Insomma, Oscar Farinetti ha fatto i conti senza l'oste. Anzi, bisogna capire se li ha fatti davvero. È quello che si stanno chiedendo istituzioni e sindacati da quando il fondatore di Eataly e ideatore del megaparco divertimeni bolognese ne ha annunciato la rinascita come Grand Tour d’Italia. La questione che scotta di più è quella relativa alla perdita di posti di lavoro, come segnalato da Cgil, Cisl e Uil che hanno incontrato Piero Bagnasco e Matteo Ferrio, gli attuali dirigenti, per parlare del futuro di chi lavora nelle aziende partecipanti e di quante di loro aderiranno al nuovo Grand Tour d’Italia. “Rimaniamo sconcertati dalla modalità di comunicazione scelta dall’imprenditore Farinetti e dalla presentazione di un piano industriale, al momento alquanto aleatorio, che prevede una completa ristrutturazione a soli cinque anni dall'apertura del parco”. All’ordine del giorno degli incontri previsti con i dirigenti prima della chiusura definitiva prevista per dicembre 2023 c’è proprio la tutela occupazionale di chi è impiegato nella struttura.
Bufera su Oscar Farinetti. Il botta e risposta tra dirigenza e sindacati
Sul prosieguo della partnership con le aziende attualmente presenti, infatti, i pareri sono discordanti. La dirigenza assicura che sono tutte interessate al nuovo progetto, che “non ci sarà una chiusura del Parco, ma solo alcune ristrutturazioni parziali che verranno svolte a zone”, infine che “anche ci dovesse essere la chiusura totale del parco, i 55 lavoratori diretti non saranno posti in ammortizzatore sociale ma proseguiranno il lavoro all’interno del parco”. Mentre ancora i sindacati ribattono “con ampio margine di certezza” che alcune delle suddette aziende non rinnoveranno la partnership, con conseguente perdita occupazionale. Stessa linea seguita dal presidente della Camera di Commercio di Bologna, Valerio Veronesi, che aggiunge una riflessione sulla mancata condivisione della comunicazione: “Nessuno ci ha avvisati. E non si è nemmeno cercato un incontro preventivo per condividere” dichiara in un’intervista al Resto del Carlino. “Parlo da imprenditore: le 40 aziende che lavorano a Fico che fine faranno? Ci saranno ristori per i mesi di stop? E i dipendenti, saranno tutelati? Quando si parla di persone che perdono il lavoro, è sempre una sconfitta. E noi, quando avremmo un progetto esecutivo? Ad oggi, siamo solo sbigottiti”.
Fico, la Disneyland del cibo che non ha mai decollato
Breve riassunto delle puntate precedenti. Oscar Farinetti, ospite nella trasmissione di Radio24 “Uno nessuno 100Milan”, confessa che “fra le cose che non mi sono venute propriamente bene, Fico è una di queste”. Parla degli 80mila metri di parco agroalimentare da lui ideato e inaugurato nel 2017 nell’ex Fabbrica Italiana Contadina. Dentro, aziende, ristoranti, spazio didattico, centro congressi, un cinema, un teatro, con tanto di orto e stalle tutt’intorno. Un progetto ambiziosissimo salutato allora come il progetto ristorazione e cucina più ambizioso mai affrontato fino ad allora da Farinetti, alla conquista di un pubblico trasversale e immaginato come la più grande piazza mondiale del Made in Italy. Il primo stop avviene nel 2021, quando dopo mesi di ristrutturazione in fase pandemica si riparte con focus su un target più specifico - famiglie - con la previsione di un aumento di capitale di 5 milioni di euro per rilanciare il progetto e propiziare una ripresa in termini di visitatori e fatturato, a fronte di due annate chiuse in perdita (- 4,3 milioni di euro nel 2020, - 3,14 nel 2119). L’allora ad Stefano Cigarini dichiarava “Fico sta all’Italia come Disneyland agli Usa, nel prossimo decennio la formula di Fico ha le potenzialità per essere esportata nel mondo e fare conoscere le eccellenze del nostro Paese”.
La polemica bipartisan sul nuovo Grand Tour d’Italia
Il decennio è iniziato ma le prospettive non sono più così rosee. Ed ecco che Farinetti rilancia a sorpresa con il Grand Tour d’Italia, guardando al futuro se vogliamo ancora più in grande di cinque anni fa. “Rappresenterà il viaggio nell’Italia, nelle regioni. Si entrerà in Valle d’Aosta, si uscirà dalla Sicilia e dalla Sardegna” ha spiegato in radio, “racconteremo la biodiversità con le osterie che cambieranno tutti i mesi, nel mondo Slow Food, e verranno tutti i mesi a portare robe nuove da mangiare, grandi aree didattiche, le regioni italiane che porteranno il loro ‘folk’, cioè le loro manifestazioni locali… Sarà una cosa strepitosa e bellissima e Fico sarà più bello e più grande che prima”. Parole che prima che alle sigle sindacali hanno fatto storcere il naso ai consiglieri comunali. Se le forze dell’opposizione ne parlano come di una débâcle annunciata, sottolineando la necessità di fare i conti delle risorse pubbliche impiegate negli 11 milioni di euro di investimento, Coalizione Civica manifesta alte perplessità sul recupero dell’impresa, come si legge in una nota pubblicata dal Resto del Carlino il 22 settembre “Non sappiamo quale impatto sui lavoratori avrà questa nuova svolta di Fico, ai quali già da ora dichiariamo solidarietà. Sappiamo però che il modello di società del futuro in cui noi crediamo non è quello che massimizza il profitto derivante dal turismo".