"Bere analcolico non è più visto come una cosa da sfigati". Intervista al produttore di kombucha Stefano Zamboni

1 Lug 2024, 09:32 | a cura di
La kombucha sta prendendo sempre più piede, la sua storia e le sue proprietà sono raccontate dal produttore veneto Stefano Zamboni in un libro appena pubblicato. Lui stesso racconta come stia cambiando la sensibilità verso il bere analcolico

Che sarebbe stato l'anno della kombucha lo avevamo detto qui. La bevanda fermentata dalla storia millenaria, grazie al recuperato rapporto amichevole con i batteri innescato dal diffondersi di pasta madre e fermentati di vario tipo, si sta facendo largo e nel frattempo è diventata argomento di un libro fresco di stampa. Lo ha scritto il produttore veneto di kombucha Stefano Zamboni, illustrato Caterina Di Paolo, e lo ha pubblicato l'accurata casa editrice romagnola Quinto Quarto che rimpingua così il proprio originale scaffale dedicato a cibo sostenibile, autoproduzione e no spreco.

Kombucha. L'antico tonico orientale: storia, scienza e ricette mixa informazioni scientifiche a una godibile narrazione e aggiunge non pochi suggerimenti per sperimentazioni casalinghe assecondando la sana passione nerd per l'autoproduzione della bevanda senza alcol. «Volevo fare un libro che avvicinasse alla kombucha in modo leggero ma serio. Noi fermentatori siamo una comunità in crescita, in tanti mi scrivono per avere consigli o affinare le loro ricette, c'è un rapporto diretto». Il libro punta ad allargare la comunità.

Stefano Zamboni, non solo sa tutto della bevanda analcolica e ne scrive, ma la produce. Come è nata l'idea? In Veneto poi...

In effetti è stata un po' una sfida dalle mie parti. Ma vedo che sta cambiando il modo di considerare i prodotti analcolici, non c'è più la stessa presa in giro. Nel 2018 ero partito per un viaggio negli Stati Uniti, non la cercavo, ma era dappertutto e tutti la bevevano. Comincio a berla anche io e a indagare. Quando ritorno a casa non trovo in giro una kombucha che mi soddisfi, allora comincio a farla io, occupo una stanza della casa di mia nonna e inizio a sperimentare e mi confronto con altri produttori in giro per l'Europa. La cosa bella è che i produttori di kombucha sono una vera e propria comunità, come i batteri e i lieviti che cooperano nella fermentazione. Ho affinato la mia ricetta e a fine 2019 ho aperto la Legendary drink e lanciato il brand Legend kombucha. Dal 2022 abbiamo un nuovo stabilimento a Montorio in un sito di archeologia industriale un tempo dedicato alla lavorazione della lana.

Nel libro si racconta come questa bevanda fosse conosciuta anche in Italia già negli anni Cinquanta. Poi cosa è successo?

Forse che in Italia dopo la guerra è mancata la cultura hippie che invece l'ha mantenuta viva in America. Negli anni Novanta, poi, in Usa una controcultura salutista, vegana, vegetariana che qui ancora non c'era, aveva creato terreno fertile per fare della kombucha anche un business. Dagli anni Settanta in Italia, invece, ci si era convinti che i cibi industriali fossero meglio di quelli artigianali, e si è persa l'usanza di produrre cibo in casa così anche una preparazione come questa è stata dimenticata, però è stata tenuta viva da uno sparuto gruppo di persone.

Come per tutti i cibi fermentati un elemento chiave è l'autoproduzione. Perché dovremmo acquistare kombucha in bottiglia o lattina?

Io la faccio ogni giorno da 6 anni, ho maturato un'esperienza che mi consente maggiore precisione. Ma anche la produzione casalinga va benissimo, è un buon metodo per capire come funziona il processo di fermentazione e anche per capire se il prodotto che si va ad acquistare è genuino. Perché poi magari passa l'entusiasmo iniziale di farla in casa, però si vuole continuare a berla.

Come riconoscere una kombucha di qualità?

Deve essere viva, cioè non pastorizzata né microfiltrata, è stata così per più di duemila anni. Se viene microfiltrata significa che è morta, e se questo viene fatto è solo per un motivo commerciale non di qualità: chi la acquista la vuole mettere in magazzino. Il fatto è che in Italia vige un canale distributivo vecchio, con poca voglia di innovare. Nel nostro caso lavoriamo solo con certi distributori, si perdono opportunità nell'immediato, ma basta essere testardi, anche in Usa chi non ha ceduto oggi detiene il 40% del mercato. E' una scelta di autenticità, tanto più che se propongo un prodotto quasi sconosciuto, lo voglio far assaggiare nel pieno delle sue proprietà.

Sul suo consumo storicamente ha influito la ricerca di un effetto salutistico. E' ancora così?

Tanti dicono “mi fa sentire bene”, lo dico anche io che la bevo ogni giorno da 6 anni. Oggi gli studi provano in modo scientifico ciò che in modo empirico si era intuito da sempre. I benefici non sono dovuti solo alla presenza di antiossidanti, ma anche alle vitamine, B12 e C ad esempio. Come tutti gli alimenti fermentati contiene acidi organici e probiotici. In ogni caso cominciare a consumare kombucha trasforma il proprio stile di vita perché porta a farsi molte più domande su cosa mangiamo. In Italia sull'attenzione al microbiota siamo un po' più indietro ma sta arrivando.

In Italia le vendite crescono?

Sì, rispetto allo scorso anno le nostre vendite sono triplicate. Se all'inizio ci rivolgevamo più a consumatori legati a una dieta vegetariana o al consumo di birre o vini naturali, in particolare nelle grandi città come Roma, Milano, Bologna, dall'anno scorso l'interesse si è diffuso in tutta Italia, con un grandissimo incremento legato all'e-commerce, anche attraverso abbonamenti mensili. I mercati maggiori sono però laddove dove ci sono turisti, in particolare tedeschi o americani che la consumano abitualmente.

Kombucha e vino possono coesistere?

Certo che sì anche se la kombucha è un prodotto cannibale, cioè può sostituirne altri, perché nonostante sia analcolica è una bevanda fermentata ha note acidule e minerali, può andare in competizione con il vino, se un consumatore volesse sostituire l'uno con l'altra potrebbe farlo senza problemi.

Interessa ai giovani?

Abbiamo visto un cambio di passo rispetto agli analcolici, ma non tanto nei giovanissimi quanto piuttosto in persone dai 35 anni in su. L'anno scorso avevamo fatto molte promozioni durante il “Dry january”senza grande successo, quest'anno è stato diverso: tutti ne hanno parlato molto anche sui social e infatti a gennaio abbiamo registrato il record di vendite sull'e-commerce. E' cambiata la sensibilità , bere analcolico non è più visto come una cosa da sfigati e questa tendenza sta arrivando anche tra i giovani, anche se in Italia siamo un po' più in ritardo.

Alla fine, la kombucha è una moda o questa volta resisterà ?

Ormai da 25 anni negli Stati anglofoni cresce stabilmente, quindi penso si possa dire che non è una moda. Negli Usa è una categoria di mercato a sé e secondo me farà da apripista a tanti tipi di prodotti simili, non solo fermentati analcolici, ma alimenti con proprietà funzionali che il consumatore cerca oggi e cercherà soprattutto domani quando avrà capito che impatto hanno sulla salute.

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