CheeseMine. Il progetto
CheeseMine. Il nome si direbbe perfetto per qualche gioco da tavola ricco di insidie, o per l’ultima novità dal mondo dei videogiochi. E invece nasconde un’iniziativa concreta avviata a Dossena (siamo in uno dei borghi più caratteristici della Bergamasca), con l’ausilio dell’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del Cnr e dell’Università degli Studi di Milano. CheeseMine, come suggerisce la giustapposizione dei due termini, è un percorso di sperimentazione che esplora i vantaggi della stagionatura dei formaggi in miniera. Nello specifico, all’interno delle miniere che in abbondanza caratterizzano il territorio di Dossena, già citata da Plinio il Vecchio per la sua “vena di metallo”. Se ne sentiva il bisogno? Quella che potrebbe sembrare un’operazione ben riuscita di marketing territoriale - componente indubbiamente presente - è in realtà una ricerca che esplora le potenzialità di crescita del settore agroalimentare locale, puntando sulla diversificazione ulteriore di una già ricca produzione casearia per garantire nuove opportunità di business alle aziende del territorio. Sono sei le realtà coinvolte nel progetto, ma la speranza è che il numero delle adesioni aumenti per testare i risultati su un campione più alto di prodotti.
La stagionatura dei formaggi in miniera
Nelle premesse dello studio, la stagionatura in miniera, per la peculiarità del suo microclima, potrebbe restituire ai formaggi caratteristiche sensoriali uniche, dando origine a una produzione casearia fortemente identitaria, a partire però da una tradizione già ben radicata sul territorio, che così avrebbe nuovi stimoli a non perdersi col passare del tempo. Il progetto pilota, infatti, mette insieme più finalità: l’innovazione del processo produttivo in una logica partecipativa, la valorizzazione dei prodotti tipici, la conservazione delle strutture produttive di alta montagna. E l’idea è partita proprio da alcune realtà casearie locali, incuriosite dalle potenzialità della stagionatura in miniera. Nella prima fase, il percorso coinvolgerà due tipologie di formaggio da latte vaccino, e un formaggio di capra, di cui l’Ispa-Cnr studierà l’evoluzione del microbiota di crosta, il profilo aromatico e le caratteristiche compositive, per mettere in luce i vantaggi dell’operazione. Ma il lavoro è iniziato già a monte, in fase di produzione dei formaggi destinati a completare il proprio ciclo in miniera, che ha richiesto il rispetto di un disciplinare appositamente stilato con l’ausilio del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti dell’università di Milano.
I formaggi di miniera
Il progetto, finanziato dalla Regione Lombardia, si articolerà per i prossimi trenta mesi, ma i primi risultati si potranno già apprezzare il prossimo anno. E la sperimentazione è stata resa possibile dalla riapertura al pubblico delle miniere di Dossena (in disuso dagli anni Ottanta), ripristinate di recente per finalità turistica. Nel recuperare gli ambienti, le condizioni di bassa temperatura costante (tra i 7 e i 10 gradi) e un tasso di umidità superiore all’80% hanno suggerito di ricavare una sorta di cantina (detta del minatore) per la stagionatura dei formaggi. Le prime osservazioni già evidenziano una proliferazione batterica interna contenuta a fronte di uno sviluppo di muffe superficiali accelerato, che conferisce alla pasta una struttura più morbida e cremosa, oltre che un particolare profilo aromatico. Già pronti i nomi che identificheranno i formaggi, rivelandone l’originalità: Ol Minadur (pasta semicotta, da latte vaccino; è il primo nato, già in fase di sperimentazione dal 2016), Ol Galet (pasta cruda, vaccino) e La Taessina (caprino, a coagulazione presamica).