Buoni pasto, scatta il tetto massimo del 5% per le commissioni. Cosa cambia dal 2025

22 Nov 2024, 18:01 | a cura di
L'emendamento al dl Concorrenza equipara i privati al pubblico e sarà valido dal prossimo settembre. Tutto quello che bisogna sapere
Tetto massimo ridotto al 5% anche per le commissioni dei buoni pasto utilizzati dai dipendenti delle aziende. Arrivano novità per i voucher nel mondo del lavoro privato dopo l'approvazione dell’emendamento al ddl Concorrenza presentato dal deputato di Fratelli d'Italia, Silvio Giovine. Il compromesso è stato raggiunto dalla Commissione Attività produttive con l'obiettivo di aumentare la fruibilità dei buoni - uno dei modi più comuni con i quali i datori aumentano gli stipendi senza tasse aggiuntive - e equiparare completamente le commissioni del settore privato e quelle del settore pubblico. Una modifica che tuttavia potrebbe rivelarsi controproducente e mettere a rischio la tenuta del sistema.

Le novità

Il 31 agosto 2025 sarà il termine ultimo entro il quale i buoni attualmente in circolazione saranno validi secondo le attuali condizioni concordate con gli esercenti. Per quelli che invece verranno emessi a partire dal 1° gennaio 2025 si applicherà il nuovo tetto massimo del 5% sulle commissioni, ma solo per gli esercenti che non hanno ancora adottato i buoni pasto, in una sorta di periodo transitorio. Per tutti gli altri, invece, il tetto alle commissioni del 5% si applicherà dal 1° settembre 2025.
Una soglia che non suona come nuova, visto che il tetto massimo del 5% era già stato fissato per i buoni pasto distribuiti ai dipendenti dalle pubbliche amministrazioni già nel 2022. Oltre all'estensione del limite anche al settore privato, all’interno dell’emendamento è altresì inclusa anche la norma che permette alle imprese emittenti di recedere dai contratti già conclusi con i committenti datori di lavoro a partire dal 1° settembre 2025. 

I rischi per consumatori ed esercenti

Ma quali sono i pericoli per il circuito datore di lavoro, dipendente e esercizio commerciale? Il tetto era stato a lungo richiesto dalle organizzazioni degli esercenti, che lamentavano la forte erosione dei loro incassi, a causa delle commissioni troppo alte. In passato quanto trattenuto dalle società che emettono i buoni sulla cifra del ticket poteva infatti arrivare anche fino al 20%. Per questo motivo le catene della grande distribuzione si sono rivolte al governo, riuscendo a strappare un tetto più basso solo nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Il punto è che non potendo superare il 5% anche nel privato, le società che emettono i ticket dovranno limitare gli sconti applicati alle aziende clienti. Il che potrebbe tradursi anche in buoni di valore inferiore per i dipendenti.

Se da un lato infatti c'è soddisfazione da parte delle maggiori organizzazioni del settore, da Fipe Confcommercioa Fiepet Confesercenti, il rischio di una paralisi sembra per altri molto concreto. A detta del presidente dell’Anseb (l’Associazione Nazionale delle Scoietà Emettitrici dei Buoni pasto), Matteo Orlandini,  «ci sono 300mila accordi a rischio, con immediate conseguenze sulla fruibilità dei buoni pasto». «È sbagliato mettere mano in fretta e furia ad accordi con 150 mila aziende e 170 mila esercenti in tempistiche inattuabili. Non è solo un colpo inflitto a un insostituibile strumento di welfare - continua Orlandini - ma anche la cancellazione di un diritto acquisito per milioni di lavoratori. Se la grande distribuzione vanta un credito dal Governo per aver aderito agli sconti della social card, non possiamo pensare che a farne le spese sia la tenuta dell'intero sistema dei buoni pasto». 
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