“Masterchef? Non mi piacciono i cuochi pompati per fare audience”. Intervista a Carla Urban, la prima a parlare di cibo in tv

8 Dic 2024, 12:01 | a cura di
Urban è stata una conduttrice televisiva nei primi anni Ottanta di programmi di educazione alimentare voluti dalla Rai. Portò in tv tanti chef come il "timido" Marchesi e l'"agitato" Vissani

La televisione gastronomica non è nata nei primi anni Duemila con La prova del cuoco. E Antonella Clerici, non è stata la prima donna a condurre dei programmi culinari. Ce n'è stata un'altra di grande eleganza, ora dimenticata, che nei primi anni Ottanta, sulla Rai, ha portato la sana alimentazione in televisione. Stiamo parlando di Carla Urban che ha condotto trasmissioni come “Che fai, mangi?”, “Dimmi come mangi”, “Mangimania” (ambientato addirittura in una fattoria) e che fu una delle prima a interloquire con gli chef sul piccolo schermo. Dopo i passaggi, quasi in sordina, della televisione documentarista di Mario Soldati negli anni Cinquanta, e le sfide regionali dietro ai fornelli con Luigi Veronelli, il cibo si fa show e l’alimentazione ha un solo scopo: educare.

Com’è arrivata ai programmi di cucina nei primi anni Ottanta?

Mi precettò Giovanni Minoli. All’epoca collaboravo già con lui per piccole cose televisive e ricordando la mia grande attenzione per il tema cibo e alimentazione, pensò a me per la conduzione di questi programmi voluti dalla Rai.

Perché la Rai invitò a creare dei programmi di educazione alimentare?

Negli anni Ottanta ci fu lo scandalo del vino al metanolo e contraffazione dei cibi. Il ministero dell’Agricoltura sollecitò il servizio pubblico a fare informazione nutrizionale, gastronomica e agricola per sviluppare l’attenzione del consumatore e si rifecero a Minoli che all’epoca lavorava al programma “Agricoltura domani”, in onda sulla Rete 1, e gli venne in mente di realizzare uno speciale nel pomeriggio che poi si chiamò “Dimmi come mangi”.

All’epoca esistevano altri programmi tv dedicati al cibo?

Non c’era assolutamente nulla. C’era stato Mario Soldati; c’era stato Luigi Veronelli con Ave Ninchi (“A Tavola alle Sette”, ndr), c’erano documentari sulla cultura rurale ma nulla di simile.

Nel programma successivo “Che fai, mangi?” ha intervistato molti vip. C’è qualcuno che l’è rimasto impresso per le sue abitudini alimentari?

Ricordo che Fiorella Mannoia mangiava pasta tutti i giorni, come anche Carla Fracci, con mia grande sorpresa. Stessa cosa per la ballerina Luciana Savignano, che mangiava molti dolci. Zucchero, poi, era ghiotto di yogurt!

Oltre ai vip ha portato anche gli chef in tv?

Sì, in “Che fai, mangi?”, i cuochi erano precettati da Edoardo Raspelli e io li intervistavo in tv.

Chi ricorda?

Con Gualtiero Marchesi inaugurammo il programma. Era affettuoso, cordiale, per niente esibizionista, e ricordo che parlava sempre di musica: sua figlia suonava il violoncello. Era il periodo in cui mise l’oro zecchino sul suo risotto, era premuroso e a lui importava l’educazione al buono e più che nouvelle cuisine a lui importava comunicare come trattare i cibi base, come cuocere i grassi, ad esempio.

Oltre a Marchesi chi ha portato in tv?

Gianfranco Vissani. Ricordo che sudava (sorride, ndr), per lui era la prima volta in tv. Era agitatissimo, buffo, quando arrivò durante la preparazione delle ricette pensava di essere un pittore, un artista, era ispirato al massimo voleva dare l’idea della creatività. Poi Fulvio Pierangelini, una persona stupenda e Nadia Santin, una bravura maestosa, e una grande dolcezza.

Non si sentivano delle star…

Questi cuochi erano molto riconoscenti di essere in televisione, erano già affermati, erano premiati e finalmente qualcuno dava loro un ruolo da protagonisti creativi.

E oggi li guarda i programmi di cucina?

No, nemmeno uno, non posso. Quando capita qualche istante inorridisco.

Perché?

Sono molto sensibile all’argomento. Quando li conducevo per me erano una missione. Ora mi sembra tutto un varietà pieno di luoghi comuni e cose che si ripetono, tutto limitato a battute. Sono girati benissimo, i passaggi sono tutti comprensibili, però diciamo che è un bello spettacolo.

Le è capitato di guardare Masterchef?

Sì, e ho imparato qualcosa, ma non mi piacciono i cuochi o i personaggi pompati (dalle regie) a scopo audience, con relative caratterizzazioni spinte, come il cuoco napoletano dalla battuta scontata dialettale o il veneto severo spinto, ai limiti del minaccioso…

E di Benedetta Parodi che ne pensa?

Ho una buona impressione. È credibile.

Pensa ci sia una sua erede nella tv culinaria?

Non c’è mai stata una mia erede, perché nessun altro Minoli ha fatto programma di educazione e gastronomia.

Cosa rappresenta e ha rappresentato per lei il cibo?

Dannazione e salvezza.

Ci può spiegare meglio?

Tutte le conduttrici di successo adesso sono una 46-48, io portavano una 44 e mi sentivo una grassa. Soffrivo parecchio. Fino a un certo punto è stata una dannazione perché andavo in televisione e non mi entravano i vestiti, era un incubo. Minoli mi diceva “perché non sei felice? Devi essere contenta” e non potevo dire: “Perché sono grassa”, lui mi diceva di mostrare le forme, era un anticipatore. Mi sentivo grassa anche se non lo ero, mi sentivo più grassa di Milly Carlucci che all’epoca dovetti sostituire in un programma dopo “Che fai, mangi?”.

Perché pensava questo, anche se nella realtà non era grassa?

Sono vittima di un disturbo alimentare cronico: ho una fame continua e il corpo reagisce a questo. Sin da bambina mi buttavo sulle cose e poi stavo male: panna, fritti, andavo in cucina ad intingere il pane nel sugo, era una cosa che mi condizionava. Sono una persona molto sensibile e ho questi impulsi emotivi.

Adesso come va?

Per me è un lavoro continuo, con una grande attività di controllo ed emancipazione. Adesso che ho 73 anni sto facendo di tutto per arrivare al successo personale, per liberarmi di questa cosa per un fatto etico e spirituale. Sono contenta quando mi preparo una bella cenetta sana e non andrò mai alla macchinetta a comprarmi dei Ringo, per dire. Ho questa fame compulsiva, ma non mi sono mai rovinata. Ho fatto esperienze di terapia e crescita personale fino ad arrivare a contatti spirituali con persone che mi hanno aiutato a scoprire la gioia del mangiare. Cucinare è un atto scaro, allegro, che mi ha salvato dalle mie ossessioni.

Ha accennato a dei biscotti industriali, quindi un cibo ultraprocessato. Cosa ne pensa?

 Non li mangio, sono raptus sempre più rari, ci sono nella mia mente ma poi non li mangio. L’unico prodotto industriale che compro ogni tanto è la cioccolata con le nocciole.

E quindi, ora, com’è la sua alimentazione

Tutto è cambiato circa sette anni fa quando ho avuto attacco artrite e grazie a un medico ricercatore ho trasformato la mia alimentazione. Ho la fortuna di avere nei dintorni di Schio, dove vivo, risorse di cibi biologici.

Qual è la sua routine alimentare?

A colazione mangio semi, frutta secca, kiwi, tutti i tipi di fiocchi, come l’avena, yogurt, uvetta nocciole. A metà mattina mi concedo il mio cappuccino, il momento più gioioso della giornata con un biscottino. A pranzo molta verdura cruda come peperoni in insalata, formaggi freschi come crescenza o primo sale, formaggi di capra.

Carboidrati li mangia?

Certo, la sera: polenta, cous cous, anche pasta con spaghetti con verdure di stagione e Parmigiano. Il dramma viene dopo cena.

Cosa succede?

Ho voglia di dolce! A quel punto mangio albicocche o ananas secchi, oppure un tocchetto di formaggio con miele sopra. E poi i dolci li faccio io come crostate e biscotti con farine integrali, o il Macafame, dolce tipico vicentino.

Non ha menzionato la carne…

Non la mangio da tempi immemori, dagli anni Ottanta. Nemmeno il pesce.

Come mai?

Mi sono molto occupata di animali, ho visto allevamenti intensivi di polli, bovini e vitelli nei macelli e sono rimasta inorridita e turbata, non ci posso pensare. Però, non sono radicale, ogni tanto mangio carne di maiale.

Perché il maiale sì, e il manzo no?

La cultura del maiale è universo sui cui bisogna riflettere, un animale che sembra fatto proprio per noi, per quello che serve, non fa altro che mangiare. Siccome nella zona in cui vivo (Schio, ndr.) ci sono allevamenti biologici curati bene, gli animali sono nutriti in modo sano e vivono in ambienti ariosi, ogni tanto mi concedo delle salsicce, ad esempio: so che l’animale ha vissuto bene.

Qualche sgarro lo fa?

La brioche la domenica.

Beve vino?

 Le bollicine anche a digiuno riesco a berle perché sono le uniche non mi fanno acidità. A tavola non bevo, ma mi piace concedermi ogni tanto uno Spritz o una malvasia con dei tozzetti da intingere.

La pizza la mangia?

 Sì, ma deve essere sottile. Non mi piace la napoletana.

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