"Cazzaro del Gambero Rosso", "IN GALERA", "Muori", "hai fatto morì mi nonna du' vorte", "ma a ste cazzate ci credete?", "mavaffanculo". Volano insulti e auguri di morte in seguito a un video sulla prima ricetta italiana della carbonara. È bastato nominare pancetta, aglio e gruviera per infiammare gli animi dei gastropuristi. Si può parlare male del Papa e della Lazio, della Roma e del Premier, del Capo dello Stato. Ma della Carbonara no! A Roma è vietato!
Il video della discordia firmato Luca Cesari
Pochi giorni fa la pagina Instagram del Gambero Rosso ha postato un video con la replica ai fornelli della prima ricetta della carbonara mai pubblicata in Italia. La storia della ricetta più amata - e discussa - dagli italiani inizia nell’agosto del 1954, quando la rivista La Cucina Italiana pubblica un trafiletto con le istruzioni per fare gli spaghetti alla carbonara. L’unico precedente conosciuto non è italiano, bensì statunitense, ed è contenuto in una guida ai ristoranti di Chicago del 1952.
Un documento di grande importanza
Siamo di fronte a un documento di grande importanza che riporta una versione molto particolare di carbonara in cui compaiono ingredienti come pancetta, aglio e gruviera, oltre a un numero esiguo di uova (2 per 4 etti di spaghetti). Inoltre viene consigliato di fare rapprendere le uova in padella, che aggrava ulteriormente la situazione. Ovviamente si parla delle origini di una ricetta che ha subito enormi cambiamenti nel corso del tempo e proprio per questo è estremamente interessante conoscerne i primi passi.
Critiche e insulti dai "puristi"
Nonostante nel video venga mostrata la copia della rivista e la fotografia della ricetta, i “sacerdoti” della carbonara non sentono ragioni e sono scatenati: una vera orgia di offese dirette a chi ha osato scoperchiare la padella di Pandora. Da una parte la fazione di chi sostiene che la “vera” carbonara non può essere rappresentata da una rivista del 1954 perché la ricetta era nata molto tempo prima e si faceva già in un altro modo. Alcuni evocano le razioni di uova e bacon dei soldati alleati (una teoria diffusa e piuttosto verosimile, ma mai documentata), altri improbabili storie di nonni centenari che condivano la pasta con pecorino e guanciale, portandola in tasca all’interno di croste di pane (o fazzoletti) e non manca chi ricorda le esternazioni dello chef Renato Gualandi che si auto-attribuì l’invenzione della mitica ricetta.
Insomma, valgono più le belle leggende che la prima ricetta documentata in Italia e alcuni consigliano di dare fuoco alla rivista, per quel che vale.
Ma quale "carbocrema"! Prima si faceva così
Molti altri, a dire la verità, riconoscono che questa versione è stata piuttosto comune fino alla fine del millennio scorso, quando le uova rapprese erano la norma e non si sentiva parlare della famigerata “carbocrema”. Questo breve video sembra avere riabilitato quell’esercito di mamme e nonne che facevano (e continuano a fare) la carbonara come negli anni ‘80 dove le uova vengono strapazzate sul fuoco insieme agli spaghetti.
Finalmente abbiamo dato voce a chi non apprezza il gusto dell’uovo crudo e non ha mai amato la bavosità della carbonara che si è imposta negli ultimi anni. A partire dagli inizi del secondo millennio, complici i social e gli chef più o meno improvvisati, la ricetta ha subito una svolta evidente verso consistenze decisamente più cremose. Un grande contributo lo ha dato l’enorme instagrammabilità del piatto, grazie ai suoi colori sgargianti e alla brillantezza della salsa a base di uova e pecorino.
Lo scandalo del gruviera
Non si contano poi le critiche all’uso del gruviera nella ricetta, un vero insulto alle origini romane della ricetta. A dire il vero questo formaggio d’oltralpe non è mai più comparso in nessuna ricetta e chi o perché sia stato suggerito all’anonimo redattore della Cucina Italiana rimane un grande mistero. Anche in questo caso la razionalità non aiuta i detrattori della prima carbonara che fanno di tutto per mistificare la ricetta, fino a richiamare una Roma mai esistita, dove addirittura non arrivava il gruviera, ma c’era solo il pecorino. Sorpresa: il 1954 non era il Medioevo e la Capitale non era un borgo sperduto dedito all’autoconsumo. Solo per fare un esempio, in città l’anno prima era stato girato Vacanze romane con Gregory Peck e Audrey Hepburn, nel ‘54 era invece in corso la produzione di Un americano a Roma con Alberto Sordi e di Senso di Luchino Visconti, all’interno degli stabilimenti della Titanus. Solo sei anni dopo sarebbe stato il turno della Dolce vita di Fellini, insomma, Roma all’epoca stava vivendo una stagione culturalmente ricca, forse più di oggi. È quindi palese che un formaggio come il gruviera si potesse trovare a Roma, ammesso e non concesso sia mai stato usato veramente per fare una carbonara dopo questa ricetta…
Difesa delle tradizioni o cecità a oltranza?
Ma le reazioni a questo video, con il loro carattere acceso, offensivo (e sgrammaticato) devono farci riflettere soprattutto sui processi sociali in atto nel nostro Paese. La chiusura mentale nei confronti di una semplice ricetta storica, il rifiuto di qualsiasi contaminazione della «SACRA CARBONARA» (eh sì, viene definita così tra i vari commenti) e il respingimento dell’idea che un piatto possa essere cambiato nel tempo, ci forniscono una lettura piuttosto esatta della deformazione culturale in atto. Pochissimi sono in grado di mettere nella giusta prospettiva una ricetta che sta per compiere 70 anni e, soprattutto, di non partire in quarta con un portato di leggende e gastronazionalismi che ostacolano il racconto basato su fonti storiche documentate. Il livello di litigiosità è altissimo e va di pari passo alla superficialità dei commenti, basati sul sentito dire o, nei casi meno gravi -o più gravi, fate voi-, sul copia-incolla da Wikipedia. Un atteggiamento che fa il paio con «L’Italia è il paese in cui si mangia meglio» senza avere mai provato altro che il cinese sotto casa e l’esaltazione della buona e sana cucina contadina di una volta, dimenticandosi che gli ingredienti principali erano la fame e la monotonia.
La difesa delle tradizioni, se fosse questa la vera ragione di tanto livore, si fa attraverso lo studio della storia, non la sua negazione.
Carbonara: la storia, i documenti e le teorie
Si può mettere in dubbio che la ricetta del 1954 sia rappresentativa della carbonara delle origini, e in parte lo è di sicuro, ma è un documento che svela quanto la carbonara all’epoca fosse una ricetta giovane, aperta alle suggestioni e instabile. La definizione attuale la raggiungerà solo mezzo secolo più tardi, quando tutte le versioni con i funghi, il prosciutto, la pancetta e il Parmigiano e così via, saranno spazzate via definitivamente. Non per questo dobbiamo dimenticare gli esordi di questa ricetta - che oggi è addirittura giunta a una sua definizione "scientifica" ai fornelli a firma di Dario Bressanini - e senza questo tipo di testimonianze non saremmo in grado di ricostruire l’evoluzione nel corso dei decenni.
Le teorie che la fanno derivare delle razioni americane, dalla cacio e ova napoletana, dalle ricette dei pastori sui monti abruzzesi, dai carbonari e molte altre ancora rimangono solo ipotesi: supposizioni che possono essere verificate solo attraverso la conoscenza di questo tipo di documenti. Non il contrario.