Barbieri 23 a Roma. Impressioni di bovino per scoprire che non c’è solo il maiale

7 Feb 2019, 16:00 | a cura di
Sul menu c’è scritto Impressioni di bovino, che spaziano dallo speck di bufalo alla bresaola di montagna, alla slinzega trentina. Ma tra le sue selezioni Barbieri 23, appena aperto nel centro di Roma, propone anche un antico salame d’oca. Per scoprire nuovi prodotti a pochi passi dal Ghetto.

Barbieri 23. L’enoteca del teatro

L’indirizzo è scritto sull’insegna, Barbieri 23. Siamo alle spalle del Teatro Argentina, non lontano da Campo de’ Fiori, a poche centinaia di metri dal Ghetto, che si sviluppa al di là della linea del tram, attraversando via Arenula. Vicinanza, questa, da non trascurare, quando a breve scenderemo nel dettaglio del progetto. Che è un progetto di ristorazione sui generis, influenzato dalle ridotte dimensioni di un locale – appena 60 metri quadri per una ventina di coperti articolati su due sale – ripensato dallo Studio Morq (gli stessi architetti, per intenderci, che in zona hanno lavorato sul bar di Roscioli in piazza Cairoli oltre che su Retrobottega). Ma perché non fare di un limite, un’opportunità? Così Barbieri 23 è nato con l’idea di diventare uno scrigno di bontà, prodotti selezionati sul territorio nazionale (e non solo) per presentare al pubblico romano – specie quello del dopo teatro in cerca di una coccola a tavola anche a tarda ora – un’enoteca dotata della sua originalità. L’atmosfera è quella elegante di un ambiente minimale, con arredi artigianali in pellame, pareti in argilla, tavoli in pietra e soffitti in legno. A guidare il progetto c’è Giorgio Baldari, interprete di una cucina non cucina che sempre per limiti di spazio lo obbliga a lavorare senza fuochi.

Giorgio Baldari affetta i salumi con la Berkel nel locale in penombra

La cucina, i prodotti

Lui, tecnologo alimentare oltre che chef d’esperienza, ha scelto di superare l’ostacolo facendo del suo spazio un laboratorio sperimentale, utilizzando per esempio tecniche di trasformazione e cottura alternative, dalla fermentazione al sottovuoto. Nulla che non sia già visto, per carità, ma è la maniacalità che sta dietro la selezione delle materie prime a fare la differenza. Il menu, non a caso, elenca i nomi degli artigiani e delle realtà che hanno reso possibile assemblare una carta che spazia dalle conserve tradizionali di pesce di Anzio di Manaide ai pomodori spaccatella d’Abruzzo, ai prodotti del campo dell’azienda agricola Travaglini e di Piccola Bottega Merenda, al latte nobile del circuito Cibo Agricolo Libero del carcere di Rebibbia (la pasta fresca, invece, la fornisce Mauro Secondi). Ma tra le Selezioni disponibili sin dall’aperitivo e fino al dopocena (l’apertura si protrae dalle 17.30 all’1), ce n’è una più particolare delle altre: le Impressioni di bovino rendono omaggio alla vicinanza con il Ghetto, “pur non essendo una scelta legata alle regola alimentari della Kasherut” spiega Giorgio Baldari. “Semplicemente ci siamo fatti ispirare dalla storia dell’area per esplorare un terreno che riserva molte sorprese: chi l’ha detto che in salumeria si trasforma solo il maiale?

Carne salada

Impressioni di bovino

E allora spazio allo speck e al culatello di bufalo, specialità in arrivo dal Basso Lazio, Priverno, dove Gaetano Mastrantoni trasforma la carne di un allevamento locale di bufali, restituendo quantità molto limitate di prodotto, che comunque Giorgio ha voluto in selezione, “finché ce n’è”. Pastrami e pancetta di manzo arrivano da non molto lontano, come la carne secca del Ghetto: a fornirli è la Macelleria Latella di via Santa Maria del Pianto, “non un’attività kosher, che però ha scelto di non vendere carne di maiale per rispetto al contesto”. Mentre dal Trentino arriva la bresaola di Smarano dei fratelli Corrà, la macelleria fondata nel 1850, che oggi, con la quarta generazione al lavoro, è famosa in tutta la Val di Non. Oltre alla bresaola di montagna, stagionata dai 60 agli 80 giorni, la macelleria trentina fornisce anche la slinzega di vitello, stagionata naturalmente per 16-18 mesi con spezie e affumicatura.

Un piatto di salumi d'oca con giardiniera e salse

Il salame d’oca veneziano

Ulteriore variazione sul tema sono i salumi d’oca di Jolanda de Colò, proposti in una selezione intitolata al Sacco di Roma da parte dei Galli di Brenno del 390 a.C., quando la leggenda vuole che furono proprio le oche del Campidoglio a “salvare” la città. In tavola la variazione d’oca si snoda tra la terrina di carni d’anatra e foie gras e lo speck d’oca al mirtillo, per proseguire col rotolo di foie gras e il salame d’oca alla veneziana, peraltro legato a una antica ricetta in voga nel Ghetto che per molti secoli fu il più popoloso d’Europa, nella Serenissima (i pezzetti di pelle d’oca fritta, in Laguna, si utilizzavano anche per ingrassare la fugassa, la focaccia). Proprio la ricetta cinquecentesca è stata ripresa dall’azienda friulana Jolanda de Colò. Al momento i prodotti sono disponibili solo per il consumo sul posto, ma chissà che la curiosità dimostrata dai primi avventori non spinga lo chef a proporre una piccola selezione in acquisto, per chi vuole portare a casa con sé qualche specialità per stupire in tavola.

 

Barbieri 23 – Roma – via dei Barbieri, 23 – www.barbieri23.it

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