Si parla di un 11.5% in più rispetto al 2021: la pausa caffè degli italiani è aumentata di 720 milioni di euro secondo Assoutenti, che ha realizzato un’indagine per capire come sia cambiato negli ultimi due anni il prezzo della tazzina.
Bolzano in testa per i prezzi della tazzina
Ogni città, naturalmente, ha il suo prezzo medio. Parlando di media nazionale, però, si è passati da 1.04 euro a 1.16 in due anni, ma ci sono anche località che hanno mantenuto dei prezzi contenuti. Catanzaro, Reggio Calabria e Messina sono in testa: qui si può ancora trovare un espresso al bar a meno di 1 euro, mentre in 22 province i listini superano quota 1.20 euro. Primato della tazzina più costosa va a Bolzano, con una media di 1.34 euro, seguito da Trento (1.31), Belluno (1.28), Padova (1.27), Udine (1.26) e Trieste (1.25). Al lato opposto, Messina, con il caffè espresso a 0.95 euro. Secondo posto per Catanzaro, con 0.99 euro di media, e infine Reggio Calabria, che si posiziona sulla stessa fascia di prezzo.
I rincari maggiori sono al Sud Italia
Sono le città più economiche, Catanzaro e Reggio Calabria, ma anche quelle con il maggior rincaro: il Mimit parla di un aumento del 36.4% a Cosenza, e del 23.8% a Catanzaro, dove dagli 80 centesimi del 2021 a tazzina si è arrivati agli attuali 99 centesimi. Rincari significativi anche a Pescara, che segna un 22% in più, a Bari (+20.9%) e Palermo (+19.5%). Si distingue invece per il mantenimento standard dei prezzi Aosta, che ha registrato un rincaro di solo il 2.9%, passando da 1.05 a 1.08 euro, seguita da Lucca (+ 3.6%) e Cagliari (+3.8%). Per un giro d’affari totale dell’espresso che passa dai 6.24 miliardi di euro di due anni fa a quasi 7 miliardi di euro nel 2023. “Prima il caro-bollette, che ha portato a una impennata dei costi per i pubblici esercizi” ha spiegato il vicepresidente di Assoutenti Gabriele Melluso, “poi i rincari delle materie prime spinti dallo scoppio della guerra in Ucraina hanno determinato sensibili aumenti per le consumazioni nei bar italiani”.
Perché questi prezzi non vanno ancora bene
Il presidente di Assoutenti parla di “danno evidente per le tasche dei 5.5 milioni di italiani che tutti i giorni fanno colazione nei bar dislocati sul territorio”, ma che ne è dei danni che il prezzo tenuto a ribasso per anni nella Penisola ha causato a chi lavora in piantagione? Siamo ancora il Paese con uno dei caffè espresso più economici d’Europa, un primato tutt’altro che rassicurante: nell’estate dello scontrino-gate, dell’inflazione e della shrinkflation, con fierezza i media hanno riproposto la storia del bar di Alia, in Sicilia, con la tazzina più economica d’Italia, servita alla ridicola cifra di 30 centesimi. Perché sembra che ogni alimento possa aumentare a dismisura, tranne l’espresso. Che pure è salito su di prezzo ma che, più di altri prodotti, fa infuriare la folla, indignare il popolo. È una pretesa fuori controllo, questa di pagare la bevanda così poco, un affare solo italiano, un vizio che non riusciamo a scrollarci di dosso, nonostante il settore dell’oro nero di qualità negli ultimi anni abbia fatto considerevoli passi in avanti, con l’apertura di caffetterie d’avanguardia e la diffusione della cultura degli specialty. Mai come in questo caso, l’auspicio è quello di assistere a un cambio di mentalità repentino, con un conseguente, necessario aumento decisivo del prezzo dell’espresso. Naturalmente, di pari passo con una svolta qualitativa.