Gli orti botanici italiani sono stati, nei decenni, polmoni verdi e sedi sperimentali di specie botaniche non autoctone che servivano a cullare il sogno dell'autarchia di alcuni prodotti alimentari. Si è provato al nord con le piante di tè. Al sud con il caffè. In particolare, a inizio XX secolo, è stato l'Orto Botanico di Palermo a pensare di dar vita, se non a un caffè, almeno a una piantagione di piante di Coffea arabica. Gli inverni rigidi del passato – ebbene sì, faceva freddo anche a Palermo – non diedero però scampo. Ne sopravvissero solo alcune, ancora oggi svettanti, con i loro tre metri di altezza, nella storica Serra Carolina. Trent'anni fa, un po' di drupe - i frutti del caffè che contengono i chicchi/semi - di queste “sopravvissute” finirono nei giardini dell'azienda palermitana Morettino, torrefazione siciliana nata nel 1920 (ne abbiamo parlato qui). L'idea dell'allora presidente Arturo, legato da amicizia al direttore dell'orto botanico palermitano, era quella di proseguire le sperimentazioni intraprese dall'istituto. Questa volta però in campo aperto. Il racconto attraverso i decenni lo fa Andrea, figlio di Arturo. La staffetta, infatti, continua con lui che torna a piantare semi di caffè all'interno dell'Orto Botanico, in collaborazione con l’Università degli studi di Palermo. «L'intento non ha finalità commerciali, ma scientifiche – spiega Andrea Morettino – e ha un grande valore storico perché proseguiamo un lavoro di conoscenza iniziato più di 120 anni fa dall'Orto botanico». Il campo sperimentale è grande circa 300 metri quadrati e ospita 25 piante di Coffea arabica di differenti età e varietà (Heirloom, Caturra, Pacamara, Catuai, Bourbon rossa, Bourbon gialla).
Il caffè siciliano
Una tazza di caffè fumante cento per cento siciliana in realtà esiste già e rimanda al profumo di fiore di zagara. È firmato Morettino ed è l'unico caffè europeo, il più a nord che c'è rispetto alle tradizionali zone della Coffee Belt (la cintura geografica dove si trovano la maggior parte delle piantagioni nel mondo). La terza generazione aziendale – Andrea è la quarta – inizia a crederci dopo un viaggio in Guatemala e pianta semi in diverse zone del Palermitano, aggiunge qualche appezzamento nel Messinese e poi anche nel Ragusano: «I primi raccolti significativi – ma parliamo di una trentina di chili – hanno coinciso con i cambiamenti climatici più evidenti, legati soprattutto al grande caldo. Accadeva tre anni fa, in coincidenza con il nostro centenario, c'è parso un segnale».
Un'estate, quella del 2021, che stabilisce anche un record proprio in Sicilia con la temperatura massima più alta in Europa, i +48,8°C di Siracusa. Una prima produzione che non va in vendita ma che viene destinata a panel di esperti che ritrovano, in queste tazze di qualità arabica, sentori di gelsomino e di zagara, profumi di primavere ed estati siciliane. C'è chi ha offerto anche mille euro - racconta l'imprenditore - per comprare un chilo del prodotto. Il quantitativo è andato via via aumentando: 50 chili nel 2023 e un centinaio di chili stimati per quest'anno, a raccolto appena iniziato: «Si parte a maggio e si va avanti fino a settembre – chiarisce Morettino - e un altro fenomeno legato ai mutamenti climatici è il ciclo continuo della pianta, fioritura e fruttificazione si alternano con grande velocità, cambia a seconda delle varietà e di come queste reagiscono ai diversi terroir».
Caffè, agrumi e frutti tropicali
La Coffea arabica ha bisogno di caldo ma anche di acqua, elemento che scarseggia sull'isola. Ecco perché la via sperimentale al caffè siciliano passa dalla ricerca scientifica che vede coinvolti la facoltà di Agraria dell'università di Palermo, l'Orto Botanico afferente al Sistema Museale dell'ateneo e la società siciliana Irritec, specializzata nell'irrigazione di precisione. «L'altra strada – continua Andrea – è quella della consociazione che aumenta la biodiversità. Abbiamo donato drupe ad altre aziende agricole palermitane che a loro volta ci hanno dato semi di papaya, mango ed avocado da coltivare nei nostri terreni. La stessa cosa sta avvenendo nell'Orto botanico dove le piante di caffè crescono insieme ad agrumi rari e storici. Sarà interessante valutarne anche le conseguenze organolettiche». Questa Sicilia che sa più di Tropici che di Mediterraneo tenta la carta delle coltivazioni esotiche provando a contrastare le calamità – siccità, nubifragi, umidità – che vuol dire parassiti e funghi - facendo di necessità virtù. Se ne parlerà - e si assaggerà – al Palermo Coffe Festival il prossimo 1° giugno, la manifestazione ideata da Morettino all'interno dell'Orto botanico che, quest'anno, dedica banchi e laboratori a questa “Sicilia inedita”.
Fare del caffè siciliano uno specialty coffee
Dopo più di un secolo si parla ancora di sperimentazione, ma Andrea Morettino punta, ovviamente, alla commercializzazione di questo caffè nativo siciliano: «Il sogno è farne uno specialty coffee, ma stiamo lavorando anche a un marchio Igp. Intanto siamo stati i primi a lanciare un blend specialty in Italia e con la prossima apertura della caffetteria in un palazzo storico ai Quattro Canti (in pieno centro storico) puntiamo a far crescere la cultura del caffè a Palermo». Il lavoro sulla divulgazione è iniziato dalla zona porto, con il Morettino Coffee Lab, il primo specialty coffee di Palermo dove il caffè è il focus, ma dove conta anche il cibo, soprattutto nella formula brunch – molto in voga nei coffee shop più evoluti - la mixology, con l'uso della bevanda esotica nella miscelazione e le coffee experience che incrociano anche le filiere del vino e dell'olio.
Il prezzo etico del caffè tra speculazione e solidarietà
Occuparsi di caffè vuol dire fare i conti, da un lato, con la sostenibilità sociale di questa coltivazione, dall'altro con l'aumento dei costi abbattutisi su importatori e torrefattori. Le avverse condizioni meteorologiche che hanno colpito il Brasile, i cambiamenti climatici che hanno determinato una diminuzione della produzione, lo sfavorevole tasso di cambio euro/dollaro, le complicazioni logistiche – si pensi ai blocchi navali nel Mar Rosso – hanno dato al caffè un gusto particolarmente amaro: «Negli ultimi due anni – sottolinea Morettino – abbiamo assistito a speculazioni mai viste prima, con quotazioni superiori anche al 300 per cento. Noi siamo una piccola realtà che lavora on demand, quindi, è impossibile fare scorta di prodotto. Ecco perché puntiamo alla divulgazione e alla qualità. Al contempo portiamo avanti anche dei progetti etici, come quello che dà vita al Rwanda Café de Mama, il nostro specialty più venduto. Alla base c'è una piantagione portata avanti da sole donne ruandesi, riunite nella cooperativa Nova Coffee Coop. Per tutte queste ragioni una buona tazza di espresso italiano di blend robusta e arabica non dovrebbe costare meno di 1 euro 50 centesimi. Se è tutto arabica, non meno di 2 euro e 50».