Gio Renzo Fioraso è di Valdagno, piccolo comune in provincia di Vicenza, ma vive da quasi 17 anni a Londra. Qui fa il private chef e non cambierebbe lavoro per nulla al mondo.
Quanto si guadagna a fare lo chef privato?
«Aprire un ristorante? Non ho intenzione di rovinarmi la vita». Cominciamo dalla fine di questa intervista perché in sette parole lo chef privato Gio Renzo Fioraso è riuscito a sintetizzare un quadro allarmante: lo chef, figuriamoci il cameriere, è un mestiere faticoso che ha perso appeal. Lui non lavora in Italia ma a Londra, un trascorso in Spagna dove non ha concluso gli studi alberghieri, per poi recuperare diplomandosi a Le Cordon Bleu London e frequentando un corso al Basque Culinary Center e un altro all'Accademia Gualtiero Marchesi a Milano.
«Una volta tornato a Londra ho lavorato in alcuni ristoranti italiani fino ad arrivare al ristorante Alain Ducasse al The Dorchester». Poi, undici anni fa, la scelta di diventare private chef: «Quando lavoravo in cucina c'erano orari assurdi e spesso ci si dimenticava di avere il compito di “ristorare”. Se ci pensate il più delle volte gli chef cucinano guardando un muro, raramente hanno la possibilità di vedere i clienti, di parlare con loro. Così ho deciso di levare ogni barriera tra me e loro». Oggi Fioraso ha un bel giro di clienti, perlopiù facoltosi, e arriva a fatturare agilmente 100mila sterline l'anno.
Da Kate Moss, a Daniel Craig
Fioraso è un fiume in piena di aneddoti, decidiamo di credergli ciecamente: «Kate Moss adora la mia tartare di gambero rosso di Mazara, Daniel Craig (aka James Bond) va pazzo per i ravioli al tartufo nero e ricotta con crema di Grana Padano e porcini; in generale più le persone sono facoltose, più amano la classicità. Sono poco avventurosi: una delle cose più richieste è il salmone affumicato!» Altro must di Fioraso sono i risotti, Marchesi docet, meglio se sormontati di scaglie di tartufo, ingrediente altresì ricercato. «I miei clienti fissi – ha dei clienti dai quali va anche due volte a settimana, ndr – sono persone abituate a mangiar bene e spendere molto. Spesso a casa hanno collezioni di vini incredibili che magari vogliono condividere con qualche amico e mi chiamano per organizzare il pairing adatto. Il più delle volte gli amici invitati vogliono ricambiare e mi contattano per un'altra cena». Tra passa parola e un discreto self marketing è riuscito a cucinare per moltissimi personaggi noti, dall'ex primo ministro David Cameron all'attuale Rishi Sunak, da Keith Richards dei Rolling Stones al centrocampista dell'Inter Henrikh Mkhitaryan. E, immancabile, la cena per alcuni membri della Royal Family, della quale lo chef non può parlare per via di un accordo di riservatezza.
Gli aneddoti più surreali
Riservatezza che, di certo, non hanno alcuni clienti del private chef: «Una volta mi ha aperto la porta una ragazza assieme ad altre due modelle in lingerie, io mi sono messo a cucinare quanto concordato e dopo poco sono arrivati tre uomini in giacca e cravatta di circa 60/70 anni. A quel punto è iniziato lo show. Si sono spogliati anche gli uomini, uno di questi è diventato un tavolino, l'altro il candelabro (non teneva le candele né con le mani né con la bocca) e il terzo faceva la sedia. Mentre cucinavo sentivo (e vedevo) molte frustate o cose del genere, io mi sono limitato a portare i piatti alle ragazze che mangiavano sopra al tavolo umano. Devo dire che le ragazze erano molto simpatiche».
C'è stata poi quella volta che un famoso orafo israeliano ha commissionato una cena tutta a base di oro commestibile, il calciatore del Chelsea che ogni San Valentino organizza una cena a casa, «peccato che ogni anno trovo una ragazza diversa», o quei clienti russi che lo hanno caricato nel loro aereo privato e portato in Veneto nella loro villa palladiana. «In un'altra festa organizzata dentro un castello, sempre da alcuni russi, ho ricevuto un ordine di due chili di caviale, quella sera c'è stato pure il record di mancia: mi hanno dato 10mila sterline».
Non solo vip o situazioni ambigue
A Londra lo chef a domicilio è un lavoro come un altro, molto diffuso: «A Londra la vita è cara, per organizzare una cena con gli amici a casa si arriva a spendere tantissimo, così in molti decidono di avvalersi di uno chef privato. Le mie cene possono costare anche “solo” 70 sterline per un minimo di dieci persone, e delle materie prime me ne occupo io», lo chef ha pure un suo orto urbano con il quale riesce a coprire circa il 60% degli ingredienti totali. «Certo è che se vogliono piatti a base di tartufo o l'abbinamento con i vini – io sono anche sommelier - il prezzo si alza». Altra certezza è che la maggior parte dei clienti siano alto spendenti, «per loro non costa nulla regalarmi a fine serata una bottiglia di vino da duemila euro. Ecco perché non aprirò mai un ristorante, ora riesco a giocare a golf almeno tre o quattro volte a settimane, non ho alcuna intenzione di rovinarmi la vita in un ristorante».