Risale al 23 febbraio scorso l'arresto di cinque persone sospettate di aver organizzato una frode dell'Iva da 220 milioni di euro riguardante l'esportazione di alcolici in diversi Stati membri. L'indagine ha portato alla luce un'organizzazione criminale di colletti bianchi sospettata di utilizzare fatture false per eludere il pagamento delle tasse per l'esportazione di grandi quantità di bevande alcoliche, utilizzando una frode "carosello" sull'Iva intracomunitaria: un complesso schema criminale che sfrutta le norme dell'Ue sulle transazioni transfrontaliere tra i suoi Stati membri, in quanto questi sono esenti dall’Iva.
Come funzionava il sistema fraudolento
La frode prevedeva lo un finto scambio di alcolici tra operatori commerciali con sede in Italia e nel resto d’Europa, utilizzando una rete capillare di aziende situate in Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna e Regno Unito. Sulla carta questa catena comprendeva commercianti situati in Italia e nei paesi suddetti, facendo leva anche su società cuscinetto.
In realtà, sulla base delle evidenze, la maggior parte delle esportazioni erano destinate proprio al mercato italiano. Secondo l'inchiesta sarebbero coinvolte nella frode almeno 43 aziende e 17 persone tra agenti di vendita, consulenti e responsabili della contabilità e della logistica. Sulla base dei rilevamenti si tratterebbe di una frode che, tra il 2015 e il 2021, avrebbe generato un fatturato di oltre 850 milioni di euro, determinando un’evasione fiscale e profitti illeciti per 220 milioni di euro. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere transfrontaliera, frode Iva, falso in operazioni commerciali e riciclaggio di denaro.
Tra i corrotti anche un agente GdF
Una condotta fraudolenta che puntava a inquinare anche l'indagine in corso e che nell'aprile 2023 arriva alla condanna di un agente della Guardia di Finanza accusato di aver ricevuto tangenti di 50mila euro da un uomo d'affari, allo scopo di attenuare o escludere le responsabilità di quest'ultimo e di alcuni suoi familiari da un'indagine penale.
L'agente in quel momento era un membro importante del team che stava conducendo l'indagine sulla frode IVA, coordinata anche dall'ufficio della Procura europea a Milano (Eppo), di cui erano sospettati l'imprenditore e i suoi familiari. L'indagine sulla corruzione ha rivelato che il pubblico ufficiale non ha fornito ai pubblici ministeri prove e informazioni pertinenti contro i sospettati. Il giudice ha inoltre disposto la confisca estesa di ulteriori beni – ritenuti derivanti da condotta criminosa – per un valore di 473.775 euro, ritenendo che l'imputato non potesse giustificare la legittima provenienza di queste proprietà.