Voci dal master. Annie Féolde: vi racconto l’Enoteca Pinchiorri

31 Ott 2016, 15:37 | a cura di

Il compito di oggi degli allievi del Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico del Gambero Rosso è intervistare un Tre Forchette della guida Ristoranti d'Italia 2017 del Gambero Rosso: la scelta è caduta su Annie Féolde dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze. 

Come cibo e vino, Annie Féolde e Giorgio Pinchiorri rappresentano un binomio indissolubile nell'olimpo dell’universo enogastronomico. La loro collaborazione è storica e incarna un'intesa tra le più salde e valide nel panorama ristorativo internazionale. Simbolo di eleganza senza tempo, epicentro della cultura del vino in Italia: Enoteca Pinchiorri è uno degli indirizzi più prestigiosi al mondo, e oggi torna a conquistare le Tre Forchette della guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso. Abbiamo intervistato Annie Féolde, la patron e creatrice di una cucina, ora in mano a Riccardo Monco, che ha incarnato uno stile classico in comunione perfetta con la magnifica cantina del locale di via Ghibellina a Firenze.

 

 

Gli inizi, tra intuito e intesa

 

Partiamo dal principio, quali sono stati i primi passi che ha mosso all’interno dell’Enoteca Pinchiorri?

Possiamo dire che ho iniziato a cucinare sin dal principio pensando al vino. Avevo capito che era necessario offrire dei piatti ai nostri clienti. Nei primi periodi dell’Enoteca, infatti, mio marito serviva solo vino, del vino di gran classe e in una maniera particolare che piaceva molto alla gente, particolare perché era capace di aprire qualsiasi bottiglia anche per un solo bicchiere, cosa che non si era mai vista prima. Le persone che venivano da noi erano entusiaste poiché lui riusciva a spiegare tutto, le lasciava stupefatte e le rendeva sempre più interessate al mondo del vino.

 

Quindi è osservando Giorgio, suo marito, che ha intuito la necessità di un servizio di cucina abbinato ai vini?

Io lo guardavo, capivo che di per sé era già tutto bellissimo, però mi sembrava che mancasse qualche cosa. Non c’era una cucina nel nostro locale, così ho deciso di crearla io, ho preso il corridoio che rimaneva dietro al bar, l’ho trasformato e da lì ho iniziato a lavorare. Per me è stato un modo di aiutare il lavoro di Giorgio, perché mi rendevo conto della vera necessità, in quel momento, di combinare cibo e vino per chi veniva da noi.

 

Durante il periodo iniziale, dopo aver creato lo spazio per la cucina, come ha fatto a scegliere i piatti da abbinare ai prestigiosi vini della vostra cantina?

Mi sono fatta aiutare da Giorgio, perché c’erano dei vini che io non conoscevo abbastanza. Abbiamo creato un bel duo, spesso andando a tentativi, quello che preparavo io in cucina poteva andare bene con un vino, o viceversa si costruiva il piatto partendo dalla cantina. Io avevo ovviamente delle preferenze in quello che cucinavo, sia per quelle materie prime che già conoscevo ma anche per tutte quelle novità che stavo scoprendo. Poi, insieme, attraverso una collaborazione continua riuscivamo a ottenere il risultato voluto.

 

L’abbinamento come rituale tradizionale

 

Abbiamo parlato di duo e di collaborazione: il cibo e il vino, a parer suo, si potrebbero definire una coppia?

È importantissimo sottolineare che il vino non si può facilmente bere da solo, quindi è necessario parlare di cibo legato al vino e viceversa. Dobbiamo ricordarci sempre che quella dell’accompagnamento della pietanza con il vino è prima di tutto una tradizione molto importante sia italiana che francese, e a questo concetto io tengo moltissimo.

 

Secondo lei quindi e il legame tra il cibo e la bevanda è imprescindibile dalla tradizione locale?

C’è una ragione ben precisa per il rapporto che esiste tra vino e cucina in Italia, stessa ragione per cui in Germania si beve molta più birra e hanno una cucina differente. Ad esempio nel periodo in cui eravamo in Giappone, amavo in modo particolare il vino bianco e cercavo di berlo anche lì, ma l’abbinamento in sé non andava mai abbastanza bene. Solo dopo anni di assaggi di sake, ho imparato e ho capito che cosa volesse dire. Il sake in Giappone è come il vino da noi, ne esistono di moltissime tipologie a seconda della produzione e dei differenti metodi, solo che noi inizialmente non riusciamo a comprenderne l’immensa grandezza.

 

Il vino ha mantenuto negli anni lo spazio spazio principe che aveva sin dal principio nel vostro ristorante. Ad oggi il cliente come si comporta: sceglie prima il menù o il vino?

Dipende dal cliente. Ci sono clienti che chiedono di fare una cena stupenda con determinati vini, così sta a noi scegliere i piatti che meglio si abbinano. Al contrario c’è chi decide cosa mangiare e si affida a noi per la scelta del miglior vino da accostare al piatto.

 

Uno sguardo al passato e uno al futuro

 

Tornando a parlare del passato, come è nata l’idea di portare in Giappone un pezzo di Enoteca Pinchiorri?

Il primo contatto è avvenuto telefonicamente con la moglie di un dipendente di una grande azienda Giapponese che viveva tra Tokyo e Parigi. Parlai con questa signora in francese e lei mi spiegò l’intenzione di questa società di collaborare con noi. La proposta effettivamente era molto interessante, così ci siamo incontrati e abbiamo iniziato via via la collaborazione. Abbiamo accettato perché ci è sembrato un modo per far conoscere, anche in Giappone, la nostra cucina di qualità Italiana. Infatti visitando differenti ristoranti Italiani a Tokyo all’epoca, avevamo notato che non rispecchiavano la vera cucina italiana, bensì era un cocktail di quello che gli chef giapponesi venuti in Europa a imparare avevano poi riportato sulle loro tavole. Abbiamo capito che c’era lo spazio per noi e non ci siamo fatti scappare la sfida.

 

Parlando del futuro invece, cosa può dirci della nuova associazione per la valorizzazione della cucina italiana Gli ambasciatori del Gusto?

È un progetto molto interessante, noi ambasciatori siamo chiamati a parlare insieme di cucina, dei nostri problemi e delle nostre soddisfazioni. Ancora una volta sarà un modo per poter riparlare della cultura gastronomica e della valorizzazione della cucina.

 

Impossibile non citare il forte legame con la Francia. Lei pensa che il riconoscimento della prima stella Michelin sia arrivato così velocemente anche grazie al vostro stile francese e alla presenza di una cantina così fornita?

Io non voglio mai parlare della Francia quando sono qui, perché sono in Italia e ho da sempre apprezzato i prodotti italiani e non voglio assolutamente copiare dalla Francia. Dato che sono francese non mi si considera come una persona capace di pensare all’italiana, invece per me è possibile farlo. Certo, non sto dicendo di poter comprendere e conoscere tutte le cucine del mondo intero, perché non ho questa grandezza.

 

Lei infatti ha deciso di restare e continuare la sua vita qui in Italia, ma all’epoca non avete pensato di aprire un locale in Francia invece che, ad esempio, iniziare l’avventura in Giappone?

Quando abbiamo deciso di aprire il locale in Giappone, circa quarantacinque anni fa, l’Italia non era considerata né per la cucina, né per gli ingredienti, né per i vini. Quindi non avremmo potuto avviare un progetto simile in Francia perché sarebbe stato sicuramente un fallimento.

 

Per quale motivo?

Cito un esempio che può spiegare in maniera chiara la situazione a quel tempo. Dopo qualche anno che avevamo iniziato con l’Enoteca avevamo fatto amicizia con grandi chef tre stelle, come Troisgros, Bocuse e Chapelle e una volta abbiamo provato a spedirgli diverse bottiglie di vino italiano da provare. Alcuni non ci hanno neppure risposto, mentre altri ci hanno risposto ringraziando ma dicendo che non era il momento giusto e che non sarebbero stati in grado di venderlo. Adesso tutto è cambiato, vendono il vino italiano e sono loro, i francesi, a venire in Italia a copiare lo stile e gli ingredienti, anche la pasta. Non è un fatto così grave, ma che almeno riuscissero a farla bene la pasta.

 

Enoteca Pinchiorri | Firenze | via Ghibellina | tel. 055 242757 | http://enotecapinchiorri.it/

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a cura di Sofia Cavassa

 

prova del Master in Comunicazione e Giornalismo Enogastronomico del Gambero Rosso

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