L'umile impiegato a tavola con principi e dirigenti. L'Italia raccontata da Fantozzi durante una tragica cena

27 Mar 2025, 13:25 | a cura di
Il "Secondo tragico Fantozzi", sequel del film d'esordio uscito nelle sale giusto 50 anni fa, è un impietoso susseguirsi di umiliazioni sociali. Ecco la scena cult

«Filini sembrava un mutilato di guerra. Fantozzi praticamente in bermuda». Arrivano così gli impiegati alla cena di gala della contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, scena cult del Secondo tragico Fantozzi, uscito nel 1976 e diretto da Luciano Salce. È il secondo capitolo della serie inaugurata dal primo Fantozzi proiettato nelle sale il 27 marzo del 1975, esattamente 50 anni fa, ideato e interpretato da Paolo Villaggio e come il precedente "derivato" cinematografico del libro edito da Rizzoli due anni prima, Il secondo tragico libro di Fantozzi.

Fantozzi rimane il portavoce dei perdenti, la vittima sacrificale di vessazioni e umiliazioni pubbliche, la "quintessenza dell'inutilità", come l'avrebbe definito Villaggio stesso, che nella maggior parte degli episodi di questo film annega clamorosamente nell'abisso sociale tra il suo grigio status di impiegato e quello dei ricchi e potenti "megadirettori galattici". Fa sorridere a questo proposito la dichiarazione di Anna Mazzamauro in un'intervista all'Adnkronos rilasciata proprio per il cinquantenario dalla prima uscita: «Io e Paolo non eravamo amici, ci incontravamo solo sul set. Un giorno gli ho chiesto: "come mai dopo tanti anni non siamo riusciti a diventare amici?'". Villaggio, non so se fosse serio o ironico, mi rispose "perché io frequento solo gente ricca e famosa"».

Gli umili impiegati alla cena di gala

E così nel Secondo Tragico Fantozzi lo ritroviamo sconfitto in amore al cospetto della signorina Silvani "in Calboni", sottomesso al duca conte Semenzara, appassionato di gioco d'azzardo, che, in seguito a un'estrazione a sorte, dovrà accompagnare al casinò di Monte Carlo subendo ogni genere di umiliazione, sfortunato bersaglio della bottiglia di Champagne che l'imbranata contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare tenta due volte di lanciare in occasione del varo "della nuova turbonave aziendale nel porto di Genova".

La sera della disastrosa cerimonia, comunque, tutti i dipendenti sono invitati alla cena di gala nella villa in collina dei conti, "i quali estesero l'invito destinato a principi e dirigenti anche agli impiegati, anche ai più umili, in vista dei prossimi accordi sindacali". E così dal piano più basso della scala sociale Fantozzi e Filini arrivano a piedi nelle suddette condizioni, "con due micidiali frac presi in affitto". Ad attenderli sul tappeto rosso del vialetto d'ingresso un alano di razza purissima, nero come la pece, mansueto con il parterre di nobili invitati che li hanno preceduti ma feroce e famelico non appena sente l'irresistibile odore della sfiga. A nulla valgono i tentativi di rabbonirlo: Ivan il Terribile 32esimo, discendente diretto di Ivan il Terribile Primo appartenuto allo zar Nicola, vuole solo ridurli a brandelli e i due finiscono arrampicati su un albero finché la contessa e tutti commensali non intervengono a salvarli. Per farsi perdonare dell'increscioso incidente i conti con "un'astuta mossa padronale" li invitano quindi al tavolo d'onore. E La serata di gala può finalmente cominciare.

Il tordo: la cosa più difficile (da mangiare) in natura

La cena è, come da prassi fantozziana, un climax verso il disastro. Gli umili impiegati tentano di reggere la conversazione con i nobili collezionando una gaffe dopo l'altra: la prima "portata" per Fantozzi sono le sue scarpe perse in giardino durante la collutazione col cane, recapitategli dal cameriere in guanti bianchi sul vassoio d'argento; la contessa "amica degli umili", ricoperta di ori, tenta maldestramente di metterlo a proprio agio tra gli ospiti della tavolata «Impiegato, lei conosce il nostro ambasciatore di Germania, il conte Otto von Uber Steiner?», cui Fantozzi si rivolgerà col saluto nazista; senza contare i tragici dilemmi della posizione del tovagliolo, di quale delle tante forchette e dei calici - 5 a destra, 5 a sinistra - usare.

E poi arriva il tordo, intero: "la cosa più difficile (da mangiare) in natura!" Tutti a tavola sono impegnati con forchetta e coltello e in religioso silenzio a dissezionare il volatile, ma Fantozzi, dopo diversi fallimentari tentativi (il Direttore Conte Corrado Maria Lobbiamo, proprio di fronte a lui, lo sorveglia severamente e alla disperata domanda «come sto andando?» ribatte furioso «Male, per dio!») dovrà prendere una decisione tragica: tordo intero! Il resto è storia del cinema italiano. «Colori di Fantozzi: rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta, viola, viola addobbo funebre, blu tenebra. Sul blu tenebra Fantozzi andò in coma cardiorespiratorio." Ma il ragioniere, per sua sfortuna, è immortale. Eccolo pochi minuti dopo alle prese col riso al forno con pomodorini di guarnizione, "fuori freddi, dentro palle di fuoco a diciottomila gradi!" . Fantozzi tenta di salvare ciò che rimane della sua reputazione mettendosene con gesto teatrale uno in bocca ma si ustiona, si butta dalla finestra e torna alle cure di Ivan il Terribile «che trascinatolo nell'angolo più nascosto del parco, cominciò a scavare una preoccupante fossa di uno e trenta per due».  Ugo non si arrende, fugge a bordo di una Maserati Ghibli, ma il cane lo insegue e si sistema sul tetto dell'auto, dove Fantozzi rimane in suo ostaggio per una settimana. Ovviamente conteggiata come ferie.

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