Chi è lo chef etico?
Etica, sostenibilità, responsabilità sociale. Cosa può fare uno chef per migliorare la società attraverso la gastronomia? Chi pensa che le premesse siano troppo ambiziose per riguardare chi in fondo ha passato tutta la sua vita in cucina, per raccontare il mondo attraverso il cibo e l'emozione di condividerlo con gli altri, sbaglia. Perché al di là della retorica più sterile da cui è bene prendere le distanze, proprio dall'attaccamento al territorio e alle proprie radici culturali e sociali nasce l'urgenza di aiutarlo a esprimersi al meglio, e supportare chi lo abita e ne preserva l'identità. Dall'anno scorso, la missione del Basque Culinary World Prize, promosso dal prestigioso centro di ricerca gastronomica di San Sebastian, è quella di individuare lo chef che più si è distinto nel perseguire quest'obiettivo, seguendo l'esempio di chi per primo, e da anni, ha sposato la causa. Come Massimo Bottura, che non a caso presenzia al Consiglio Internazionale di chef, presieduto da Joan Roca, che decide (e deciderà) per l'assegnazione del riconoscimento. Con lui, tra gli altri, Enrique Olvera e Dominique Crenn, Michel Bras e Renè Redzepi, Gaston Acurio e Dan Barber, grandi glorie della ristorazione internazionale che si spendono per apportare benefici alle comunità locali e lavorano nel rispetto della sostenibilità ambientale. La prima edizione del premio, l'estate scorsa, se l'è aggiudicata una donna, la venezuelana Maria Fernanda Di Giacobbe, impegnata in molteplici progetti sociali in un Paese che versa in grave difficoltà, ma può (potrebbe o dovrebbe) contare sulla coltivazione del cacao per creare sistemi di imprenditorialità sani ed equi. Con il supporto alle associazioni Kakao e Cacao de Origen, la chef ha istituito un'oasi di legalità che parte dalla formazione sul campo per raccogliere i frutti di un lavoro onesto e qualificato, rivolto principalmente alle donne in condizioni economiche vulnerabili. Ma con lei, per contendersi la vittoria, altri 19 chef (tra cui l'italiano Massimiliano Alajmo) hanno avuto modo di raccontarsi su un palco internazionale, guadagnando visibilità per il proprio progetto etico.
Il premio. Chi può candidarsi per la seconda edizione
Ora è tempo di ricominciare: fino al 2 maggio il Basque Culinary Center attende le candidature dei protagonisti che animeranno la seconda edizione del premio, su proposta online di professionisti, addetti ai lavori (chef, scrittori gastronomici, fornitori di provviste alimentari) e istituzioni della gastronomia che possano certificare la bontà dell'impegno:“Uomini o donne il cui impatto può essere percepito oltre la cucina in settori quali innovazione, ricerca, istruzione, salute, ambiente, sviluppo sociale e imprenditorialità”, recitano le consegne ufficiali. Al vincitore, proclamato il prossimo 18 luglio, spetterà un premio di 100mila euro da devolvere a sostegno di un progetto a sua scelta, che rispetti le finalità del concorso. E la decisione finale sarà nelle mani di una giuria di esperti, molti già coinvolti nel 2016, cui si unirà anche la vincitrice della precedente edizione.
Determinazione e spirito pionieristico giocheranno un ruolo fondamentale nell'assegnazione, come la capacità di guardare al mondo con piglio rivoluzionario: ““Con questo premio ci auguriamo di condividere con tutto il mondo storie di chef che attualmente utilizzano la gastronomia per un futuro migliore. Abbiamo necessità che la gente nomini coloro che lottano a tal fine in qualsiasi modo, anche su scala ridotta: tutti facciamo parte della rivoluzione." Parole emblematiche che Massimo Bottura non si stancherà mai di ripetere. L'anno scorso sono arrivate candidature da 30 Paesi del mondo, per oltre 100 chef diversi. Chi saranno i nuovi protagonisti?
www.basqueculinarycenterworldprize.com
a cura di Livia Montagnoli