Le Olimpiadi di Parigi 2024, inaugurate da un paio di giorni, hanno già una regina, e non è un’atleta. Parliamo dell’artista franco-canadese Céline Dion che, nella cerimonia di apertura, sotto le luci della Tour Eiffel, ha incantato con l’opera L'Hymne à l'amour di Edith Piaf. Il video della sua esibizione è diventato virale in tutto il mondo nel giro di pochissimi minuti, e il motivo non è stato solo la sua indiscutibile bravura, ma quel “miracolo” che ha conquistato il mondo e che l’ha portata di nuovo in scena nonostante la rara malattia che l’accompagna da anni, la Sindrome della Persona Rigida. Un disturbo che le impedisce anche di cantare ed esibirsi per lungo tempo su un palco. Lo racconta lei stessa nel documentario Io sono Celine, disponibile su piattaforma Prime Video.
Celine Dion e i tortini di carote
Il documentario è un dietro le quinte vero e credibile della sua convivenza con la malattia. Per tutta la durata del film, Dion si presenta struccata, provata e nostalgica. I suoi sono racconti di una Céline che fu e che non c’è più e di quella che è diventata, pur senza volerlo, e della forza d’animo che tutti i giorni cresce per mandarla avanti fra terapie e tentativi di riconnessione con il suo mondo che è la musica. Fra la commozione, lascia spazio anche ai ricordi, come quello di sua madre. Originaria di una famiglia di quattordici figli, Céline Dion riporta alla memoria anche sua madre, “super eroina”, come la definisce lei stessa nel documentario, che le preparava di tortini di carote: «Anche se a volte non c’era niente in frigo, non ci disse mai “Stasera non mangiamo”. Iniziò a preparare l’impasto, aveva delle carote. Non ci disse niente. Mise le barbabietole, un po’ di ketchup fatto in casa, condimenti di ogni tipo, tutto ciò che poteva su quel tavolo, e dei bei tortini caldi», e poi continua a raccontare: «Disse che prima aveva pregato, aveva pregato di non sentirsi dire: “Mamma, che roba è?”. Qualcuno prese il primo boccone e disse: “Mamma, che roba è? È deliziosa”. Erano tortini di carote».
La cucina come luogo di esibizione
Il cibo come momento di conforto e unione, la cucina come luogo per accogliere quel conforto. Così Céline Dion, nel documentario Io sono Céline, rende protagonista della sua vita questi due elementi che sono l’uno il complemento dell’altro. Dopo il racconto della madre e delle sue preparazioni in cucina, ricorda le sue prime esibizioni in casa: «A cinque anni ricordo che cantavo sul tavolo in cucina, per il mio pubblico che era la mia famiglia. Era incredibile. C’era il lampadario, in alto come il cielo e le stelle, sopra al tavolo della cucina, e io fingevo di stare su un palco, dando spettacolo con un vestitino, con qualunque cosa avessi, non ricordo cosa indossavo».