Il cuoco-panificatore che vuole cambiare la cucina dei wine bar romani: da Avanvera arriva Tommaso Carabelli

25 Nov 2024, 16:22 | a cura di
Avanvera, l'enoteca aperta da Sarah Cicolini e Mattia Bazzurri di Santo Palato, cambia la cucina con l'arrivo di un giovane cuoco che fa ben sperare

Stesso locale, nuova visione. È il cambiamento che ha deciso di apportare al suo interno Avanvera, l’enoteca aperta oltre un anno fa a Roma, in zona Appia, dagli chef Sarah Cicolini e Mattia Bazzurri, volto e mani di Santo Palato. Di quel ristorante, Avanvera doveva rappresentare lo spin-off o, su loro stessa ammissione, «il figlio» che però in quanto tale doveva per forza differenziarsi dal suo avamposto costruendo «una sua identità precisa, distinta e unica». Con l’arrivo dello chef-panificatore Tommaso Carabelli sembra averla trovata, recidendo col suo passato e diventando un wine bar slegato dalla trattoria di Piazza Tarquinia. Il nuovo menu, più agile rispetto a quello passato, è la sintesi delle esperienze di Carabelli, che prima di diventare cuoco ha imparato a fare il pane da uno dei maestri della panificazione moderna, Davide Longoni.

Da panificatore a chef

«Fondamentalmente la mia formazione principale è quella di fornaio», racconta al Gambero Rosso. «Dopo l’università di scienze gastronomiche ho lavorato con Davide Longoni e poi ho seguito l’apertura del forno di Adriano del Mastro. Successivamente, volevo dare seguito anche alla mia passione per la cucina e ho lavorato in diversi posti, tra cui Trippa. Poi sono venuto a Roma e, quando ancora facevo pane e pasta, ho lavorato per Retrobottega e Forno Conti. Ma per me è stato fondamentale l’incontro con Pablo Marinaro», fornaio e pasticcere che tra le altre ha fatto esperienza da Marigold, un mentore per Tommaso che gli ha aperto gli occhi su come semplificare un piatto, «andando a concentrarsi sull'estetica ma allo stesso tempo mai in modo manierista». Grazie a lui si sono aperte le porte della gastronomia romana avendo avuto modo di strutturarsi come chef. «Abbiamo condiviso molte esperienze lavorative e fatto eventi e popup in varie enoteche e locali di Roma. Sono riuscito a definire meglio la mia identità in cucina e ho imparato a cucinare nel modo in cui lo sto facendo ora da Avanvera. Diciamo che Pablo stato il catalizzatore di tutte le mie esperienze romane».

A propria immagine e somiglianza

Azzardare un paragone tra il menu di prima e quello attuale potrebbe però confondere le idee. «Semplicemente», afferma lo chef, «un menu di quel tipo spostava molto di più la percezione sul locale, che veniva considerato come un piccolo ristorante dove venire a mangiare. Era un’identità che Sarah e Mattia non volevano offrire fin da prima che arrivassi». Delle differenze tuttavia ci sono e balzano immediatamente all’occhio. «Più che cambiato, in realtà il menu si è alleggerito sia nel numero dei piatti sia in termini di lavoro». La protagonista principale rimane la materia prima, «da lavorare il meno possibile, unendo tre o al massimo quattro elementi, non di più». Ed è difficile che siano sempre gli stessi, visto che «la carta cambia ogni settimana o dieci giorni, in base alle disponibilità del mercato e dei nostri fornitori».

Insomma, il menu è agile, più adatto a un wine bar moderno. «Penso che il menu non assomigli a nulla, non ha un’ispirazione precisa. Quello che voluto portare è la mia idea di ciò che io stesso mangerei accanto a una bottiglia di vino, andando a prendere ispirazione da tutto quello che mi piace, senza troppa coerenze o attaccarmi a un filone preciso. C’è molta mediterraneità, si strizza un po’ l’occhio a quel che accade nel sud della Francia o della Spagna, ma anche un po’ alla nuova cucina nordica, caratterizzata da portate piccole e in un certo senso molto dirette».

Parola d'ordine: condivisione

Con il nuovo chef, Avanvera supera qualsiasi aurea di formalità e si dà spazio alla cucina vegetale: «Vogliamo sempre avere un numero uguale di portate, vegetariane e non, prediligendo verdure, formaggi e poca carne. Sono tutti piatti piccoli, a prezzi contenuti e il più possibile condivisibili».

L’elemento dello stare insieme è essenziale, ancor di più forse del trovare il vino più adatto al piatto che si ordina. «Abbiamo una cantina e non una vera e propria carta. Avendo così tante etichette, Mattia o chi si occupa del vino ritagliano un’offerta al cliente in base alla mia proposta gastronomica, andando a lavorare con la mia stessa mentalità. Più che trovare il vino perfettamente abbinato>>, conclude Tommaso, «preferiamo qualcosa che renda il tutto condivisibile, conviviale, leggero, senza però essere pretenzioso>>.

Foto di Andrea Dilorenzo

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