«Non posso e non voglio chiedere scusa per la morte di Giovanna Pedretti». Esordisce così Lorenzo Biagiarelli: è il suo primo commento dopo la bufera social scatenata su lui e la compagna Selvaggia Lucarelli in seguito al caso della recensione di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Lodi trovata morta a inizio gennaio 2024. «Dovrebbero indagarti per istigazione al suicidio»: così i follower avevano scritto allo chef e food blogger, che insieme a Lucarelli aveva sollevato i primi dubbi sull’autenticità del post della ristoratrice. Adesso per lui è ora di «chiudere questa storia, che è triste da qualunque lato la si guardi».
Niente scuse da parte di Biagiarelli
Non ha intenzione di chiedere scusa, Biagiarelli: «Se lo facessi, sarei uno di quelli che usa la sua morte a mio vantaggio, per riabilitarmi. Preferisco mantenere la via del sospetto per il caso della ristoratrice di Lodi e non torno nel programma su Rai 1». Era ospite fisso a È sempre Mezzogiorno, il social cuoco, ma le cose ora sono cambiate. Il silenzio lo ha rotto con un video su Instagram, ringraziando coloro che gli sono stati vicini in queste settimane.
Il senso del debunking
Un video con cui vuole spiegare il motivo delle sue azioni: «Il senso di fare debunking non è quello di smentire o esporre al pubblico ludibrio una persona comune, come è stato spesso scritto in questi giorni, ma è smontare una notizia, specie se di diffusione nazionale, e criticare l’operato della stampa quando si alimenta di notizie non verificate, monetizzandole con i click su articolo che possono facilmente indignare».
La telefonata con Giovanna Pedretti
E ricostruisce il tutto: dopo che la ristoratrice era stata interpellata da un telegiornale e un giornalista affermando che la recensione fosse vera, Biagiarelli ha telefonato alla donna per «concederle il diritto di replica o addirittura ritrattare se il mio lavoro fosse stato smentito. Ma così non è stato e vorrei chiarire che la telefonata ha avuto dei toni cordiali e che la signora ha ribadito più volte che il pomeriggio era andata a parlare in questura di questi fatti».
La libertà di parola
Si appella, infine, alla costituzione, «l’articolo 21 dà la libertà di parola a qualsiasi cittadino. Vi ricordo che il debunking nel caso della bidella pendolare era stato fatto da un privato cittadino». Dopo il suicidio di Giovanna Pedretti, Biagiarelli e Lucarelli hanno iniziato a ricevere minacce di morte, messaggi di odio che accusavano la coppia di aver sottoposto la ristoratrice a una gogna mediatica, «una delle tante falsità che sono state dette su questa storia, dal momento che si è dovuta persino scomodare un’agenzia di comunicazione che si chiama Arcadia per cercare le tracce di questa gogna. E non ce ne sono».
Lo stigma infame
Il video di Biagiarelli continua prendendo in causa altri colleghi, che avrebbero indagato con la ristoratrice, ma «lo stigma infame viene riservato solo a me e alla mia compagna». E conclude: «La storia di un suicidio è stata sviscerata da tutti, in qualsiasi modo, spesso contravvenendo alle indicazioni suggerite proprio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a riguardo. E mentre noi venivamo accusati di aver fatto qualcosa che non si poteva fare, chiunque, attori, ballerine, modelle e non giornalisti, erano lì a discutere di qualcosa che dovrebbe riguardare, secondo stesso ragionamento, al massimo gli inquirenti e gli psicologi».
Sulle scuse, è inamovibile: «Preferisco tenermi lo stigma, il dubbio, il sospetto, piuttosto che tentare la via della pietà, affermando qualcosa che non penso. E accetterò con tranquillità tutte le conseguenze di questa scelta». I commenti sotto il video, postato alle 8 del mattino del 15 febbraio, sono divisi a metà, tra sostenitori e utenti che ci tengono a ricordare a Biagiarelli che non è un giornalista, ma un personaggio pubblico.