«È una condanna». Magari, ma una piacevole condanna. Cesare Battisti, chef del Ratanà e socio di Silvano, due locali che qualcosa a Milano vogliono dire, negli ultimi mesi è diventato una star sul web. Grazie ai video in cui cucina i piatti del suo menu. Certo, lo fanno in molti. Ma Battisti ha un suo stile sincero e diretto che funziona molto. Niente tormentoni, niente ammiccamenti, niente "sound of love". «Io sono quello che sono, furbo non sono mai stato capace di esserlo», ci dice. E questo l’algoritmo dei social lo capisce, evidentemente.
Cesare, come è iniziata questa deriva social?
«La realtà è che abbiamo due ragazze della comunicazione, Maria Novella e Martina, che hanno insistito perché mi mettessi a cucinare davanti a un telefonino. E ora non ne esco più»
Come ti spieghi tutto questo successo?
«Io faccio solo cose che ho nel menu, ogni tanto aggiungo piatti da schiscetta, gli spaghetti al tonno, le bruschette. Noi da vent'anni ci mettiamo le mani, abbiamo un bagaglio culinario tradizionale. Poi io faccio vedere i prodotti, ho un sacco di ottimi produttori e questo è oro, e so che molti di coloro che vedono i miei video poi li vanno a trovare. E questa è una delle cose più belle perché da questo derivano un sacco di messaggi belli, sulla sostenibilità, sulla prossimità»
Quanti ne hai fatti, di questi video?
«Da maggio tre a settimana, in pratica in un mese faccio tutto il mio menu»
Quanto ci impieghi?
«Un giorno per farne tre, praticamente un giorno più di lavoro a settimana ma che sta dando grandi risultati»
E quante visualizzazioni hanno?
«Ma un sacco, alcuni 150/200mila, in alcuni casi addirittura tre milioni!»
Qual è quello che è stato visto di più?
«Quello della pasta al pomodoro. Ma io non so come funziona l’algoritmo. Di certo io non cerco visualizzazioni, io penso ai piatti»
Quindi funzionano le cose semplici?
«Noi siamo per la tradizione e la gente vuole identificarsi. Siamo subissati di messaggi in cui ci dicono: finalmente un video con una ricetta che posso riprodurre!»
Hai visto i video di altri tuoi colleghi?
«Mi hanno segnalato un sacco di cuochi che fanno i video, sono giovani, sono professionali e si capisce. Ma si capisce anche che il loro è un esercizio narcisistico. E io queste cose non le faccio»
Quindi viva la sincerità?
«Sì, ma anche il coraggio, perché ce ne vuole per presentarsi davanti alla telecamera con un risotto, con una fetta di gorgonzola e basta. Ma se è il migliore riso e il migliore gorgonzola cambia tutto»
Che messaggio manda questa sua vicenda al fine dining?
«Ma il fine dining rappresenta il due per cento del sistema gastronomico italiano. Il resto del Paese è quello che facciamo noi»
In fin dei conti sei un animale social?
«Macché. Non ho Twitter (che infatti nel frattempo è diventato X, ndr), non sono su Facebook, ho una pagina Instagram che mi cura un social manager. Io sono quello che sono. Punto»