«Carmignano, tanta roba». Si conclude con queste parole l’intervento di Edoardo Ceri sul palco dell’Auditorium del Teatro Brancaccio di Roma: il vignaiolo toscano è lì per ritirare il premio Cantina Emergente 2024 per Vini d’Italia del Gambero Rosso. Diretto e senza fronzoli, né frasi preparate, Edoardo, visibilmente emozionato, parla in modo schietto e sanguigno nel suo toscano marcato salutato dalla platea con un’onda di applausi, sinceri.
Tenuta Ceri si trova a Carmignano, in località Comeana; per il territaorio, quella di Edoardo è una realtà recente: la sua prima vendemmia ufficiale è del 2020. Ma sono già 11 anni che Edoardo Ceri si occupa di uva e di vino. Ed è già un pasdaran dell’identità di questo terroir un po’ controtendenza. «Se si guarda alle grandi denominazioni sangiovesiste di Toscana – afferma Edoardo – dove da anni si va verso un integralismo monovarietale che demonizza ogni contaminazione in virtù della tradizione, Carmignano è per questo aspetto l’antitesi.
È da secoli un territorio di inclusione, in cui la presenza di una varietà di origine francese è accettata e divenuta parte della naturalità del vino di questa denominazione, che non è un mero attaccamento alla tradizione, è il riconoscere che il matrimonio s’ha da fare perché funziona, oggi come un tempo».
Dalla vendita delle uve all’etichetta
Ma torniamo alla storia della Tenuta Ceri. Fino a una dozzina di anni fa la gran parte delle uve dai vigneti di proprietà familiare finiva direttamente ad altri produttori, solo una piccola parte veniva vinificata in proprio per avere un po’ di vino per casa e da condividere con gli amici. Erano gli “anni del vino-vagante”, così li definisce Edoardo poiché per vinificare si appoggiava a cantine altrui tra cui alcuni colleghi produttori di Carmignano. Poi la decisione di dedicarsi a tempo pieno all’azienda agricola e in pochi anni sono arrivate le prime gratificazioni.
La proprietà si estende per 35 ettari sulle colline del Montalbano: gli ettari vitati sono 15 per una produzione che al momento si aggira sulle 50mila bottiglie l’anno.
Cantina Emergente dell’Anno è un riconoscimento speciale, un premio apripista che proietta sotto i riflettori da un giorno all’altro. È sia un riconoscimento che un incoraggiamento a proseguire un lavoro e un’idea ed è emozionante anche per chi lo consegna, non solo per chi lo riceve. «Quando sono salito su quel palco, a Roma, mi sono sentito piccino piccino davanti al gotha del vino italiano – racconta Ceri a qualche giorno di distanza da quel premio – Avrei voluto dire tante cose, ma l’emozione mi ha frenato. Avrei voluto parlare di più del Carmignano, di questo territorio fantastico e così poco compreso e riconosciuto sui mercati nazionali ed esteri. E avrei voluto ringraziare mio padre, al quale devo questo premio».
Padre e figlio: lo yin e lo yang di Tenuta Ceri
«Vorrei ringraziare mio padre Luca, anzi “i’ mi babbo”. Prima di tutto per avermi ascoltato quando gli dicevo: “Babbo non vendiamo più le uve, sono troppo belle. Facciamoci il nostro vino”. E poi aver creduto in me e per avermi supportato in questo passo. È grazie a lui che il progetto ha preso forma e si è tradotto in una cantina. Una cantina tanto grande e tanto bella, oltre le mie necessità. Ma lui è così. Parte in quarta e sempre in grande. Lui è lo yang che punta verso l’alto, vede lontano; io sono lo yin di Tenuta Ceri, colui che guarda verso il basso, verso la terra, la mano che svina e che sceglie le ‘femminelle’ da recidere. Devo anche riconoscere a mio padre una grande tenacia: architetto di lungo corso, ha avuto la pazienza di relazionarsi con tutti gli enti, di seguire i permessi, le attese e le mille altre peripezie che si devono fronteggiare per realizzare una cantina ex novo».
La cantina e i vini
La cantina, realizzata su progetto di Luca Ceri, si trova al centro di un grande vigneto: è ampia, con spazi funzionali e di design al tempo stesso. In via di realizzazione è una ampia struttura ricettiva a forma di vela, antistante alla cantina. Per il lavoro di vinificazione sono state fatte scelte precise che hanno puntato su tulipe di calcestruzzo seguendo le competenze e la sensibilità dell’enologo Alberto Antonini. «Lui non è solo un grande professionista, è anche un amico e – perché no – pure un fine psicologo: spesso lo chiamo perché sono scoraggiato o impaurito e lui trova sempre parole di conforto prima e suggerimenti da tecnico competente poi. Per noi è molto di più di un consulente di fama».
Cinque i vini recensiti sulla Guida 2024, che si distinguono per stile, precisione e territorialità. Il Carmignano Rigoccioli è stato presentato in due annate ’20 e ’21: snello ed elegante il primo, con frutti rossi in evidenza; cremoso con tannini dolci e progressivi il’21 che nonostante la gioventù rivela già un ottimo equilibrio. Ricchezza densità e scorrevolezza per le Barze ’20, Igt a maggioranza cabernet sauvignon: chiude con una vena mentolata che ne prolunga la persistenza. Appena più rustico il Barco Reale Barbocchio ’22, con una irruenza citrina ancora da domare; ma è il Carmignano Riserva L’Arrendevole 2020 che in commissione ha messo tutti d’accordo: “Questo vino lo portiamo in finale!”.
L’Arrendevole ’20: Tre Bicchieri per la Riserva
Il riassaggio del Carmignano Riserva L’Arrendevole 2020 a un paio di mesi di distanza ha decretato i Tre Bicchieri per questo vino sapido e armonico che colpisce per il colore diluito e brillante, una versione estremamente attuale della denominazione che se la gioca su finezza dei profumi, sorso polposo e levigato, e grande profondità. L’Arrendevole è prodotto con uve sangiovese sposate a un 10% di cabernet sauvignon, come vuole la tradizione di Carmignano: è vinificato in un tino tronco conico di rovere di Slavonia e affinato 12 mesi in botte grande. Il suo nome prende spunto dalla via Arrendevole che costeggia il vigneto: è così ripida che nel passato scoraggiava i viandanti o li costringeva a fermarsi per riprendere fiato. «Noi attribuiamo a questo nome il valore opposto: produrre vino di qualità senza mai arrendersi di fronte alle difficoltà e agli imprevisti – sorride Edoardo – Non ci aspettavamo di ricevere riconoscimenti del genere in così breve tempo. Sono premi per il nostro impegno, ma anche per il nostro territorio: noi siamo un’azienda giovane che è stata accolta fin da subito con entusiasmo dagli altri produttori di Carmignano, e vogliamo dare il nostro contributo in qualità affinché vi sia sempre più attenzione e interesse verso questa denominazione».
Carmignano: la storia e il territorio
Carmignano è una zona dalle antiche tradizioni vinicole, già nel 1700 fu indicata dal Granduca Cosimo III de’ Medici, come una delle 4 zone a vocazione viticola del Granducato di Toscana, nel famoso Bando del 1716 che, regolamentando produzione, limiti geografici e commercio dei vini prodotti in tali aree, fissa di fatto una sorta di disciplinare per la prima “doc” del mondo. La presenza del cabernet o “uva francesca” come ancora viene chiamata dalle genti del luogo, nell’uvaggio del Carmignano è attestata da oltre cinque secoli: arrivato su queste colline, pare, per volere di Caterina de’ Medici ai tempi regina di Francia. Nell’attuale disciplinare del Carmignano Docg, oltre al Sangiovese è obbligatoria la presenza di Cabernet (sauvignon o franc, da soli o congiuntamente) in una percentuale che può variare dal 10 al 20 per cento.
Carmignano è una piccola denominazione a nord di Firenze che conta poco più di 200 ettari vitati per 13 produttori che lavorano a vini “di nicchia”, espressione chiara e bella di un territorio altamente vocato in cui il sangiovese dà il meglio di sé in compagnia del cabernet naturalizzato su queste colline. Il sangiovese non perde visibilità né all’occhio né al palato, per niente schiacciato dalla forza del cugino internazionale che anziché coprirne alcuni tratti lo eleva, ne sottolinea l’aspetto fruttato e certi tratti freschi balsamici, gli dà un respiro ampio e per paradosso quasi lo alleggerisce. E non ultimo giova alla proverbiale longevità dei Carmignano.
Edoardo Ceri è un nuovo interprete del Carmignano, figlio di questa terra e che in questa terra ha creduto, così come gli altri produttori di una delle denominazioni gioiello di Toscana. Audaci e consapevoli della stoffa dei vini di Carmignano, e regolarmente premiati dalla critica. E oggi arriva un altro premio, importante e meritato.