La caffetteria specialty Urban Cafè a Treviglio in provincia di Bergamo è un luogo dove è in atto un bel cambiamento. Il titolare, Federico Pinna, ha appena vinto il titolo di Miglior Barista d'Italia alla 45ª edizione del Sigep a Rimini. Prossimo obiettivo i campionati mondiali che si terranno a Busan, in Corea del Sud, dal 1° al 4 maggio.
Chi è Federico Pinna, il miglior barista d'Italia
Originario di Treviglio, in provincia di Bergamo, Federico Pinna, 26 anni, si è avvicinato al mondo del caffè da giovanissimo grazie al bar di famiglia che tuttora gestisce insieme al fratello Francesco e al padre Ignazio. Decide di formarsi nel 2016 quando era ancora sui banchi di scuola, e da quel momento non si è più allontanato dall'universo del caffè. Grazie a un primissimo corso base scopre e resta affascinato da un mondo profondissimo, per poi arrivare al Bugan Coffee Lab, torrefazione artigianale, laboratorio del caffè, scuola di formazione, area tostatura e spazio degustazioni a Bergamo. Qui, insieme a Maurizio Valli e Daniele Ricci, con Andrea Villa, Coffee Trainer presso l'Accademia Italiana Maestri del Caffè, Pinna si è formato con impegno e determinazione. La formazione, unita alla grande passione del campione nazionale per l'oro nero, sono state la spinta per mettersi in gioco e iniziare a gareggiare.
La finale si è svolta all'interno della Coffee Arena del Sigep, uno degli eventi più importanti in Europa dedicato ai professionisti del food & beverage. I campionati italiani sono organizzati da SCA Italy, la delegazione italiana della Specialty Coffee Association. Dopo diverse tappe di selezione sul territorio italiano si decreta la rosa che accede al circuito delle semifinali e finali a Rimini. Una grande passione per il mondo del caffè, impegno costante e una formazione esemplare: così si diventa il migliore barista d'Italia.
«Nessun intoppo, tutto è filato liscio, come ci eravamo prefissati, gara pulita, ero tranquillo». ha detto Pinna a Gambero Rosso. D'altronde sono 9 mesi che si prepara a questa competizione. «Io e miei coach abbiamo deciso di intraprendere di nuovo la gara baristi – è il terzo anno di competizioni per Pinna – stavolta con il passo giusto, anticipando un po' tutti e iniziando a lavorare mesi e mesi prima».
La formazione in una professione come quella del barista è sempre più importante. Qual è la lezione più significativa che hai imparato in questi anni?
Sicuramente credere sempre nel lavoro e nella passione che esprimiamo quotidianamente, sia io nel mio locale a Treviglio, che Maurizio Valli al Bugan, che Daniele Ricci in giro per il mondo. Ma l'insegnamento più importante è che lavorando sodo senza mai fermarsi, si può arrivare davvero a risultati bellissimi, come quello ottenuto qui a Rimini. Siamo partiti dalle basi tre anni fa, fino ad arrivare a vincere il titolo nazionale.
Fondamentale è stata la scelta delle materie prime. Quale piantagione avete selezionato?
Abbiamo deciso di lavorare con la stessa farm che abbiamo usato per le selezioni che ho vinto a Salerno, cambiando solo le varietà botaniche che abbiamo servito.
C'è un ingrediente segreto nella tazzina vincente?
Quest'anno abbiamo portato un concetto innovativo: quello della fisio-chimica. Quindi di come i produttori, i tostatori e i baristi possono lavorare con processi fisio-chimici per migliorare il profilo sensoriale del cliente finale, in questo caso quello dei quattro giudici. Chiaramente senza additivi, solo quello che c'è già in natura, quindi esclusivamente processi chimici che avvengono grazie a diverse temperature e tempi di contatto più lunghi.
Puoi farci qualche esempio?
Con i miei coach abbiamo portato in gara un processo di lavorazione innovativo che è il hydro-honey; poi abbiamo portato due varietà botaniche colombiane, il Bourbon Sidra e l'Ombligon Natural. Nella categoria bevanda al latte ho usato un latte della Repubblica Ceca utilizzando un nuovo metodo di lavorazione che si chiama double milk: il latte viene prima congelato, poi in fase di scongelamento si trattiene una parte d'acqua per ottenere un latte più grasso e più proteico. Nel cocktail analcolico abbiamo ricreato cinque elementi trattati con diversi processi chimici: l'espresso con la fermentazione dello yogurt, la macerazione, l'infusione, infine la riduzione per abbassare la temperatura ed evidenziare le note floreali dell'Ombligon.
Che cosa cambia adesso per i tuoi clienti all'Urban Cafè?
Già da anni stiamo lavorando sulla visione del caffè, perché in Italia va cambiata. La qualità deve migliorare. All'Urban Cafè offriamo solo caffè specialty. Abbiamo deciso insieme a Bugan di selezionare una nuova mono-origine dedicata a noi, un El Salvador. Quindi nel nostro piccolo stiamo già facendo un percorso di cambiamento. È già molto, ma non ci fermiamo.
Nel futuro, al netto del Mondiale in Corea, cosa c'è?
Il mio obiettivo un domani sarà quello di aprire una caffetteria dedicata solo ed esclusivamente al caffè specialty a Treviglio. È il mio sogno, insieme all'intento di trasmettere e istruire il cliente. Vorrei divulgare a tutti i baristi d'Italia che questa è la cosa fondamentale per cambiare questo mondo e puntare sempre più alla qualità.
Sognavo di vincere il titolo nazionale, ma non perché volevo essere il migliore di tutti. Lo scopo è quello far capire maggiormente al consumatore che quello che sto trasmettendo non è solo una mia passione, ma una cosa vera. Adesso degli specialisti hanno valutato questo potenziale, dandomi la credibilità, la voce per divulgare la qualità nel mondo del caffè.
Il World Barista Championship, come ti stai preparando?
Stiamo già lavorando, ho in programma di andare in piantagione a marzo con i miei coach per trovare il caffè perfetto per fare bella figura ai mondiali in Corea, tenendo alto il nome del caffè specialty italiano, e portare a casa il miglior risultato.