"L'uccisione del maiale è un rito collettivo". Che cos'è la Maialata spiegata da uno degli osti migliori d'Italia

19 Gen 2025, 08:59 | a cura di
Un rito collettivo e identitario delle comunità contadine che si ripete ogni anno, pur col cambiare delle regole. Ecco la maialata raccontata da Massimiliano Mussoni della Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna

Sulla Treccani il sostantivo femminile "maialata" è così definito: "azione, comportamento sconveniente dal punto di vista morale: fare una m.; abbandonarci così è stata proprio una m.; anche, frase, parola, espressione sconcia, oscena: dire delle m.; taci, con le tue maialate!".  Se siamo tutti d'accordo che in parecchi casi ciò che è sconveniente è anche irresistibilmente appetibile, il significato ufficiale combacia con quello ufficioso. Dalla notte dei tempi della tradizione contadina di tutta Italia, infatti, la maialata è la grande festa all'indomani dell'uccisione del maiale, di cui per l'occasione si preparava e consumava tutto (tutto tutto) ciò che non era destinato alla lunga conservazione e alla stagionatura. «Oggi le regole sanitarie sono cambiate e la festa del maiale, quando non organizzata ancora in casa, è un pranzo un po' "carbonaro", quasi un evento privato che si fa a ristorante chiuso: uno porta la bottiglia, uno il dolce e si iniziano le danze». La racconta così Massimiliano Mussoni, cuoco della Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna (RN), una delle 40 migliori trattorie della penisola per la guida Ristoranti d'Italia 2025.

Massimiliano Mussoni

L'uccisione del maiale è un rito collettivo

Con l'allevamento di suini allo stato brado di Tenuta Saiano - attualmente con 60 parti in corso -, alla Sangiovesa si fa tutto in casa, salumi e insaccati inclusi. E Massimiliano, in tema, non può che essere un esperto. «Ogni regione, ogni paese, ogni famiglia ha usanze, ricette e ricorrenze diverse, ma in generale, da sempre, in questo periodo il contadino sceglie il maiale per l'ingrasso: c'è chi prende il classico maialino rosa, chi come noi la Mora Romagnola, chi ha il "suo" incrocio che è sempre migliore di quello degli altri, il "fanatico" della coscia grossa e quello che punta solo ai salami. Si fa crescere fino a un peso che sta tra i 180 e 220 chili e, un anno più tardi, a gennaio appunto, col freddo, arriva il momento fatidico». L'uccisione del maiale è un rito ancestrale che spesso nei racconti di nonni e bisnonni che erano bimbi quando ancora si praticava in casa coincide con il ricordo delle urla dell'animale che veniva sgozzato dal norcino e moriva per dissanguamento. Una pratica collettiva che oggi definiremmo cruenta ma che in passato era un momento significativo per comunità rurale, dove la condivisione del pasto immediatamente dopo la macellazione era anche un modo per "prendere le distanze" dall'animale e placare il senso di colpa, come scrive Paolo Scarpi ne Il senso del cibo: mondo antico e riflessi contemporanei.

Cosa si mangia alla "maialata"

Una festa, un grande convivio dove si consumavano (e si consumano ancora oggi) le parti fresche e non destinate alla lunga conservazione «I ciccioli che fanno la gioia dei bambini, ossia il grasso cotto, schiacciato pressato e condito la festa dei bambini; le costine di maiale alla griglia; i fegatelli nella rete o la milza conditi con aglio, alloro, pepe e buccia di limone e arrostiti sui carboni; la coppa di testa, preparata con tutte le ossa magari non pulite benissimo, prima sbollentate poi condite con anice, sale e pepe (ma da regione a regione la ricetta cambia), inserite nella vescica naturale bucherellata, ripassata in pentola, pressata e lasciata almeno un giorno a perdere grasso. Per noi in Romagna il matrimonio perfetto è con la piadina calda» continua Mussoni.

la trippa in umido della Sangiovesa

Ma anche la trippa in umido, le cotiche (che poi andranno nel cotechino) con i fagioli, e l'immancabile strutto, ingrediente principe della piadina ma pure della ciambella al posto del burro. «Poi si fa la prova col trito del salame per vedere se è buono e ben condito, schiacciato e cotto sulla griglia a mo' di hamburger (noi la chiamiamo svizzera). Infine il sanguinaccio, che ora è fuori legge anche se chi ancora macella in casa magari in privato se lo prepara: una specie di "budino" fatto col coagulo del sangue, uova e zucchero. Che detta così può fare un po' impressione, ma ti assicuro che è una vera delizia».

Alla Sangiovesa la maialata si fa ogni quindici giorni, tutto l'anno

Spiega Massimiliano che fino a 4, 5 anni fa la Asl dava regole per la macellazione in casa, mentre oggi deve passare tutto dal mattatoio che non ti da più la coagulazione del sangue e le budella per insaccare i salami, tanto per dirne due. Le direttive sanitarie sono cambiate «e giustamente, perché il clima non è più quello di una volta e adesso, per esempio, la conservazione degli insaccati solo con sale e pepe non è più così sicura sul piano sanitario. Noi abbiamo fatto una scelta coraggiosa stilando un rigido protocollo di sicurezza che ci permette di usare solo sale e pepe creando le condizioni climatiche ottimali per la stagionatura e la conservazione dei salumi».

Anche perché a Tenuta Saiano si ammazzano due maiali ogni 15 giorni, quindi alla Sangiovesa nei fuoricarta spuntano sempre la trippa «io faccio un blend con vitello e lampredotto e la cuocio in umido», le costine, i fegati, qualche volta la porchetta con pancia e lombo». Ma chi sono i ristoratori "carbonari" che perseverano nel rito della maialata? «Alla Campanara di Galeata (FC) sicuro. Poi c'è la cena di beneficenza organizzata da Fausto Fratti a Rimini ogni anno che si chiama "La maialata in Convento", si terrà il 22 gennaio al Convento di Santa Croce a Villa Verucchio ed è una serata tutta dedicata a un maiale fatto allevare allo stato brado e lavorato con il supporto di esperti, e il cui incasso è interamente devoluto ai frati». Per l'occasione Massimiliano sarà affiancato tra gli altri da Remo Camurani di Ca' Murani a Faenza e da norcini di fama ed esperienza, autori di una "maialata" speciale all'insegna della solidarietà.

 

 

 

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