È molto probabile che per un americano su due, i pasti quotidiani – che si tratti del mesto pranzo alla scrivania in ufficio, o la cena romantica a lume di candela – provengano tutti da una qualche forma di catena. Ma senza storcere subito la bocca: i ristoranti in franchising, oggi, non sono più quelli di una volta.
Il nuovo universo delle catene di ristoranti in USA
Oggi le catene di ristoranti, rispetto al passato, offrono una maggiore varietà culinaria, per non parlare della qualità. Negli ultimi 10 anni, queste nuove catene hanno forgiato ambiziose riqualificazioni urbanistiche, dato vita a centri commerciali con spazi all'aperto e reso iconiche anonime zone di molte città degli Stati Uniti. Non parliamo delle catene che sono diventate grandi negli anni Novanta e nei primi Duemila: Starbucks, Chipotle e Subway. No, la rivoluzione è stata portata avanti da raffinate aziende del 21° secolo, molte delle quali sono nate come piccole imprese in queste stesse grandi città, sostenute da Venture Capital e investimenti milionari. Questa "catenizzazione" dell'America, sebbene comporti una perdita di autonomia e identità culturale, può significare in qualche modo anche qualità?
Cosa succede quando tutto ha lo stesso sapore
Nel 2021, è nata un nuovo plaza chiamato The Culver Steps nel quartiere di Downtown a Los Angeles dove prima c'era un parcheggio comunale. Oggi è uno spazio ampio restituito ai cittadini, e luogo di grande tendenza. In quello che prima era un quadrato di asfalto spoglio c'è ora una nutrita presenza di avventori seduti su gradoni di cemento mentre i bambini giocano sull'erba (artificiale) al centro dello spazio. Capitando in un pomeriggio qualsiasi nel weekend si osserva un curioso fenomeno: persone in coda alla gelateria artigianale Salt & Straw e altri che entrano da Philz per un caffè filtro. Gli adolescenti sorseggiano i loro frullati da 22 dollari firmati Erewhon, e ai tavoli da picnic c'è chi apre vassoi ricolmi di panini di Shake Shack, o divora In-N-Out burgers. Da un vicino centro commerciale arrivano altri con tazze di cold brew da Blue Bottle Coffee e insalatone di Sweetgreen. Fin qui nulla di strano.
È strano invece che questo nuovo spazio pubblico sia servito dallo stesso mix di aziende che occupano piazze o strade simili in tutto il Paese. A 20 minuti di distanza in direzione Oceano Pacifico, si trovano gli stessi Blue Bottle Coffee, Salt & Straw e Erewhon sulla Abbot Kinney Boulevard a Venice, proprio per questo motivo soprannominato l'isolato più cool d'America. Al centro commerciale di Century City, che dai gradoni di downtown dista solo 15 minuti, si trovano Blue Bottle Coffee e Shake Shack. Nel hipsterissimo quartiere di Silverlake dall'altra parte della città, sempre gli stessi Sweetgreen e Erewhon. Ma anche se prendessimo un aereo per raggiungere i più noti quartieri alla moda di Brooklyn, Austin o Chicago, troveremmo molte delle stesse attività commerciali. Ne abbiamo studiate alcune delle più popolari.
Shake Shack, burger fast casual
Fondata a New York nel 2001, questa catena ha ridefinito il fast food. Fino ad allora, il classico pasto a base di hamburger, patatine e frullato era diventato associato ai mali d'America: isolamento del drive-thru, uniformità insipida delle periferie, e gravi effetti sulla salute. Ma poi appare un giorno un carretto di hot dog a Madison Square Park a Manhattan, a cui seguono poi cheeseburger succulenti serviti su soffici bun tostati a base di farina di patate, crinkle-cut fries (patatine fritte tagliate a zig zag) e golosi frullati alla vaniglia, Il resto è storia. Nel 2014 l'azienda decide di quotarsi in borsa e inizia un dialogo con diverse banche, tra cui J.P. Morgan e Goldman Sachs. L'anno successivo, Shake Shack fissa l'offerta pubblica a 21 dollari ad azione. In cinque giorni, la Borsa di New York valuta le azioni a 47 dollari. Quattro mesi dopo, raggiungono 72 dollari, toccando un massimo di circa 90 dollari a titolo. La catena conta 400 sedi in tutto il mondo.
Blue Bottle Coffee, tazze minimalist chic
Fondata nel 2002 a Oakland in California, questa popolarissima catena di torrefazioni third wave coffee fa parte della schiera di catene di caffè di lusso come Stumptown, La Colombe, Intelligentsia e Philz. Lo stile minimalist chic di Blue Bottle Coffee però ha definito le regole estetiche del nuovo universo del caffè specialty in USA, così come l'ossessione del fondatore James Freeman per il chicco monorigine perfetto definisce le aspettative dei consumatori. I Venture Capital del settore tecnologico hanno investito 120 milioni di dollari nella catena a metà degli anni 2010, ma invece di un'offerta pubblica, nel 2017 l'azienda vende una quota di controllo a Nestlé, consentendo ai distributori di NesCafé di entrare nel segmento di locali a fascia alta. Il Financial Times ha riferito che Nestlé ha pagato intorno a 500 milioni di dollari per la partecipazione del 68%. L'identità di Blue Bottle Coffee non è sembrata cambiare molto dopo l'acquisizione, ma adesso non sorprende trovare sedi, come per tante altre proprietà di colossi aziendali, in tutti i centri commerciali d'America, Asia, e oltre.
Jeni's, ice cream artigianale
Ci sono poche cose che gli americani amano più dell'ice cream. Nata nel 2002 a Columbus in Ohio, Jeni's si unisce alle altre catene del comparto come Salt & Straw e Van Leeuwen. Sono diversi infatti i brand che hanno craccato il codice del successo, e tutti più o meno nello stesso periodo. La formula magica? Latte di prima qualità, assenza di additivi chimici, gusti stravaganti e prezzi elevati. Ma Jeni's si distingue per l'equilibrio tra creatività e squisitezza, e per essere uno dei pochi marchi nati nel Midwest. Comprensibile il successo, visti i gusti. Uno fra tutti il Brambleberry Crisp, uno streusel di fiocchi d'avena tostati variegato alla marmellata di more e ribes, stratificate in una base alla vaniglia.
Cava, "bowl mediterraneo"
Questa catena è stata definita "il Chipotle del cibo mediterraneo", ma da tempo si è affermata come la regina dell'era dei bowls. Fondata nel 2006 a Rockville, nel Maryland, da tre amici greco-americani come ristorante di meze, è diventata presto un gigante dei pranzi in ufficio. Nell'interpretazione della dieta mediterranea di Cava, le capienti scodelle vengono caricate con qualsiasi cosa e correlate da conteggio calorico. La Tahini Caesar bowl (550 calorie) a base di pollo alla griglia, hummus, chips di pita, cipolle marinate, feta, lattuga, rucola, e salsa Caesar, se la batte con la Spicy Greens (780 calorie) ideale per gli amanti dei sapori forti, è una bomba a base di falafel, feta piccante, hummus di peperoni rossi, broccoli piccanti, cetrioli, lenticchie, cavolo riccio, skhug (salsa piccante mediorientale a base di peperoncino, prezzemolo, coriandolo, aglio e spezie) con vinaigrette alla harissa.
Sweetgreen, insalate trendy
La catena di ristoranti nota per le sue insalate e bowls "fancy" nasce a Washington D.C. nel 2007. Fondata da tre laureati in Economia e Commercio alla Georgetown, Sweetgreen è la start-up che ha volato più in alto di qualsiasi altra impresa nel cosmo del food, un unicorno da un miliardo di dollari. Come molte imprese sue simili, Sweetgreen sostiene che la sua attività abbastanza banale di vendita di insalate (legittimamente gustose), può trasformare la società statunitense in meglio, e al contempo favorire l'innovazione. Naturalmente, Sweetgreen è il "vincitore a sorpresa" dell'era Ozempic. Nel bene e nel male, soddisfa sempre il bisogno.
Nel 1970, lo scrittore di fantascienza Ray Bradbury pubblicò un saggio con una ricetta originale per risolvere i mali sociali della sua città, Los Angeles: bisognava creare spazi comuni, dove stare insieme e dove stare bene. In particolare, Bradbury auspicava la progettazione di piazze cittadine, simili agli zòcalo del Messico, alle piazzette d'Italia, o anche ai plaza della Los Angeles della sua giovinezza. Sarebbe contento dei Culver Steps. E se lo scopo è quello di stare insieme e stare bene, le catene di ristoranti potrebbero non essere poi così male.