Larva gialla, locusta migratoria, grillo domestico e verme della farina minore: sono questi gli insetti che è possibile trovare sugli scaffali dei nostri supermercati come ingredienti di prodotti di largo consumo.
Essiccati, congelati o ridotti in polvere, gli insetti sono ormai una realtà con cui anche gli italiani dovranno fare i conti dato che il 29 dicembre 2023 sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i decreti che ne regolamenta la vendita, dando seguito a regolamenti comunitari di esecuzione vincolanti per gli Stati Membri (frutto del regolamento comunitario sui “novel food” entrato in vigore a gennaio 2018).
I decreti secondo Lollobrigida
Il ministro dell'Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste Francesco Lollobrigida, in un post sul Facebook del 4 gennaio, sottolineando che questi decreti «non liberalizzano il consumo di farine e alimenti derivanti da insetti. L'autorizzazione è avvenuta a livello europeo e vincola ogni Paese facente parte dell'Ue», si prende il merito di quelle che chiama «regole rigidissime nei confronti dei produttori, volte ad informare minuziosamente i nostri cittadini che consumano, in modo tale che chiunque voglia possa evitare facilmente di acquistare questi prodotti, o viceversa».
Concetti che ha ribadito anche durante il Question Time alla Camera del 10 gennaio in cui ha chiarito: «Il nostro Governo ha inteso garantire con regole rigide e chiare, con idonee sanzioni finalizzate al loro rispetto, esattamente la possibilità dei nostri cittadini di scegliere se utilizzare qualcosa che l'Europa autorizza e che noi, come Stato facente parte dell'Unione Europea, abbiamo il dovere di autorizzare. Abbiamo adottato quattro decreti, nel marzo 2023, che sono stati vagliati attraverso l'istruttoria obbligatoria dell'Unione europea, che non ha potuto obiettare nulla rispetto alla nostra volontà di garantire la completa informazione dei cittadini italiani». Ma quali sono le regole cui fa riferimento?
Etichettatura
I quattro decreti attuativi – firmati dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, dal ministero delle Imprese e del made in Italy e dal ministero della Salute – «prevedono che le confezioni contenenti prodotti a base di farine di insetti dovranno presentare un'etichetta chiara e ben visibile, recante le seguenti informazioni: la tipologia di insetto presente con il nome scientifico e il nome in italiano di tale insetto e se essiccato, in polvere o congelato; la quantità di insetto utilizzato e presente nel prodotto alimentare; il Paese di origine dell'insetto presente nonché informazioni relative ai rischi legati a possibili reazioni allergiche».
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, è utile sapere che il regolamento (UE) 2023/5 del 3 gennaio 2023 prescrive che l’etichetta debba indicare «possibili reazioni allergiche nei consumatori con allergie note a crostacei, molluschi e prodotti derivati e ad acari della polvere». Un elemento di cui devono tener conto sia i privati consumatori, che gli operatori dei pubblici esercizi che volessero introdurre cibi contenenti insetti segnalandoli al pari di altri allergeni. Insomma: è una materia già disciplinata, non ci sono nuove disposizioni in merito.
A proposito del nome comune degli insetti, Il Fatto Alimentare in un articolo del 13 gennaio riporta un commento di Roberto Pinton, esperto di diritto alimentare, che dice che «il decreto sul grillo domestico andato in Gazzetta ufficiale il 29/12/2013 risale al 6 aprile 2023. Per otto mesi il ministro ha sperato che per miracolo se ne potesse evitare la pubblicazione. Quindi non è per volontà del governo italiano che assieme al nome scientifico va indicato il nome in italiano. Sono i regolamenti Ue più precisamente il numero 882/2021 a stabilire l’obbligo della denominazione larva gialla della farina, 188/2022 e 5/2023 a stabilire l’obbligo di dettagliare grillo domestico, 58/2023 a stabilire quello per il verme della farina minore. Per la locusta migratoria (regolamento UE 1975/2021) il nome scientifico – che è in latino- corrisponde al nome italiano e non serve traduzione. Il governo italiano non poteva fare altrimenti l’obbligo deriva dai regolamenti, gerarchicamente superiori ai decreti di Lollobrigida, Urso e Schillaci. Per questo quanto ha precisato il ministro Lollobrigida è quanto meno impreciso».
La vendita
Oltre all'etichettatura, Lollobrigida spinge per normare anche la vendita. «Al fine di evitare commistioni con altri alimenti, il Governo italiano ha deciso di regolamentare la vendita, prevedendo la commercializzazione in comparti separati, appositamente dedicati e segnalati mediante specifica cartellonistica. Le nostre forze dell'ordine, l'Ispettorato del controllo qualità repressione frodi, verificheranno l'attuazione di queste misure a salvaguardia di quello che viene definito consumatore. Riteniamo che gli esseri umani, i cittadini, siano anche consumatori, ma abbiano capacità di discernere, di scegliere e dobbiamo metterli in condizione di farlo».
Il concetto è garantire la possibilità di non consumare alimenti contenenti insetti. Ipotesi alquanto improbabile, e non solo perché non esiste l'obbligo di mangiare un alimento in Italia - nessuno che forzi a ingerire un cibo insomma - ma anche perché il consumo involontario è quanto mai improbabile, quanto l'inserimento coatto di queste ingredienti negli alimenti. E questo per il semplice fatto che attualmente sono costosi, molto di più delle materie prime che potrebbero sostituire. Improbabile quindi che qualcuno decida di impiegarle nella produzione di alimenti senza informare a gran voce i consumatori.
Cosa ne resta della battaglia intentata da Lollobrigida&co in questi mesi? Poco o niente, a ben leggere il Question Time in cui tiene a specificare che «gli insetti sono degli elementi naturali presenti nell'alimentazione di altre popolazioni ma noi non li abbiamo tra gli elementi principali della nostra dieta e ritengo non mettano in pericolo il nostro modello». Non perde occasione per spostare l'attenzione su un altro fronte della battaglia: «A differenza dei fast food delle carni coltivate, non abbiamo né provato né inteso vietarli, come invece abbiamo fatto con prodotti, a nostro avviso, potenzialmente rischiosi». Ovviamente fino a che l'Europa non li autorizzerà obbligando anche l'Italia ad adeguarsi alle norme comunitarie.