La carne trasformata in pastrami a Roma sta conoscendo una rinascita: radicata nella cucina giudaico-romanesca (soprattutto nelle macellerie kosher la si trova tra i salumi bovini), ha alcuni spot imperdibili nel centro della Capitale, ma è diventata nota nel mondo per il panino newyorkese omaggiato nel cinema a stelle e strisce. La ricetta originaria, però, arriva dalle propaggini orientali del continente europeo, con una paternità contesa tra Turchia e Transilvania. Se probabilmente l’abitudine di marinare ed essiccare la carne per conservarla nasce nella cucina turca (col nome di “pastirma”), furono i romeni - e soprattutto la comunità ebraica - a portare la preparazione negli Usa durante l’emigrazione di fine XIX secolo.
Pastrami a Centocelle
Dalla Transilvania arriva Ion Popa, quarantenne, enciclopedia vivente della ricetta, nonché titolare di Pastrami in via delle Palme, nella zona sud-est della città. Ion non è nuovo allo scenario della ristorazione romana, lo ricordiamo qualche anno fa a gestire la sala del Maisonnette Ristrot di Garbatella. Dopo la pandemia comincia a concentrarsi sul pastrami, facendosi testimone di un’attività radicatissima nella sua famiglia da ben quattro generazioni e, a metà del 2022, apre il suo locale a Centocelle. Il quartiere lo accoglie bene, il passaparola è tangibile, mentre aspettiamo il nostro panino arrivano numerose telefonate per le prenotazioni del fine settimana: il locale è contenuto, pochi tavolini all’interno e all’esterno (nella bella stagione) ospitano una trentina persone. Oppure si ordina a portar via: nell’attesa non mancano spunti per una chiacchierata con Ion, che è prodigo di aneddoti sulla storia e, al contempo, sulle modalità di preparazione del pastrami, anzi dei pastrami. In origine, infatti, la parola indica non un tipo di carne ma qualsiasi tipologia di cibo conservato in acqua e sale (dal verbo “a pastra” che significa preservare, conservare).
Il pastrami in Transilvania
Come molte altre preparazioni del passato, anche il pastrami nasce dall’esigenza di conservare al meglio e più a lungo la carne e altri alimenti. Il bisnonno di Ion - «Ho avuto la fortuna di vederlo all’opera da bambino» dice - produceva il pastrami all’antica: all’inizio dell’inverno si scavavano delle buche nei cortili di casa, si impermeabilizzavano in vari scompartimenti e si riempivano con acqua e sale. All’interno delle buche si conservavano gli alimenti, dalla carne ai formaggi (così si faceva il primo sale), alle verdure (crauti, cetrioli, pomodori verdi), per attraversare la stagione e arrivare alla primavera: questo era pastrami. L’abbinata tra carne, cetrioli e cavoli – ingredienti principi dei panini col pastrami oggi - nasce quindi naturalmente, proprio perché erano alimenti soggetti allo stesso tipo di conservazione. Sia nel mondo della cucina ebraica, sia nella tradizione della Transilvania, per la preparazione del pastrami di carne si usavano principalmente gli ovini, pecore e capre (in Turchia i montoni). Si parla poi di oche, maiali, «era raro macellare bovini, carne da nobili» riassume Ion. Il pastrami si mangiava solo ed esclusivamente al piatto, la forma del panino arriva dopo, negli Usa, dove si radica anche l’uso della carne bovina.
La ricetta di Ion Popa
Quello che Ion prepara nel suo locale di Centocelle è un pastrami principalmente di manzo, che privilegia la punta di petto, taglio ideale per la ricetta. In molti periodi dell’anno lo propone anche di tacchino, soprattutto quando si avvicina il caldo; raramente, ma ogni tanto accade, quello di cosciotto di agnello, perché più oneroso da lavorare e costoso da proporre ai clienti. I grandi tagli di carne vengono messi in salamoia, con una miscela di spezie, come semi di coriandolo, pepe, semi di senape, a macerare per una settimana. Ci vuole estrema perizia nella marinatura e poi nella cottura, sei ore circa a bassa temperatura, per ottenere un prodotto tenero, succoso, che mantenga umidità e sapore, senza che risulti coperto dalle spezie.
Il menu di Pastrami a Centocelle
Nel locale il pastrami si può gustare in formato panino o al piatto, con tutti i suoi contorni. I panini sono proposti con due tipologie di pane, una classica ciabattina romana di un forno del quartiere, o il pane in cassetta di segale e cereali. Dal panino classico, a 6.50 euro, con cetriolini e senape, al Reuben, che riprende un famoso sandwich statunitense, con salsa allo yogurt e aneto, crauti e formaggio svizzero. Non mancano varianti di stagione come il Porro e Curry, uno dei cavalli di battaglia di Ion, oppure abbinate come zucca e cavolo nero. Il pastrami è tenero e succoso, dal sapore più integro di “carne” di quello che siamo abituati ad esperire in città.
Così anche le ribs pastrami, finalmente delle costine nelle quali si può assaporare il gusto della carne e non solo quello di salse bbq dolcissime. Tra i contorni crauti, cetriolini, cipolle caramellate, patate di Viterbo in spicchi, tagliate a mano, condite con una miscela di spezie ed erbe e cotte in forno (servite con un’ottima salsa bernese). Non è certo quel che si definirebbe un locale veg, ma qualche opzione c’è, dalla torta ai formaggi al panino vegetariano.
Pastrami Centocelle - via delle Palme, 31 – Roma - instagram.com/pastrami_roma