La confessione di Carla Bruni alla trasmissione Belve dovrebbe esserci di lezione – a noi che abbiamo ormai qualche annetto e abbiamo vissuti i fasti e i postumi degli anni tra i Sessanta e i Settanta – così come quella (uguale e contraria) della cantante Lana de Rey, icona per molti giovanissimi della cosiddetta Gen Z, i “ragazzini” nati a cavallo tra la fine degli Anni Novanta e il primo decennio del Duemila. Di cosa parliamo? Di alcol. Che se ne faccia o meno uso o abuso. E anche alla faccia dei continui richiami alla sobrietà assoluta dell’immunologa Antonella Viola che rischia solo di colpevolizzare piuttosto che convincere.
La confessione di Carla Bruni
Carla Bruni, top model e donna di spettacolo nonché (ex) Première Dame di Francia (moglie dell’ex presidente Sarkozy) si è lasciata andare a un commento amaro sul rapporto con la sorella Valeria Bruni Tedeschi, regista e attrice: «Mi sento usata, non rappresentata, fa solo film ispirati alla mia famiglia…mi sono vista come una ubriacona. Questa è una mia grande fragilità, perché esporla così?». E poi l’ex modella prosegue, sempre sul tema della tendenza alla dipendenza dall’alcool: «Certe persone possono bere un bicchierino di vino e basta. Io non ho limite. L’alcool è fatto per le persone che hanno la moderazione, io non ho la moderazione, non è nata con me». E per questo, dice a Francesca Fagnani, che ultimamente cerca di non bere.
La sobrietà di Lana Del rey
All’opposto, scrive Clara Mezzoleni su Rivista Studio commentando la tendenza a non bere dei giovani, una cantante come Lana Del Rey potrebbe essere la Madonna di una religione della Sobrietà nonostante sia stata lei stessa un’alcolista da giovane. Lana Del Rey ha 38 anni e da 18 non beve più. «Molti fan apprendono con grande sorpresa questo dettaglio della vita della cantautrice, anche perché le sue canzoni sono piene di riferimenti all’alcol e alle droghe – scrive Mezzoleni – Ma lei ha sempre ripetuto quello che aveva detto in una lunga intervista a GQ nel 2012, ovvero che è “sober” da quando ha vent’anni. La sobrietà di Lana Del Rey è estremamente confortante, perché dimostra che si può smettere di bere senza diventare per forza noiosi, annoiati o maniaci dello sport (dio ce ne scampi)».
I due volti della dipendenza
Ecco. Ecco i due aspetti di una stessa medaglia: le dipendenze. Si tratta di due confessioni, in realtà. Una persona che non riesce a moderarsi, l’altra che invece ha fatto della moderazione un elemento di forza superando un inferno alcolico. In entrambi i casi, probabilmente, la lezione è una sola: la forza di essere se stessi, sia che si ecceda e sia che si scelga di non eccedere. Noi abbiamo culturalmente un giudizio negativo rispetto all’alcol. Oggi. Anni fa, invece, c’erano rispetto all’alcol – ma anche rispetto al fumo e in alcuni periodi anche rispetto alle droghe – opinioni molto meno “proibizioniste” o comunque negative per non dire anche apertamente positive. L’elemento importante nel racconto di Carla Bruni, però, non è tanto la “confessione”, quanto la rivendicazione del fatto che la sorella nei suoi film non debba necessariamente “spianare” la sua fragilità, raccontarla sempre e in maniera esplicita. Insomma, che possa essere lasciata un pochino in pace senza che un affetto le sbatta sempre in faccia una debolezza. Appunto: la libertà. La libertà di essere fragili, così come quella di esserlo stati e di poterlo non essere più. Senza che però diventi una religione. Come infatti spesso sta diventando la “sobrietà”. Tanto che la Del Rey canta spesso di alcol e droghe anche da sobria.
La libertà di scegliere in libertà
Tutto sommato, alla fine si tratta spesso – in queste decisioni e in queste pieghe della nostra vita nel corso dei secoli – di reazioni e/o spinte generazionali. Se i boomer reagiscono ai figli dell’800 e del puritanesimo rivendicando la libertà e la sregolatezza contro le regole eccessive, poi i figli dei boomer reagiranno a quelle reazioni nel senso opposto: così il figlio di un boomer troverà più ribelle non bere che bere, essere legalista piuttosto che inneggiare all’anarchia. E questo almeno in parte potrebbe spiegare i gap generazionali. E i corsi e ricorsi storici. Quello che però dovrebbe restare in evidenza, sempre, è il concetto di libera scelta, di poter essere liberi anche nelle nostre debolezze. Liberi di parlarne o di non parlarne. Liberi di rivendicarle, ma anche di non rivendicarle. E sicuramente liberi di non imporle, a nessuno. Forse così – checché ne dica Antonella Viola, l’immunologa crociata anti-alcol – potrebbe risultare più semplice anche affrontare con pacatezza e lucidità le nostre debolezze-fragilità e magari decidere se possiamo o meno superarle o gestirle in maniera migliore per noi. In libertà.