La carne di maiale ha un problema: l’industria statunitense ne produce più di quella che viene consumata realmente e non si riesce a colmare il gap tra domanda e offerta. Come sostiene il Wall Street Journal, i giovani continuano a comprare carne di pollo e a snobbare invece quella di maiale, consumata da una popolazione più anziana. Lo studio della Kansas State University. U.S. documenta una diminuzione del consumo di carne suina negli Stati Uniti del 9% rispetto a vent’anni fa, e registra un + 25% di produzione di carne di maiale rispetto a vent’anni fa, per l’appunto.
L’industria della carne suina ha creato un sistema così perfetto di produzione e trasformazione del prodotto in questione che ha immesso sul mercato più quantità del dovuto, senza tenere conto della richiesta evidentemente molto inferiore e in fase di stallo, dovuta anche alla lenta crescita della popolazione.
Filiera e numeri
Gli Stati Uniti sono sempre stati ricchi di maiali, portati dai coloni ed esploratori europei sulle coste americane intorno al 1500, come racconta il Wall Street Journal nella sua inchiesta. Un settore talmente in espansione che si dimostra, dagli anni Ottanta del secolo scorso, con il raddoppio della produzione di carne di maiale. Ventotto miliardi di libbre (13 milioni di tonnellate) è la quantità di carne suina che si prevede di produrre questo anno negli Stati Uniti, con l’impiego di 610mila persone e un introito che frutterà all’economia statunitense 57miliardi di dollari.
Perché gli statunitensi non mangiano carne di maiale
Uno dei fattori che disincentiva i consumatori a comprarla è il tempo di cottura: nell’immaginario comune è diffusa la prassi di cuocere bene la carne di maiale, per un fatto di sicurezza alimentare. Questo ha contribuito a spostare il focus dei consumatori su altre tipologie di carne più facili e veloci da preparare, come quella di manzo ritenuta la “regina” delle carni fra gli anni Sessanta e Settanta, seguita al secondo posto dalla carne di maiale e al terzo da quella di pollo. Nel 1986, poi, c’è stato un cambio di rotta: la carne di pollo è diventata più richiesta e più consumata perché costava molto meno. È questo, infatti, uno degli altri motivi che ancora oggi tiene banco e che porta i consumatori a preferire il pollo al maiale: il prezzo più basso. Il motivo è presto detto: la carne di maiale costa di più perché i costi per sostenere gli allevamenti suini sono elevati: si va dai macchinari, agli integratori alimentari per gli animali.
Anche i credi religiosi sono stati il motivo di una minore richiesta di carne suina: per gli appartenenti all’Islam e all’Ebraismo c’è il divieto di consumo di carne suina.
Le soluzioni delle aziende produttrici
La situazione si sta aggravando e gli attori della filiera stanno cercando soluzioni per spingere i consumatori a mangiare più carne di maiale. Le campagne pubblicitarie sul definirla “l’altra carne bianca”, come alternativa a quella di pollo, non hanno ottenuto molti risultati. Alcuni produttori stanno pensando di riconfezionare la carne di maiale per rivenderla sul mercato come soluzione facile da preparare rispetto alla carne di manzo. Ma le difficoltà sono tante.
Le aziende si stanno ingegnano per soddisfare, dunque, le nuove esigenze dei clienti. Come l’esperienza della Smithfield Foods, raccontata sul Wall Street Journal, che sta immettendo sul mercato pancetta prearrostita proposta in una confezione smart, già con carta da forno facile da preparare: 10 minuti in forno o friggitrice ad aria ed è pronta. Pork Board, ad esempio, sta puntando sull’advertising mirato a target specifici provando a suggerire negli spazi adv social alcune indicazioni su ricette da realizzare con pancetta, ad esempio. Altra soluzione è quella di proporre tagli di carne alternativi più attraenti come carne tritata per creare polpette. Guardare ai mercati esteri potrebbe essere un’altra soluzione per sopperire al gap tra domanda e offerta di carne di maiale dell’industria americana.