Recentemente mi è stato pubblicamente chiesto il mio parere sull'articolo del Gambero Rosso "Il caffè italiano è il peggiore del mondo. Inchiesta sui bar: ecco cosa c'è dentro la vostra tazzina", a cura di Anna Muzio. Risponderò certamente ai diversi punti indicati dalla giornalista in modo tecnico e basandomi sulla storicità.
La storicità e i torrefattori "viscidi"
Mi preme anzitutto sottolineare che non tutti i torrefattori e non tutti i baristi si comportano in modo tanto viscido, come dalla Muzio giustamente descritto, ma solo relativamente a quella porzione di torrefattori e commercianti che dovrebbero sentirsi chiamati in causa (...) e cioè, solamente una porzione di professionisti di una realtà ben più ampia e spesso anche ben più moralmente integra, in una sua buona parte fatta non dalle grandi industrie torrefattrici, bensì da tanti piccoli artigiani che fanno della propria onestà e della propria etica il loro credo professionale e umano.
Il mio parere in merito all’articolo è lungo e articolato perché ritengo che il tema giornalistico investigativo che la brava giornalista Anna Muzio ha intrapreso sia utile ma certamente non completo e non equilibrato tra le diverse parti.
Visto che il caffè espresso è la mia vita sin dal 1981 (su tre continenti iniziando prima con la botanica e le piantagioni, passando alla torrefazione artigianale, alle caffetterie e non ai bar, fino a creare i primi caffè espresso in tema "Caffè e Food Paring e People Pairing") credo di poter anch’io affiancare le altre voci autorevoli sulla tematica in questione.
Espresso vs Specialty, ovvero l'opposizione del marketing
Sono sempre stato a difesa dei caffè speciali espressi italiani di una volta, e non di ciò che poi sono in molti casi divenuti negli anni proprio a causa dei finanziamenti.
Oggi il mondo dei caffè specialty è diverso.
Non posso fare a meno di notare come il mondo dello specialty, mediante le fiere e l’informazione che proviene dai libri e simili, a mio avviso non stia contribuendo con qualcosa di concretamente nuovo. Tanto marketing e tanto story telling confuso nei tecnicismi che si perdono in linguaggi, tendenze e mode esterofili note da decenni. Tanta vendita di materiale, presumibilmente informativo, senza però fornire alcuna effettiva novità. D’altra parte, invece, non noto alcuna difesa del caffè italiano eccelso di una volta.
(...) Da un punto di vista concettuale, da sempre amo la filosofia dello specialty proprio perché la sua origine non era elitaria né snob, e non era neppure molto distante dalla filosofia che alcuni dei migliori torrefattori artigianali italiani avevano negli anni Settanta in merito ai loro caffè in tazza.
Mi sembra che oggi molti dei nuovi professionisti e imprenditori del settore utilizzino le medesime macchine torrefattrici di caffè, gli stessi moduli, gli stessi sistemi e procedure, e anche i medesimi caffè crudi e fornitori. Non è di certo questa una colpa, e posso ravvederne i motivi.
Sono certo che ci voglia tempo per capire cosa significa essere un artigiano dinamico e per trovare la propria anima; nella personale speranza che lungo il proprio cammino i più preferiscano sempre l’artigianalità piuttosto che tentare di esistere professionalmente parlando a cavallo tra il mondo artigianale e l’industria, in modo più unidimensionale e standardizzato.
Specialty, se il caffè diventa questione di bollino
Dietro richieste, avvenute nel tempo, da parte di alcuni di questi nuovi professionisti del settore, mi sono trovato nella posizione di non poter vendere loro il nostro caffè perché non avevo e non ho "il bollino" specialty. Nonostante ciò, non mi interessa averlo. Posso anche utilizzare i caffè specialty, o meglio questi possono far parte della mia ricetta sposandosi però con altri caffè sempre eccelsi i quali tuttavia non sono declinati come specialty, ma ciò rende il nostro caffè difficilmente vendibile nel mondo dello specialty, dal momento che non rientra totalmente nei parametri utilizzati per la vendita.
Ciò però, di certo non toglie che il mio pensiero sugli specialty sia positivo. D’altronde ho avuto la possibilità di essere tra i primi al mondo, sin dai primi anni Ottanta, ad indagare il mondo degli specialty con il fondatore della specialty coffee Association Ted Lingle e con l'ideatrice della descrizione "specialty coffee", la grandissima Earna Knutsen. Ma questo non significa che esistano solamente gli specialty tra le eccellenze.
Certo è, che se facciamo un confronto tra gli specialty e i caffè scadenti dei torrefattori finanziatori indicati dalla Muzio, è ovvio che i caffè specialty sono di un altro livello.
Il confronto tra caffè di serie A
Penso che sarebbe più giusto un confronto diverso, fatto fra caffè di serie A i quali, seppur differenti tra loro, siano comunque tutti sullo stesso piano anche se non tutti necessariamente declinati come specialty.
In quest’equazione a mio avviso mancherebbero però anche alcuni caffè industriali, che anche se non artigianali e quindi molto diversi da questi ultimi, fanno pur sempre parte della cosiddetta serie A seppur, per l’appunto, nella sua componente industriale.
L’articolo non racconta delle moltissime persone oneste, trasparenti e competenti come so essere innumerevoli torrefattori colleghi, baristi, addetti al lavoro eccetera i quali purtroppo non ricadono né nel mondo dello specialty né in quello dei disonesti, e dunque né nella lista dei “buoni” della situazione né in quella dei “cattivi”. Eppure, in gran numero esistono. Queste persone lavorano duramente e seriamente, da sempre anche nel denunciare esattamente ciò che la giornalista Anna Muzio ha giustamente additato nel suo articolo.
Il caffè napoletano
Lo stesso trattamento l'articolo lo ha riservato al caffè italiano, quello eccelso senza difetti, quello che lascia parlare in tazza e non per appartenenza. Sì, l’articolo ha descritto il caffè partenopeo che investe in formazione da decenni di una grande industria che ha creato l'Accademia in Italia del caffè nella metà anni Novanta, tra l'altro in una regione italiana molto complessa in merito al caffè e ai suoi liberi mercati, ma stando all’articolo, questa azienda non vende principalmente in Italia bensì all'estero.
Non sarebbe più bello difendere le nostre radici italiane, e sforzarci principalmente di vendere in Italia mantenendo le radici del nostro Made in Italy di una volta?
Ben so quanto è difficile vendere in Italia a confronto con il vendere all’estero.
Vendere altrove coinvolge un discorso molto diverso dall’essere artigiani del caffè localmente, e dunque una struttura più industriale se solo fosse per la tutela della freschezza del caffè tostato con i tempi della logistica dell’estero.
Non è controproducente parlare di caffè eccelsi e poi inviarli nei container in giro per il mondo facendoli arrivare alla clientela sì con il marchio Made In Italy ma con un caffè tostato mesi e mesi prima, piuttosto che tostare in loco in piccoli lotti e in modo artigianale? Di quell'Italia che lavora sul fresco, su suolo italiano e per l’Italia, al di fuori del mondo specialty, non si è parlato.
Eppure ve ne sono diversi di torrefattori artigianali che ripropongono quei meravigliosi caffè oggi difficile da trovare, ma che continuano ad esistere.
Ritengo, non senza dispiacere, che questo articolo rischi di creare delle disuguaglianze e degli inutili conflitti tra diversi professionisti di un medesimo settore i quali lavorano bene ma "diversamente".
La diversità del caffè
Ecco la parola chiave è "diversamente". C’è un mondo simile ma diverso, e cioè il mondo dei caffè speciali che hanno lavorazioni molto simili se non identiche a molti specialty coffees ma non sono declinati come tali, e i quali mantengono la loro unicità e la capacità di non essere omologati. Se si parla poi di finanziamenti, anche qui ci sarebbe da raccontare tutta la storia, e cioè che tali finanziamenti, sotto varie vesti, esistono anche per quei prodotti di brand "eccelsi".
Questi esistono in un sistema di sponsorizzazione di finanziamento diverso da quello descritto dall'articolo, e cioè spesso tramite e per accordi presi tra le parti in modo discreto. Denuncio queste assurde situazioni da decenni, in molte conferenze e interviste, avendo ricevuto minacce anche molto pesanti. Ma, senza sorpresa, la macchina non si ferma. Sono d’accordo su quanto scritto in merito alla materia prima, è un dato di fatto che è venduta a 30 euro al kg ma ne vale 8-12 al kg e il resto va "al sistema".
Il sistema in questione coinvolge tutti. Torrefattori, imprenditori titolari dei bar e consumatori. Questi ultimi vogliono spendere poco, e così troppo spesso inevitabilmente non pongono la giusta attenzione alla qualità del prodotto (ho presentato la prima tesi di Caffè Gusto e Salute con il Dr. Mauro Mario Mariani presente su Rai 1 da dieci anni come nutrizionista).
Il maquillage della tostatura
Mi trovo in accordo anche con quanto scritto riguardo la tostatura troppo scura utilizzata per coprire i difetti, così come le macchine del caffè sono settate con temperature altissime per bruciare il caffè e nasconderne altri difetti.
Venendo agli specialty, le loro lavorazioni e procedure, già molto molto diverse dai caffè commerciali, a mio avviso ma non solo, sono oggi forse fin troppo spinte per arrivare a gusti e aromi atti per i caffè a filtro e non per i caffè espresso.
Ho però sempre difeso il caffè espresso italiano, non in origine singola ma in miscela, poiché per quanto mi riguarda non è vero che tutte le miscele sono peggio delle single origin nel caffè espresso, anzi, spesso il caffè risulta più completo in miscela e soprattutto variando la miscela giornalmente si mantiene una costanza nel gusto del caffè proprio perché la natura cambia costantemente e dunque ad ogni macchinata tostata. La miscela è l'espresso, storicamente, ma ovviamente tutto dipende da cosa si utilizza nelle miscele!
Poi c'è la questione dei caffè speciali senza il "bollino" specialty. Questi caffè Speciali seguono procedure molto simili o in alcune situazioni identiche agli specialty, quindi sono eccelsi ma da molti professionisti non vengono presi in considerazione perché non fanno parte del loro sistema, sebbene eccelso, e più in generale non rientrano perfettamente nel mondo degli specialty.
Dovremmo quindi stare attenti a non cadere nel parlare di qualità eccelsa ma escludendo a prescindere i prodotti eccelsi come i caffè speciali che non sono considerati come specialty.
In merito agli specialty posso solo aggiungere che sulle procedure agricole e sui processi di lavorazione specialty non c’è nulla da dire, sono assolutamente eccelse.
Ci sarebbe invece tanto da dire sulle fermentazioni anaerobiche controllate oggi tanto in voga per alcuni, le quali lavorazioni tolgono personalità ai diversi lotti e appiattiscono un po' tutto, in modo molto simile ai vini troppo lavorati dall'uomo e sulla metodologia del sistema di dare i punteggi Sca sul gusto, i quali denuncio da anni, e che solo recentemente sono stati rivisti ma a mio modesto avviso non abbastanza per rendere il tutto più adeguato.
Gli aromi specialty difficili per gli italiani
Inoltre, gli specialty, negli aromi, gusti e struttura, sono nati in fattoria come processi e lavorazioni per i caffè e filtro e non per l'espresso. Quest’ultimo segue infatti tutt'altro profilo di estrazione del caffè per termica , tempistiche, rapporti caffè-acqua , macinatura ecc. In sintesi, molti di quelli che utilizzano specialty per espresso hanno anche modificato pesantemente la scelta di materia prima intesa come flavor, gusto e aromi.
La tostatura ( troppo leggera e troppo chiara per fare uscire il terroir della materia prima) spesso risulta troppo acidula e astringente per il mercato italiano nel caffè espresso. Si sta ora studiando se la tostatura così chiara (non sviluppando abbastanza la parte molecolare delle catene aromatiche) possa forse essere poco digeribile.
Infine, ci sarebbe da dire che il gusto specialty ad oggi in Italia rimane spesso difficile da far comprendere, che quelli radicari in questo bel cult, spesso parlano di condivisone e apertura ma di fatto escludono molti che lavorano diversamente bene, e puntano su un gusto e su un sistema di estrazione nel caffè espresso che al momento è ancora per quei pochi, non piace, e che spesso esclude a priori il gusto italiano eccelso di una volta perché da loro non conosciuto e perché difficile da trovare. Immaginate che un bravissimo barista specialty campione barista specialty, ha lavorato nelle nostre caffetterie e utilizzando le procedure Sca nelle estrazioni con le La Marzocco e spesso avevamo lamentele sul gusto dallo stesso estratto nei nostri caffè, quando con altri che seguivano le procedure delle estrazioni italiane invece non avevamo.
In Italia, temo, non piaccia purtroppo neanche il prezzo degli specialty, e qui i motivi sono da trovare volgendosi alla figura del consumatore.
L'ultimo problema di noi italiani, forse alla pari del prezzo, è che non conosciamo la filiera del caffè perché non abbiamo le piantagioni di caffè in Italia, ma siamo al contempo abbastanza presuntuosi facendoci forti della nostra storia nel caffè.
Oggi anche la formazione nel caffè è diventata un grande business, e lo specialty ormai è purtroppo venduto e proposto anche da molte grandissime aziende e Spa, e di certo non solo dai piccoli artigiani.
Negli USA, dove lo specialty è nato, abbiamo molti esempi di piccoli torrefattori specialty che hanno iniziato a divulgare questa meravigliosa filosofia agli inizi, e i quali sono poi cresciuti nei fatturati. Ad un tratto, molte di queste aziende hanno venduto le loro caffetterie, i loro brand o torrefazioni ai grandi gruppi industriali che oggi utilizzano lo specialty.
Sentendo le storie dei loro acquirenti, l’esperienza in tazza è davvero rimasta la stessa così com’era stata pensata in origine? La risposta è assolutamente no. E’ rimasto solo il brand Specialty ma con un’esperienza totalmente diversa.
Quanto Specialty vero, quello vero inteso come davvero eccelso, esiste in natura sotto forma di materia prima per servire queste grandi industrie? Ci tengo infine a dire che non potrei mai avere nulla da dire in merito al Gambero Rosso con il quale ho avuto modo di collaborare in più occasioni, ad esempio quando ho avuto il piacere di essere stato da loro inserito in una lista dei migliori torrefattori artigianali in Italia, e in diverse altre graditissime e speciali circostanze.
Grazie per l’attenzione, e buona vita.
Lettera di Mauro Cipolla, torrefattore