Ho preso un caffè da Zara. A Madrid, nella prima caffetteria Zacaffè (con le due "f", all'italiana) aperta da Inditex in un negozio Zara Man in calle de Hermosilla al numero 14, nell’elegante quartiere di Salamanca. Esistono già del caffè che hanno sede in alcuni “store” della catena spagnola di fast fashion, ad esempio a Parigi, Dubai e a Lisbona (quest’ultimo aperto lo scorso settembre), ma quello madrileno è il primo del marchio interno Zacaffè, che nei prossimi mesi si svilupperà a Tokyo e Seul, sempre e comunque in “spazi speciali” come assicurano dal gruppo.
Design arabeggiante
Il bar, aperto un paio di settimane fa, si trova all’ingresso dello store di 700 metri quadri, in uno spazio ben definito e indipendente rispetto al negozio. Che ci si trovi in uno Zara si intuisce sono da alcune magliette appese all’ingresso e dal fatto che in fondo si intuisce, discreto, il negozio. I colori sono caldi, materici, si rifanno ai mattoni della vicina Casa Àrabe, sui muri delle mattonelle a forma di quadrifoglio richiamano il design mudejàr e la mousciarabia, il sistema di ventilazione tipico dell’architettura araba. Il vasellame personalizzato richiama lo stesso stile. Il design è stato sviluppato da Art Recherche et Industrie, dell’artista e creativo Ramdane Touhami. L’idea è quello di mettere in relazione il décor di ogni bar con l’architettura del posto, facendo dello Zacaffè un link territoriale che in genere i negozi Zara trascurano, uguali più o meno ovunque.
Caffè specialty ma non troppo
Dietro un lungo bancone alcuni baristi preparano un caffè che mi è apparso una via di mezzo tra il convenzionale e lo specialty, di qualità medio-alta. Diciamo in stile Zara, il più chic dei marchi di fast fashion o la più economica delle grandi griffe, a seconda di come la si voglia vedere. Non ci sono grandi spiegazioni sulle origini del caffè, io chiedo e mi viene risposto che attualmente arriva dalla Colombia. Il selezionatore è Waco Coffee, azienda che ha sede in Galizia, a La Coruna, ciò che si riconnette alla storia del marchio, fondato da Amancio Ortega a Artejio, proprio nei pressi della città galiziana, esattamente 50 anni fa. “Il nostro è un caffè specialty pensato per tutto il mondo – ci dicono quelli di Waco -. Abbiamo anche individuato un paio di caffè dolci, uno con note di caramello e l’altro di ciliegia, che si sposano molto bene con il latte”.
Le preparazioni sono sia quelle “italiane” (espresso, moka), sia quelle internazionali (americano, latte, flat white, il filtro realizzato con il batch brew). I prezzi sono in linea con la caffetteria contemporanea, l’espresso viene 2,50 euro, l’americano 2,70, il latte 2,90 nella versione piccola, 3,90 in quella media e 4,90 in quella grande, la cosa più cara è la moka grande che costa 6 euro. Ci sono anche altre bevande calde (matcha latte, chai latte, golden milk, infusi vari, c’è anche un christmas choco). Ci sono anche alcuni pezzi di pasticceria prodotti da un laboratorio madrileno, l’assortimento è limitato: croissant (a 3 euro), pain au chocolat (3,50), l’enigmatico kouign-amann, burrosissimo vanto della pasticceria bretone (3,90). Io ho provato una “palmera”, quello che in Italia chiamiamo ventaglio, e l’ho trovato abbastanza croccante, ma non come l’aspetto lasciava presagire, per la mia piccola delusione.
Un posto di passaggio
Pochi i posti a sedere, è evidente l’intento di fare del locale un momento di ristoro durante lo shopping senza incoraggiare una lunga sosta e così si spiega anche la proposta tutto sommato limitata e la scarsa narrazione, contrariamente a quello che accade negli “specialty coffee” di tutto il mondo. Punto debole, il fatto che il locale non abbia bagni: bisogna utilizzare quelli dello store, che nel mio caso erano fuori servizio.