Pochi eventi dell'antica Roma sono intriganti come il leggendario "Banchetto Nero" organizzato dall'imperatore romano Domiziano nell'anno 89 dC. Secondo lo storico del III secolo Cassio Dione, che fornisce l'unico resoconto della cena nella sua Storia Romana, l'intento era suscitare puro terrore. Nel suo racconto, il banchetto organizzato dall'imperatore si svolge in una sala completamente nera, dal pavimento al soffitto alle pareti, compresi gli arredi fino ai piatti e al cibo: quello che si dà solitamente in offerta ai morti; il tutto servito da schiavi nudi, anch'essi dipinti completamente di nero. E per tutta la serata l'imperatore parla solo di morti violente, mentre gli ospiti – membri del Senato romano – sono reclinati davanti a lapidi d'argento personalizzate con i loro nomi. Nessuno ha toccato cibo quella sera.
Questa narrazione, però, solleva molti interrogativi. Innanzitutto gli studiosi moderni mettono in dubbio se si è trattato di un evento reale, o è stata satira storica. E cosa dice questo supposto episodio del clima politico e culturale dell'epoca?
L'invito a cena di Domiziano, l'imperatore sadico
Domiziano, figlio minore di Vespasiano e ultimo imperatore della dinastia Flavia, è spesso ricordato come un despota crudele che ama torturare le mosche, e spesso paragonato a figure come Nerone e Caligola. Tuttavia, il suo regno presenta anche luci oltre le ombre. Mentre riformava la moneta e portava avanti ambiziosi progetti edilizi, come il palazzo imperiale sul Palatino e lo stadio che oggi sorge sotto piazza Navona, il suo rapporto conflittuale con il Senato e la severità contro i dissidenti gli alienarono sostegno e simpatie. Dopo il suo assassinio nel 96 dC, i successori misero in atto la pratica della damnatio memoriae, ovvero cancellando la sua presenza "tirannica" dalla memoria pubblica con la demolizione delle sue statue e la rimozione del suo nome dalle iscrizioni in tutta Roma e nell'Impero. È in questo contesto che Cassio Dione, scrivendo più di un secolo dopo, potrebbe aver dipinto il Banchetto Nero come un episodio emblematico dell'autocrazia e del sadismo dell'imperatore, non necessariamente di una cena macabra realmente accaduta.
La moda delle cene a tema "morte"
Al di là del suo potenziale intento politico, l'episodio si inserisce in una tradizione romana di banchetti ispirati alla morte, che erano cosa comune. Decorazioni con teschi, mosaici di scheletri in festa e addirittura cene funebri simulate erano molto diffuse nell'élite romana. Questi elementi, lungi dall'essere esclusivamente macabri, rappresentavano il memento mori: promemoria filosofici della caducità della vita e dell'importanza di goderne i piaceri poi ritrovate nel Medioevo e Rinascimento. L'esempio più noto di un banchetto finto-funerario di epoca romana è il Satyricon, romanzo di Petronio sulla decadenza romana. Scritto durante il regno di Nerone (aD 54-68), il romanzo satirico racconta la storia di Trimalcione, uno sfarzoso liberto che conclude il suo banchetto giocando con una statuina di uno scheletro, dettando ciò che vorrebbe sulla sua lapide e ordinando di suonare una marcia funebre.
La descrizione del banchetto di Domiziano potrebbe quindi essere un'esagerazione di una moda consolidata. Forse l'imperatore seguiva una tradizione già in declino, portandola all'estremo con teatralità eccessiva, o addirittura con intento provocatorio verso i senatori.
Il menu del Banchetto Nero di Domiziano
Secondo Cassio Dione, le pietanze servite al Banchetto Nero imitavano le offerte rituali per i defunti: cibi semplici come pane, legumi, datteri e pesce, documentati anche nelle necropoli di Pompei. Non si trattava di pietanze straordinarie, ma di alimenti quotidiani reinterpretati in chiave simbolica. Per creare l'effetto inquietante, si sarebbe ricorso a coloranti naturali come il nero di seppia, molto utilizzato nelle ricette romane, per trasformare piatti ordinari in una visione funerea.
In un interessante articolo apparso su Gastro Obscura, l'autore Sam O'Brien, con l'aiuto dell'archeologa culinaria Farrell Monaco – per indagare sulla leggenda del Banchetto Nero dell'Imperatore Domiziano – ha realizzato un proprio macabro menu a tema. Tra le pietanze principali troviamo le Ova Ambusta, uova "carbonizzate" mediante l'utilizzo di carbone attivo, che richiamano il simbolismo della rinascita e della vita eterna; i Panes Nigri, pagnotte al nero di seppia, un omaggio ai pani ritrovati a Pompei. Seguono i Pisa in Sepia, piselli in salsa di seppia, ispirati alla cucina rustica delle popinae romane, dove legumi come fave, cicerchie e ceci erano protagonisti. Per la portata principale, i Mugiles in Sepia, ossia triglie arrostite glassate con salsa di seppia, che riprendono un'antica ricetta di Apicio e celebrano la ricchezza ittica del Mediterraneo antico. Per dessert, i Dulcia Domestica, ossia datteri farciti, preparati secondo la tradizione con l'aggiunta di pepe nero, simbolo dell'importanza degli aromi nei riti funerari romani.
Non sapremo mai se il Banchetto Nero sia stato reale o una creazione letteraria. Tuttavia, la sua eco ha attraversato i secoli, influenzando le rappresentazioni della Roma imperiale come luogo di eccessi e stravaganze, anche a tavola.