ano produttori di successo, come ad esempio Mick Hucknall, il rosso dei Simply Red che ha vigne e cantine in Sicilia, alle pendici dell’Etna.
Ma davvero Gianna Nannini non si sente l’ennesimo vip che arriva in questo mondo?
Non mi interessa leggere la faccenda da questo punto di vista, non ci tengo che la mia azienda sia identificata col mio personaggio pubblico. In questa impresa non sono io l’artista, ma lo sono le persone che lavorano tutti i giorni in campagna, e infine lo sono i vini stessi. Per me questo mondo non è certo una moda.
Ma allora, come ci sei arrivata?
Il vino è parte integrante di me, ce l’ho nell’anima. Sono nata e cresciuta in campagna; quando sento un vino non posso fare a meno di ricollegare i suoi profumi a quelli della mia infanzia. Considero questa mia impresa un atto d’amore, di rispetto e di ritorno all’ambiente che stiamo lacerando in maniera assurda. Avevo bisogno di Toscana, di tornare alla terra.
E questo è rock?
Non lo so. Da giovane respiravo questa terra, oggi ho deciso di tornarci comprando un podere. Si chiama Certosa di Belriguardo (www.certosadibelriguardo.com, ndr), vicino Siena. Settantacinque ettari in tutto, di cui otto coltivati a vite, in un luogo fantastico dove si produceva vino già nel ’500. Il fatto è che, a un certo punto della mia vita, ho sentito la necessità di rallentare: la campagna mi è sembrata la strada giusta per farlo.
Dunque i tuoi vini sono slow?
Questo no, almeno non direi. Mi pare invece che siano stravaganti come me, decisamente rock.
E allora raccontiamoli, questi vini. Hai cominciato da poco ma sembra che tu abbia già le idee piuttosto chiare, anche dal punto di vista tecnico.
Intanto ti dico che la 2006, l’annata attualmente in commercio, è senz’altro anche quella meglio riuscita. Almeno finora. I vini, si diceva. Intanto c’è Baccano, sicuramente il più insolito e spiritoso: sangiovese con tocchi di merlot e syrah. Poi il Chiostro di Venere, cabernet sauvignon in prevalenza con quota di sangiovese, e il Rosso di Clausura, la cui produzione è testimoniata alla Certosa sin dalla fine del Cinquecento, che punta tutto sull’eleganza del sangiovese, con la sola aggiunta di un po’ di merlot. E infine il Sulcus, l’ultimo nato che è un classico Vin Santo del Chianti, uno dei vini base della cultura toscana.
A proposito di ricordi… Mi pare che il sangiovese sia una colonna portante dei tuoi vini. Identità a parte, quali sono i tuoi gusti personali? Voglio dire, se ti capita di bere un buon bicchiere dove cade la tua preferenza?
Il sangiovese è tutto per noi toscani, è la nostra vigna autoctona. Poi amo molto i Pinot Noir della Borgogna, dei rossi straordinariamente eleganti. Ma se devo dire un’etichetta allora è il Tignanello Antinori. Non è un caso che proprio Renzo Cotarella, il suo artefice, sia anche l’amico che ci dà una mano per realizzare i vini della tenuta.
Un’ultima domanda sulla tua anima gourmet. Il tuo lavoro ti porta in giro per il mondo e immagino che assaggerai un sacco di cucine diverse. Qualche preferenza particolare?
In realtà il mio stomaco è piuttosto delicato, dunque cerco di mangiare cibi sani e quanto più possibile naturali. Per esempio odio l’aglio: trovo che il suo sapore uccida il gusto del cibo. Se poi devo esprimere una preferenza, beh, ecco, dico senza esitazione che la mia cucina del cuore è quella pugliese.
Intervista di Antonio Boco
Le poesie di Gianna Nannini
Dedicato al vino
“Il profumo del vino/ è l’odore della terra in cui nasco/ e rinasco ogni volta che ci torno/ Il sapore del vino/ mi accompagna e non mi lascia/ fa parte della vita come il respiro/ mi fa cantare l’anima/ mi fa sentire vicino alla gente/ mi fa amare più forte/. Il vino è nella radice del mio corpo / in movimento / è la sorgente delle note / che si aggrappano alla melodia / è l’ebbrezza che / ti fa sentire di dove sei / in mezzo ai campo di ogni paese /. È vino quello che è vivo/”.
Un tempo che corre senza il mondo
Un mondo che corre di continuo e non lascia il tempo per pensare/. Un tempo che tutto travolge fino alla impossibilità di sostenerlo/. Il tempo che non ho, lo dedico alla terra, alla mia terra /
in cui sono nata/. C’è in me, e credo che ci debba essere in noi tutti nella nostra quotidianità,/
il sentire questa necessità di ristabilire un contatto con la terra, con la natura./ Penso a quando ero bambina che sono cresciuta coi contadini/
quei contadini che lavoravano la terra, rispettandola e assecondandone i ritmi./ Questa madre terra è di tutti./ Io amo la terra per salvarla dall’abbandono./
Ho sentito la voglia il desiderio di diventare /
io stessa madre della mia terra /
per rapportarmi alla natura e perché la terrà
è in pericolo/ lo sfruttamento senza freni della terra/
rischia di schiacciare il mondo, / solo per divenire la legge del profitto.
maggio 2010