Tra i cibi, è uno dei più preziosi del mondo, simbolo di sfarzo gastronomico spesso associato a paesi lontani. Apprezzato da chi nei sapori cerca la raffinatezza, il caviale è il frutto della lavorazione delle uova di storione, pesci di origine preistorica che, fino alla fine degli anni ’70, abitavano le acque del Po nella Pianura Padana, prima che l'inquinamento ne provocasse la quasi estinzione. Oggi lo storione (di cui si consumano anche le carni, spesso conservate in filetti sott’olio extravergine di oliva) è una specie protetta, ed è dunque possibile pescarlo solo negli allevamenti, presenti in grandi quantità anche sul nostro territorio.
Storia e origini del caviale
La tradizione della pesca dello storione e la lavorazione delle sue uova si perdono indietro nel tempo, e stando alle molte testimonianze arrivateci, un prodotto del tutto simile al caviale come lo conosciamo oggi pare fosse già in uso nel XIII secolo. La sua diffusione risale però alle tradizioni della popolazione cosacca che abitava la linea del fiume Ural, che insieme ai Monti Urali, al Mar Caspio, alla Depressione del Kuma-Manyč, al Mar Nero e allo stretto del Bosforo e dei Dardanelli, segna il confine comunemente accettato tra Europa e Asia. Grazie a questa popolazione, nel ‘700 il caviale approdò sulle tavole dell’aristocrazia di Mosca e di Pietroburgo, dove il primo caviale raccolto a primavera veniva donato ogni anno allo Zar. Il resto lo fece sempre la classe aristocratica russa, diffondendo la moda delle uova di storione nei salotti parigini dell'800. L'ampliamento dell'area di produzione invece è del 1953, quando l’Iran ricevette in dono dall’Unione Sovietica - erede del monopolio zarista sulla produzione di caviale - le pescherie sulla sponda persiana del Mar Caspio. Quell'anno segna la diffusione nei mercati mondiali del caviale iraniano, oltre a quello russo.
L’Italia, dal canto suo, ha sempre annoverato piccole produzioni, come prova il dono di caviale ticinese che Leonardo Da Vinci che fece a Beatrice D’Este in occasione delle nozze con Ludovico il Moro nel 1491. Un prodotto da appassionati che già negli anni '30 aveva un indirizzo di riferimento: la gastronomia di Ferrara di Benvenuta Ascoli, “signora del caviale”. Più recentemente, invece, è stata la sinergia con alcuni grandi chef a contribuire a arricchirne il prestigio, nomi come Gualtiero Marchesi, Massimo Bottura, Massimiliano Alajmo, che hanno firmato piatti indimenticabili come gli spaghetti freddi, il riso nero e grigio, gli involtini di sogliola con vellutata di erba cipollina. A sancire un connubio tra eccellenze della tavola.
L’Italia è il secondo produttore mondiale di caviale
Anche se la Cina negli ultimi anni ci ha superato in volume (ma non nella qualità), l’Eumofa (Osservatorio europeo del mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura) inquadra il nostro Paese come titolare del 25% di caviale prodotto nel mondo: ben 51 tonnellate di uova, per un fatturato di circa 25 milioni di euro. Con un valore aggiunto importante: il controllo dell’intera filiera, dalla produzione alla trasformazione, per cui è seconda solo all’Iran (paese storicamente detentore del caviale più pregiato, con una produzione ferma però a 25 tonnellate). Merito dell'impegno e della grande lungimiranza di alcune realtà imprenditoriali, nomi come lo storico Caviar Import e Iran Darya, o l’Agroittica Lombarda di Calvisano, con Calvisius, Cavalier Caviar Club, Ars Italica Calvisius. Aziende che hanno puntato sull'acquacoltura, vero fiore all’occhiello del nostro paese: vantiamo gli allevamenti più estesi del pianeta, dislocati tra i parchi naturali protetti di un centro-nord dalle condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli, dove è possibile usufruire in maniera naturale e controllata di acque limpide sorgive e risorgive.
Di tutto questo gli italiani sono spesso ignari e non è un caso se i veri estimatori del caviale made in Italy siano i paesi stranieri. L’85% del prodotto viene esportato verso USA, Giappone, Russia e Singapore, ma non in Cina (caso strano), con una crescita dell’export extra UE di quasi il 200%.
Il concetto del cru: dal vino al caviale
Con l'idea di valorizzare una produzione così importante, un nuovo progetto di Iran Darya acquisisce il concetto di cru dal mondo del vino. Si chiama Cru Caviar ed è un nuovo marchio che nasce con alle spalle oltre cinquant’anni di attività nell’allevamento ittico, venti nella produzione di caviale italiano e trenta nella selezione delle migliori varietà di caviale russo e iraniano. È il lavoro della famiglia Bettinazzi, da tre generazioni nel settore dell’acquacoltura. Forte di una sapienza artigiana acquisita in tanti anni di lavoro e una preziosa microfiliera, fa sua l'idea di accendere un riflettore sul legame con il territorio. Per questo concentra la sua nuova linea di in quattro allevamenti diversi ed estesi su venti ettari, una parte dei quali si trova nel cuore del Parco del Mincio. Qui, nel pieno rispetto dell’ecosistema naturale, con acque sorgive e risorgive costantemente fresche, alleva i propri storioni in maniera sostenibile, curando attentamente tutta la filiera produttiva. Gli allevamenti sono a scorrimento, una tecnica naturale con acque in movimento che permette agli storioni di nuotare controcorrente, questo dà loro modo di avere una vita il più naturale possibile e assicura alle carni e al caviale un prezioso equilibrio organolettico.
Varietà di caviale
Per non perdersi nelle diverse sfumature di caviale o magari proprio per potercisi perdere, ma consapevolmente, è bene distinguere nomi e origini delle uova. Esistono 26 specie di storione nel mondo che impiegano circa dieci anni a maturare le proprie uova; le più pregiate sono il Beluga, Il Sevruga e l’Osetra. Nei Cru ci sono il Beluga e il Beluga Imperial che provengono da uova di storione ladano, lo Special Reserve da una particolare selezione tra le migliori qualità con caratteristiche di pregio, il Royal da uova di storione bianco, il Sevruga da storione stellato, l’Asetra da storione russo, l’Imperial da storione siberiano, l’Amur Kaluga e l’Amur Kaluga Gold, che vengono importati grazie all’attento controllo dall’azienda sulla produzione d’origine, dallo storione Shrenkii, fino al più pregiato gioiello alimentare al mondo, l’Almas Beluga. Quest’ultimo, quasi introvabile e di origine iraniana, è conosciuto per il suo particolarissimo colore grigio chiaro che può arrivare a bianco candido, spesso con sfumature dorate, prerogativa genetica dei rari esemplari della specie Huso Huso (lo storione ladano albino). Colore, sapore, dalla consistenza e dalla grandezza delle uova variano con la varietà di storione, elementi che ne determinano il pregio.
La salatura del caviale
Fase fondamentale nel processo di trasformazione del caviale è la salatura; il metodo “Malossol”, che in russo significa “poco salato” contraddistingue il caviale di alta qualità e può essere applicato, come nei Cru, grazie a un maestro salatore la cui esperienza sia riconosciuta a livello internazionale. Il Malossol garantisce al caviale lavorato un sapore inalterato, puro e naturale, concedendo di gustare le uova in purezza, senza bisogno di alimenti a limarne la sapidità originaria.
La degustazione del caviale
Gli esperti sanno che il caviale si degusta sul dorso della mano, nell’incavo naturale tra pollice e indice, in modo tale che la temperatura corporea riesca a restituirgli il giusto equilibrio di sapore e persistenza. Non va consumato su piatti caldi e può essere preso, se non con le mani, solo con un cucchiaino di madreperla o di osso. Nel tempo però, l’evoluzione nei processi di lavorazione del caviale è riuscita a renderlo più versatile, per esempio grazie alla disidratazione che consente una conservazione più lunga e un utilizzo diverso.
a cura di Andrea Febo