Ridurre gli sprechi è il mantra che coinvolge oramai diverse realtà, dalla ristorazione alle GDO, alla politica, ai singoli cittadini. Ricordiamo il progetto Food for Soul sviluppato da Lara Gilmore e Massimo Bottura, uno dei portavoce più illustri dell'anti spreco, da cui sono partiti i Refettori - dopo il primo, l'Ambrosiano di Milano nato con Expo, seguito da Modena, Bologna, Rio de Janeiro, Londra, Parigi - mense sociali che reimpiegano eccedenze di cibo in arrivo dalla GDO elaborate con l'aiuto di grandi chef capaci di trasformare cibi sgraditi in piatti invitanti. O le tante, tantissime start-up nate sotto il segno dell'anti spreco (qui i 10 progetti premiati dal Mipaaf ). In questa ondata etica non poteva mancare l'impegno politico con la legge Gadda (e i recenti emendamenti), che ha rappresentato un fondamentale passo avanti verso una gestione più equa e umana delle risorse, tanto da avere avuto degli effetti immediati: i risultati dall'entrata in vigore della legge parlano di un 20% in più di donazioni. Ma la strada è tutta in salita (e globale).
I dati FAO
Lo spreco infatti non riguarda solo gli ultimi anelli della catena commerciale, quindi gli acquirenti, che siano i ristoratori o i semplici cittadini; ma spesso è generato già nella fase produttiva e nella fattispecie, parlando di produzione agroalimentare (frutta e verdura) nel momento della raccolta. Qualche dato concreto per rendere più chiara la situazione dell’Italia: secondo l’Istat nel 2009, più di 7 milioni e 500 mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli (frutta, ortaggi, cereali, legumi) sono stati scartati in fase di raccolta e dunque non sono mai arrivati nei nostri mercati, negozi e cucine. Ma quali sono i motivi principali di questo scarto? Sono motivi puramente estetici dettati da criteri imposti dalla grande distribuzione, completamente indipendenti dalla qualità organolettica del prodotto. Un fatto sconcertante che ha messo in moto le menti di Camilla Archi e Luca Bolognesi.
Luca e Camilla
Entrambi classe 1988, si conoscono da quando avevano undici anni. Lui determinato, ambizioso, attratto dai numeri e laureato in economia, lei più affascinata dalle parole e dalle immagini, non a caso laureata in lettere e storia del costume. Entrambi intraprendono due strade coerenti con i loro percorsi di studio: Luca nell’headquarter di una grande multinazionale e Camilla nel mondo dell’editoria e della pubblicità. Fino a che non si imbattono in un reportage pubblicato da National Geographic che illustra per filo e per segno le dimensioni e l’ impatto socio-economico dello spreco produttivo nel comparto agroalimentare. “La cosa che ci ha colpito maggiormente è proprio il fatto che gran parte di questo spreco viene generato solamente da canoni estetici definiti a tavolino dalla grande distribuzione e dunque del tutto innaturali. Gli agricoltori oggi sono costretti a scartare (rimettendoci gran parte dei loro già scarsi guadagni) tutta quella parte della loro produzione, buona, ma che magari non è perfetta per via del vento, della grandine o dello sfregamento con altri frutti, oppure non ha una forma regolare o una dimensione standard”. Stiamo parlando di “difetti” del tutto inevitabili e naturali nella vita di una pianta che comportano uno scarto fisso di circa il 20% della produzione totale, che arriva fino al 50-60% nel caso della grandine. “Se poi l'agricoltore riesce a vendere all'industria questi “scarti”, per la produzione di succhi e distillati, gli viene riconosciuto mediamente il 10% del valore di mercato della merce. Ma se si considera che i prezzi al produttore di alcuni frutti di prima scelta sono talmente bassi che alle aziende agricole non conviene nemmeno sostenere i costi di raccolta, potete immaginare quanto sia difficile caricarsi degli stessi oneri per la merce di “scarto” che quindi viene lasciata marcire nei campi”.
Bella Dentro
Mettici la testardaggine di entrambi e l’incoscienza dei 28 anni, i due fondano Bella Dentro. Un progetto che vuole privilegiare la qualità e non l'apparenza, attraverso una filiera alternativa, che racconti la naturalezza e la bontà di un “difetto”. “Volevamo dare la possibilità ai consumatori di fare una scelta di buon senso, ridando giusto valore non solo a quel prodotto ingiustamente definito “scarto”, ma soprattutto a chi ogni stagione, con pazienza e dedizione, ha investito tempo, denaro e fatica per vederlo nascere”. Come funziona? “Acquistiamo direttamente dagli agricoltori quella parte di produzione ortofrutticola buona, ma che gli viene scartata dalle cooperative e dalla grande distribuzione per motivi estetici. Poi raccontiamo la storia di questi prodotti attraverso eventi e attività di comunicazione, per far capire a più persone possibili quanto siano naturali questi difetti e quanto la qualità e il gusto vadano oltre le apparenze”.
I produttori coinvolti
Ad appoggiare il loro progetto molti produttori, soprattutto romagnoli. “Il viaggio di Bella Dentro è partito dalla Romagna, più precisamente tra Faenza e dintorni. Inutile dire che l’accoglienza è stata meravigliosa. Sono bastate tre settimane, pochi incontri e qualche lunga chiacchierata per coinvolgere nel progetto una bella schiera di agricoltori appassionati”. Tutti produttori che quando si trovano tra le mani frutta o verdura non standard, come le romantiche prugne a forma di cuore, i kiwi detti farfalloni (frutto dell'unione di due fiori femminili) o i porri giganti che proprio non ci vogliono entrare nelle confezioni standard, ecco quando si trovano di fronte a queste “stranezze” (che poi tanto stranezze non sono) contattano Luca e Camilla per vendere la merce che altrimenti sarebbe svenduta o addirittura buttata.
Dove si trovano i prodotti belli dentro
La fase di vendita è partita da sole due settimane e avviene nella loro ApeBellaDentro, che per ora gira a Milano ed è riconoscibile in quanto ricoperta d’erba, ma in progetto c'è un calendario con tutte le tappe: “Avendo una licenza di commercio ambulante itinerante, non possiamo sostare per più di due ore nello stesso luogo; così a breve metteremo un calendario online con tutte le tappe. Statisticamente è molto probabile che l'ape la troviate vicino all'ufficio, alla scuola di vostro figlio o vicino a casa. In futuro, una volta rodata la vendita su strada, ci sarà anche la possibilità di fare gli acquisti online, ma il punto di ritiro rimarrà comunque la nostra apecar”. Un progetto virtuoso, il loro, che è stato promosso anche da alcuni ristoranti milanesi, come Rob de Matt o il ristorante di Mare cultura urbano.
a cura di Annalisa Zordan