Più coffee shop che consumatori cinesi. Ecco come la patria del tè può cambiare a causa del business delle caffetterie

18 Dic 2023, 10:22 | a cura di
Negli ultimi 12 mesi è aumentato il numero di caffetterie "brandizzate" in Cina. Per il World Coffee Portal, i punti vendita nel paese sono diventati di più di quelli presenti negli Stati Uniti

In Cina il momento del tè può diventare un vero e proprio rito. Sintomo della valenza simbolica che questa bevanda ha nella cultura cinese. A tal punto che, secondo una credenza diffusa, offrirne una tazza non costituisce solo un semplice gesto di ospitalità ma addirittura una manifestazione di gratitudine e rispetto. Una prospettiva che suggerisce la seguente equazione: Cina uguale patria del tè. Ma per quanto ancora? E per sempre? Quesiti che occorre porsi visto che negli ultimi anni sotto la Grande Muraglia si è registrato un aumento considerevole di caffetterie. Perdipiù, con numeri tali da mettere in discussione il primato storico degli Stati Uniti, paese in cui il format ha avuto la sua più ampia diffusione. Uno scenario ben delineato da un rapporto del World Coffee Portal, piattaforma che si occupa di indagini di mercato nel settore.

Sempre più caffetterie in Cina

Allo stato attuale, la Cina ha superato gli Stati Uniti ponendosi come il più grande mercato di caffetterie “firmate” al mondo. I numeri non mentono. Infatti, secondo il World Coffee Portal, la quantità delle caffetterie da franchising è cresciuta nell’ultimo anno del 58%. Per la società di ricerca, sono ormai 49 691 i punti vendita. Così, senza ombra di dubbio, la seconda economia mondiale può oggi essere considerata una potenza globale nel mondo caffè. Tanto è vero che, negli ultimi 12 mesi, il segmento del caffè ha attratto investimenti significativi, in particolare delle grandi multinazionali.

Il grande investitore

Fra le aziende che hanno investito di più nel coffee business, Starbucks nel periodo in questione ha messo in piedi 785 negozi. Per cogliere l’impegno dell’azienda sarebbe sufficiente menzionare quanto speso a settembre per un nuovo “campus” nella parte orientale del paese. Una sorta di parco di innovazione del caffè nei pressi di Jiangsu. Il Cip, ovvero il China Coffee Innovation Park, è costato all'incirca 220 milioni di dollari.

La compagnia americana ha voluto sottolineare come si tratti del più grande investimento finora riscontrato al di fuori dei propri confini per un centro di produzione e distribuzione di caffè. Altri denari verranno comunque impiegati dal colosso statunitense in Cina per nutrire questo progetto imprenditoriale; entro il 2025, come afferma il World Coffee Portal, Starbucks vorrebbe aprire 9mila caffetterie. Eppure, per Laxman Narasimhan, Ceo di Starbucks, saremmo solo alla fase embrionale dell’espansione societaria nel paese. Di certo, il territorio costituisce un importante bacino, considerando il fatto che si tratta del primo mercato estero e del secondo più grande a livello globale.

Il consumo

Per ciò che concerne più strettamente il consumo, oltre il 90% dei 4mila consumatori di caffetterie intervistati beve una tazza di caffè caldo tutte le settimane. Il 64% invece quello freddo, minimo una volta alla settimana.

Allo stesso tempo, sebbene queste percentuali vadano tenute in considerazione poiché possono rivelare un cambiamento all’orizzonte (in futuro sempre più cinesi potrebbero bere caffè piuttosto che tè), resta il fatto che il trend di consumo rimane al momento contenuto; in crescita, ma tutto sommato basso rispetto alle cifre osservate in altri paesi leader. E in nessun caso paragonabile ai numeri delle caffetterie di nuova apertura.

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