In principio c'era la pera di Luigi Einaudi. Anzi, la mezza pera che il primo presidente della Repubblica, uomo di particolare frugalità, offrì all'ospite che aveva invitato a pranzo al Quirinale. Ma da allora sono passati quasi novant'anni e dieci presidenti. E il clima sulla tavola più importante della Repubblica si è fatto decisamente meno austero. Partendo da un incontrovertibile dato di fatto: nessun cuoco in Italia ha a disposizione nemmeno lontanamente, le risorse - di spazio, di soldi, di staff - cui può attingere lo chef presidenziale. Quattro cucine sparse per il palazzo, la maggiore di milleduecento metri quadri. Più quelle di Castelporziano e Villa Rosebery, una brigata di cucina di decine persone. Messa nelle mani giuste, dovrebbe fare della tavola del Capo dello Stato una delle migliori del paese.
Il cuoco del presidente
A raccontare dall'interno storie e segreti delle cucine del Quirinale è arrivato Pietro Catzola, per più di trent'anni ai fornelli del Palazzo, con il libro che il 22 ottobre si è aggiudicato l'edizione 2023 del premio Bancarella Cucina, "Il cuoco del presidente", Solferino Editore. È un viaggio curioso e divertente dietro le quinte della Presidenza, con particolari a volte prevedibili e a volte inattesi. Si scopre, e non poteva essere diversamente, che la figlia di Oscar Luigi Scalfaro, Marianna, amava intervenire, dare ordini, andare a contare quante scatole di stuzzicadenti restavano aperte nei cassetti (e già che al Quirinale fosse ammesso il ricorso allo "stecchino" è una notizia); che il piatto preferito della stessa First Daughter era insalata verde con cubetti di Bel Paese; ma si scopre anche, e questo era meno scontato, che Sergio Mattarella va matto per fave e ceci, e che Franca Ciampi si piazzava in cucina con il grembiule a fare le tagliatelle a mano.
Da cuoco di bordo al Quirinale
Catzola arriva al Quirinale nel novembre 1989, in modo anomalo: cuoco di bordo sulla "Amerigo Vespucci" viene incrociato da Francesco Cossiga, e tra i due sardi scocca la scintilla. Cossiga lo arruola d'autorità, Catzola sbarca a Roma, unico militare in una squadra di cuochi civili guidata dal leggendario Ercole Fioravanti, e inizia presto a prendere confidenza con l'immane palazzo, gli uffici, i parchi, gli alloggi privati, i tunnel misteriosi, le brigate di cucina innumerevoli, in un allegria di bilancio dove anche al segretario spetta un cuoco personale.
Partecipare ai tour de force delle cene istituzionali diventa presto una abitudine, la gara vera è per essere ammessi a cucinare per il Presidente quando è da solo, nell'appartamento al secondo piano. È lì che si maturano merito e fiducia. Mattarella cena tardi, quasi a notte fatta. E nella solitudine del Colle, dietro le finestre accese sul magico buio di Roma, le confidenze diventano più facili.
Voto alla cucina: otto
Come si mangiava, al Quirinale? Paolo Guzzanti, che negli anni Novanta fu spesso commensale privato di Cossiga, alla domanda del Gambero Rosso risponde: "È passato molto tempo, ma come voto direi otto". E Giovanni Matteoli, che per nove anni in quei saloni sterminati fu accanto a Giorgio Napolitano, sembra concordare: "I cuochi erano molto preparati e pronti a tutto, dalle pizzette all'alta cucina. Nei pranzi privati il menu era condizionato dall'età e dalle diete, lo decideva quasi sempre Clio, d'intesa con la cucina".
La first lady
Nel racconto di Catzola è il rapporto con la Lady di turno a condizionare fortemente le scelte del "cuoco sardo" e dei suoi colleghi. Cossiga è l'unico, dei sei presidenti serviti dall’ex marinaio, a scegliere di non abitare al Quirinale. Tutti i successori scelgono di trasferirsi armi e bagagli in cima al Colle, e insieme a loro arriva una figura femminile. Per Scalfaro, vedovo, è la figlia Marianna, che il personale chiama "la Signorina"; poi arrivano, in sequenza, Franca Ciampi e Clio Napolitano. Presentissime, golosissime.
A Ciampi e signora piace ovviamente il caciucco, ma la vera passione di lei è il "quinto quarto", e la trippa in particolare. Clio Napolitano apre le cucine quirinalizie a piatti inconsueti come la zuppa di cardone. Con Mattarella, vedovo, la presenza femminile più consueta è la figlia Laura, che anche lei ama entrare in cucina a spiluccare qua e là prima di pranzo: una fetta di pane carasau con sopra un uovo di quaglia all'occhio di bue. Complimenti.
La cucina moderna di Scalfaro
Quando arriva a Palazzo, l’intimorito Catzola trova una cucina "immensa e vecchiotta", tra paioli di rame lustrati a mano e stufe al carbone ancora in servizio. È Marianna Scalfaro a varare la modernizzazione, a portare gli abbattitori e le lavastoviglie: "Trasformazioni epocali", insieme all'arrivo del "Professore", onnipotente zar delle cucine del Colle di cui Catzola non fa il nome.
Tutto diventa più facile, anche nei pranzi da duecento persone, le cerimonie di Stato precedute da trattative diplomatiche su passioni, veti, intolleranze: l'allergia al lattosio di Bill Clinton viene comunicata per tempo, invece due anni prima nessuno aveva avvisato la cucina che il suo predecessore George Bush era astemio, la notizia arrivò appena prima che venissero serviti i babà stracolmi di rum. Catzola non si scompone, sciacqua sotto l'acqua fredda un babà, lo strizza per bene, lo impiatta e lo fa recapitare all'uomo più potente del mondo.
Napolitano, racconta Catzola, evitava il pepe.
Tutti e sei i presidenti, invece, lasciavano strada libera all'aglio. Se Silvio Berlusconi, che detestava il bianco bulbo più dei comunisti, fosse riuscito ad arrivare al Quirinale, Catzola e colleghi avrebbero dovuto adeguarsi rapidamente. Ma forse, insieme al Cavaliere, sarebbe arrivato Michele, il super chef di Arcore.