Frenano i consumi, si riduce il numero di capi avviati al macello: è in crisi il comparto della carne d’agnello in Italia, che ha mantenuto alti i prezzi. I dati arrivano da Ismea, che nel suo report sul settore ovicaprino ha segnalato un -8.5% nel numero di capi destinati alla macellazione nel 2022. I consumi hanno registrato un -25% in volume e -17% della spesa in valore, “confermando la dinamica negativa degli ultimi cinque anni”. Con una nota: i capi macellati sono mediamente più grandi, con una tendenza alla “destagionalizzazione dei consumi” anche fuori Pasqua.
Il calo delle vendite di carne d’agnello
Un settore in ccrisi che conta circa 7.2 milioni di capi, poco più di 1 milione di caprini e 6.5 milioni di ovini, con il 70% del patrimonio totale localizzato in quattro regioni: Sardegna (45% degli ovini allevati), Sicilia (11%), Lazio (9%) e Toscana (5%). Il crollo incide negativamente sulle aziende: su un totale di 132mila ne sono sparite quasi 3.400. Forse proprio per questo il prezzo della carne si è mantenuto su livelli elevati, “a causa della ridotta offerta ma anche sotto la spinta di maggiori costi di produzione”. Ma quali sono i motivi alla base di questa tendenza? Il report di Ismea parla di una serie di debolezze strutturali della filiera, “a cominciare dall’eccessiva frammentazione dell’offerta, che rende irrealizzabile economie di scala” impendendo di avere “un potere contrattuale adeguato soprattutto nei confronti della grande distribuzione”.
Si tratta, però, di una tendenza comune un po’ a tutta Europa, “dove per il terzo anno consecutivo il patrimonio ovicaprino ha mostrato un calo significativo”, registrando 1.5 milioni di capi in meno rispetto all’anno precedente, “e che ha interessato soprattutto Spagna e Francia”. Sono in aumento, invece, le importazioni di carni in Europa con un +21-3% in volume, e anche quelle di ovini vivi (+19-6% nel 2022).