La siccità ha spazzato via tutto. A cominciare dai terrenti da pascolo per le mucche, alla base dell’economia (e la tradizione) di gran parte dei paesi africani. L’80% degli animali sono stati vittime del cambiamento climatico in Kenya: il futuro, ora, è rappresentato dai cammelli.
I nuovi allevamenti di cammelli
Il governo regionale ha acquistato i cammelli da commercianti vicino al confine con la Somalia, come racconta il Washington Post: 4mila capi sono stati smistati nelle pianure della contea, per accelerare un cambiamento che era già nell’aria da un po’ nelle zone che più dipendono dal bestiame. Ma perché proprio i cammelli? La popolazione globale di questi animali è raddoppiata negli ultimi 20 anni, secondo le Nazioni Uniti per via della loro innata idoneità al cambiamento climatico. È quasi l’unico mammifero in grado di affrontare situazioni estreme, resistendo fino a due settimane senza acqua (la mucca, invece, non sopravvive per più di uno o due giorni).
La temperatura corporea del cammello si adatta al clima: una cinquantina d’anni fa sono cominciate le prime ricerche sul campo, e oggi sostituire le mucche sembra quanto mai necessario. Naturalmente, questo nuovo interesse per gli animali comporta diverse problematiche, perché i cammelli diventano sempre più un obiettivo allettante per gli allevamenti intensivi: se per secoli hanno resistito alla grande industria, ora potrebbero presto esserne le prime vittime.
Il latte di cammella
Dai cammelli si ottiene il latte, diverso da quello di mucca. Alimento base delle tribù nomadi del deserto, è ricco di grassi, proteine e vitamine: il sapore sembra sia leggermente tendente al salato, mentre il colore è molto più bianco rispetto al latte vaccino. È nato come prodotto di sussistenza, per la capacità del cammello (cammella, per essere precisi) di produrre latte alimentandosi con foraggi molto economici, fornendo così un alimento nutriente in condizioni climatiche critiche.
La produzione media giornaliera non è molto elevata: si parla di 5 litri a cammello (20 nel caso del dromedario, da cui si munge un latte molto simile per colore, consistenza e sapore): un dato positivo ma comunque molto basso se paragonato al mondo bovino (dai 25 ai 28 litri di latte al giorno). Tante le proprietà nutraceutiche: contiene il triplo di vitamina C rispetto al latte vaccino, una quantità maggiore di grassi e proteine, molto ferro e meno lattosio. Buono anche il contenuto di acido folico, vitamina B12 e B5.
Leggendari sono poi i suoi benefici nella cura della pelle: si narra che Cleopatra fu la prima a scoprirli, quel che è certo è che le azioni lenitive ed emollienti sono molto elevate, tanto da renderlo un elemento prezioso (e costoso) nella cosmesi.