Con i suoi 90 anni suonati il Boadas è il più antico bar di Barcellona, e il secondo di Spagna: due porticine e un bancone a un passo dalla Rambla, un posto in cui si respira il fascino di altri tempi, che negli ultimi mesi è tornato a nuovo splendore. Il merito va ai nuovi proprietari: Simone Caporale e Marc Álvarez, la coppia d'oro che ha scalato la 50 Best Bar con il loro Sips, sempre a Barcellona, mettendo a segno un colpo dopo l'altro.
Quando i due l'hanno preso c'era un po' di anarchia da una parte all'altra del bancone, come spesso accade in certi posti un po' vecchiotti in cui ognuno fa un po' di testa sua. Pochi conti venivano pagati del tutto, qualcuno non veniva pagato per niente, la gestione era vivace, un po' caotica, nessuno poi parlava inglese e l'idea di clienti stranieri non era vista proprio bene. All'arrivo, a Caporale e Álvarez è parso subito chiaro da dove iniziare: rimettere in ordine bilanci, magazzino, ricette, impostare un approccio manageriale.
E ripartire dai classici di quel locale amatissimo che da quasi un secolo accoglie ospiti affezionati: qui sono passate tre generazioni di clienti, talvolta insieme, ed è molto probabile che i barcellonesi abbiano avuto proprio a questo bancone il loro battesimo dell'alcol. Non sono riuscite la Guerra civile spagnola né la Seconda guerra mondiale a fermare gli shaker, lo ha fatto il Covid, ma solo per un paio di mesi. Riaperto, il Boadas non godeva però di ottima salute: nel corso degli anni aveva perso un po' di smalto, infiacchito da una gestione un po' distratta che non rendeva merito alla sua storia gloriosa.
Avamposto dei cocktail classici
Una storia che i due nuovi proprietari non vogliono cancellare. Boadas è un avamposto della vecchia scuola della cocktaileria, sarà per questo che lo chiamano la Cattedrale. La cosa necessaria è rimettere tutto in riga, organizzare meglio, sistemare drink list e ricette, togliere un po' di quella polvere che aveva appannato gli ottoni di questa istituzione, e poi mantenere, preservare e rispettare, perché non perda la sua autenticità.
Questo è un posto in cui niente deve cambiare, a partire dai cocktail, con i classici del tempo che ancora dicono la loro, soprattutto se realizzati con la precisione figlia della nuova gestione. Dietro al bancone ci sono ora delle giovani leve, Federico Daniele, Lobsang Cees, Mirco Dascoli, Filippo Acquaviva, Ramona Roman. Torna una barlady quasi 50 anni dopo María Dolores, figlia del fondatore Miguel Boadas, nato a Cuba da genitori catalani nel 1895, che ha fatto pratica in un'Avana animata da grandi nomi della storia e della letteratura - nomi di peso anche sul fronte del bere - prima di aprire il suo locale a Barcellona dove si trova ancora oggi. In pochi ci avevano scommesso su quel posto, ma nonostante gli scossoni della storia Boadas è riuscito a resistere e a rosicchiare anche qualche metro quadrato in più, fino a conquistare l'assetto che ha ancora oggi, con quella sala triangolare con il bancone in fondo che è stato l'origine di tanti racconti.
Si dice per esempio che servisse cocktail con pochissimo alcol a chi non riusciva a regolarsi con il bere. Non è l'unica storia che gira su questo personaggio mitico, un vero animale da bancone cui i clienti tributavano un ruolo importante nelle loro giornate. E Boadas li ripagava con una dedizione che l'ha accompagnato fino all'ultimo giorno, quando ha passato il testimone e lo shaker a sua figlia María Dolores, che in quel triangolo di bevute e amicizie ci era praticamente cresciuta. Ne prese le redini nel 1967 insieme al marito Josep Lluís Maruenda, rivoluzionaria barlady ante litteram, in un mondo in cui non era comune trovare una donna al bancone neanche a bere, figuriamoci a lavorare.
Un bancone celebre
A questo bancone si sono seduti pittori, cantanti, attori, scrittori: Dalì, Mirò, Garcia Lorca, Greta Garbo e poi Hemingway, che a Cuba beveva daiquiri al Florida dove Boadas si era fatto le ossa (che fosse vero o no, poco importa: zio Ernest ha santificato bar anche solo con la leggenda della sua presenza) tanti volti noti e altrettanta gente comune, una mescolanza di clienti abituali, noti e ignoti, che riuscirono a tessere in filigrana l'anima di questo posto.
Ancora oggi il ricordo dei tempi d'oro è celebrato nella festa che ogni 15 settembre festeggia l'onomastico di María Dolores, scomparsa nel 2017, quando la proprietà del locale era già passata a Jerónimo Vaquero Barea, barista del Boadas per oltre cinquant'anni. Tutti hanno tenuto in vita il rito del bere bene, schivando le mode del famolo strano, dei drink troppo fantasiosi e di quelli con i nomi impossibili. Non è roba per il Boadas.
Questo è un posto di grande scuola e altrettanto grande fascino, fatto di atmosfere soffuse, di dettagli art-deéco e di un bancone che potrebbe raccontare un secolo di storia spagnola e di quadri che invece raccontano la storia del locale, i volti di chi l'ha animato nel corso dei decenni, con il grande ritratto di María Dolores a dominare la scena e osservare, benevola, i nuovi artigiani del bere. Sono loro che hanno preso in consegna lo spirito del Boadas con i suoi cocktail intramontabili, ordinatamente suddivisi in classics, modern classics e originals.
A questi si aggiunge, ogni giorno da 91 anni, un “cocktail del dia” generalmente un classico poco conosciuto. Niente birra, niente vino o shots, solo una drink list che è una dichiarazione d'intenti tra tommy's margarita, daiquiri e Martini dry e poi Sofia Loren e Ballet 1950, creazioni originali del locale che in questo nuovo corso ha rinunciato allo spettacolo dei bartender di un tempo che in giacca e papillon neri facevano letteralmente volare i cocktail da un bicchiere all'altro: lo show ne guadagnava, il gusto no.
Ora che quel teatro è terminato, si è preferito puntare tutto sulla cura dei drink, realizzati con misura certosina da ragazzi ancora oggi in giacca e papillon vecchio stile (noi li abbiamo visti in un inconsueto verde acqua) ma con una precisione di un altro campionato. Le celebrazioni per i 90 anni continueranno per tutto il 2024 con serate imperdibili in cui si incroceranno gli shaker con i grandi nomi della mixologia classica: Salvatore Calabrese aka il Maestro, il team del Caffè La Trova di Miami, l'Harry's Bar di Parigi, e in futuro potrebbero anche arrivare il Camparino, Agostino Perrone del The Connaught di Londra, Charles Schumann di Monaco, e probabilmente la Florida in cui ha lavorato Miguel Boadas negli '20 insieme a suo cugino. il barman che ha inventato il daquiri frozen. Un bel colpo.