta di legumi – soprattutto i fagioli – e frutta secca, anacardi e arachidi in primis. Non può mancare, poi, la variante masala, conosciuta nella parte sud-occidentale come kharabath, in cui vengono aggiunti garam masala (letteralmente “spezia bollente”), tradizionale mix di spezie varie (cardamomo, cannella, cumino, chiodi di garofano, pepe nero, curcuma e l'immancabile coriandolo) e polvere di peperoncino rosso. Ne esiste, infine, anche una versione dolce, molto popolare nella zona di Karnataka, ancora una volta a sud-ovest del Paese: è l'upma kesari bath, un mix di semola e zucchero, ghi, acqua e latte.
Specialità dolci: il puttu
Onnipresente nella cucina indiana, anche a colazione il riso gioca un ruolo da protagonista. Al mattino è il puttu a fare la parte del leone, una sorta di rotolino (nel linguaggio di Tamil puttu significa, appunto, “porzionato”) a base di crumble di farina di riso e ripieno di cocco fresco grattugiato (altro ingrediente immancabile nella tradizione asiatica), il tutto cotto con un sistema a vapore particolare chiamato puttu kutti. Molto diffuso anche nello Sri Lanka, dove è spesso arricchito con il cumino, il puttu è uno dei piatti più popolari della colazione indiana, specialmente al Sud, dove viene accompagnato da thoran – curry vegetariano a base di legumi e verdure – e popadum, sottili dischi di pasta croccante a base di farina di fagioli mungo neri, lenticchie o ceci, solitamente fritti nell'olio di cocco oppure lasciati essiccare al sole. In alternativa al cocco, per la farcia vengono spesso impiegati uova al curry o banana.
Da bere: il masala chai
La tavola, dunque, è ricca e assortita di tante prelibatezze. Fondamentale nella tradizione indiana, però, è anche il fronte delle bevande, sul quale non c'è alcun dubbio: è il tè il prodotto preferito da Nord a Sud. In particolare, il masala chai, negli ultimi anni divenuto popolare anche nei Paesi occidentali. Letteralmente, il nome potrebbe essere tradotto come “tè con mistura di spezie”, e non è difficile intuirne il motivo: per prepararlo, si parte proprio dalle spezie, che vanno fatte bollire per alcuni minuti in acqua affinché rilascino il loro aroma. In seguito, si aggiunge il tè nero (che va lasciato in infusione per pochi minuti) e il masala è pronto. Viene servito tradizionalmente con il latte, ma in molti preferiscono gustarlo in purezza, talvolta addolcito con un po' di zucchero o miele.
Condiviso anche con Nepal, Pakistan e in generale in tutta l’Asia centrale, il masala chai ha origini remote, e la sua storia è legata a doppio filo con la tradizione ayurvedica e la medicina delle erbe. Secondo i racconti popolari, infatti, la bevanda – inizialmente nata come puro infuso di spezie in acqua – si è iniziata a diffondere per scopo depurativo, pensata per curare disturbi lievi come mal di testa, mal di stomaco e febbre. Nell'Ottocento, grazie alla dominazione britannica, le piantagioni di tè iniziano ad acquisire valore, e gli indiani decidono di aggiungere le foglie di tè nero al chai. La tradizione del latte, invece, arriva un secolo dopo, quando per mantenere bassi i costi, i venditori cominciano a insaporire la bevanda con latte e zucchero, diminuendo così la quantità di tè, la più costosa delle materie prime, e contenendo i prezzi.
La ricetta: Masala chai di Lorenza Barletta e Ludovica Frigieri
Una ricetta da un libro di pubblicazione recente, The Breakfast Journey di Elisa Paganelli e Laura Ascari (di cui vi abbiamo appena parlato) volume interamente dedicato alla prima colazione, un ricettario sui generis che raccoglie oltre 40 specialità del mattino da tutto il mondo. Per l'India, le blogger Lorenza Barletta e Ludovica Frigieri – autrici delle ricette – hanno scelto proprio il masala chai. Perché “è sempre l'ora del tè, ancora meglio se ti permette di viaggiare senza confini, grazie al karha e alle spezie che lo compongono”.
Ingredienti
4 baccelli di cardamomo
1 cucchiaino di cannella in polvere
4 chiodi di garofano
1 cucchiaino di zenzero in polvere
500 ml. Di acqua
60 ml. Di latte
20 g. di tè nero indiano (tipo Assam)
Come prima cosa preparare il Karha, il mix di spezie, sminuzzando i baccelli di cardamomo e miscelandoli con la cannella, i chiodi di garofano e lo zenzero. Mettere l'acqua e il latte a sobollire e, quando saranno pronti, mettere in cottura anche il tè e il mix di speze per 10 minuti, lasciandoli sempre sul fuoco. Togliere dal fuoco e filtrare.