Un flat white d’avena per favore, e poi un… cornetto surgelato bicolore, con crema di vanillina. Anzi, no, meglio ancora quella brioche del grande laboratorio che rifornisce un po’ tutta la città, con glassa di zucchero e impasto alla margarina. C’è qualcosa che stona, non trovate? E no, non è la bevanda all’avena (sempre sia lodata). Perché offrire caffè specialty, di piantagione, chicchi tostati da piccole torrefazioni italiane e straniere che lavorano a diretto contatto con i coltivatori, con sistemi sostenibili… e poi abbinarci un prodotto tutt’altro che di qualità, tantomeno sano?
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Caffè di qualità per dolci di livello
Capita purtroppo di imbattersi in insegne con attenzione all’oro nero (non sono ancora molte, ma il panorama sta crescendo e a noi piace essere fiduciosi) e un’offerta gastronomica che lascia un po’ a desiderare. Così come accade il contrario, che anzi è (quasi) la norma: pasticcerie di gran livello, eleganti bar con dolci scenografici, tramezzini golosi e lieviti sfogliati, che offrono poi tazzine deludenti, se non scadenti. Come se la bontà di un bombolone alla crema potesse far dimenticare il sapore bruciato e amaro dell’espresso.
Quando la pasticceria è scadente
Se si tratta di un’attività giovane qualche compromesso iniziale è inevitabile, però parlare di consumi consapevoli, cercare di fare (con difficoltà) informazione sul mondo del caffè e affiancare a un’ottima tazza dei dolci poco invitanti è controproducente. Siamo onesti, una volta per tutte: noi italiani pensiamo di sapere tutto sull’espresso, ci riteniamo i numeri uno nel campo, ma la verità è che non lo conosciamo, lo ignoriamo, dandolo per scontato e relegandolo a ingrediente “a corredo”, di accompagnamento a una buona fetta di crostata. Sul cibo, invece, siamo più esigenti, e una sfilza di croissant in qualunque caso catturerà di più l’attenzione di un V60.
Usare i dolci per parlare del caffè
Ecco, considerando questa propensione dei consumatori, proporre dei caffè di livello senza del cibo che ne sia all’altezza non è solo questione di coerenza, ma di strategia. Chi sceglie di dedicarsi agli specialty è un barista che ha investito in corsi di formazione, macchinari, personale e materia prima: sarebbe un vero peccato che un ciambellone asciutto rovinasse tutto questo lavoro.
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Con un morso a un delizioso pain suisse o un banana bread fatto in casa, anche il più convinto, il più tradizionalista dei consumatori sarà più incline a provare un espresso diverso, e soprattutto a pagarlo il giusto prezzo. Insomma, se la curiosità verso il caffè non nasce spontaneamente, la si può sempre stimolare attraverso un buon dolcetto… a pancia piena, siamo tutti più gentili. E chissà, magari anche più aperti.