Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca

1 Set 2015, 17:00 | a cura di

Un'attività che nasce a fine '700, come bottega di merci varie, e che solo 100 anni dopo viene dedicata alla tostatura del caffè. Selezionato e tostato, ma anche spiegato e fatto conoscere ad addetti ai lavori e non solo. È Bontadi di Rovereto, e noi abbiamo con il titolare, Stefano Andreis.

Come nasce l’attività?

Bontadi è un marchio storico: nasce a opera di Carlo Bontadi nel 1790. All'epoca era una bottega che trattava diversi generi di prodotti, tra cui il caffè, che allora era una merce rara e molto costosa. Veniva venduto crudo e poi veniva cotto a casa, come si faceva per il caffè d'orzo. Dopo più o meno 100 anni, intorno al 1890, l'attività cambia un pochino rotta e si inserisce nel mercato del caffè.

 

Da quali paesi acquistate la materia prima?

Sud America, Africa, India.

 

La vostra attività esporta anche all'estero?

Si, in Europa e Sud America

 

Veniamo ai prodotti. Solo monorigine o anche blend?

Abbiamo monorigine, blend, biologici e decaffeinati.

 

Qual è la differenza fra il prodotto bio e il convenzionale?

Il nostro caffè bio ha un retrogusto di cioccolato e liquirizia, una sfumatura che non è così evidente rispetto al tradizionale, soprattutto dopo la tostatura. Al gusto le differenze non sono molto evidenti.

 

Lavorate anche il decaffeinato?

Si. Arriva già decaffeinato in grani. È decaffeinato ad acqua, quindi con un metodo naturale.

 

È stato a Expo? Cosa ne pensa della comunicazione sul caffè?

Ci sono stato. Mi aspettavo qualcosa in più sui paesi produttori del caffè.

 

Cosa ne pensa delle caffetterie all’estero?

Noi pensiamo il caffè sia esclusivamente italiano e su questo argomento c’è un tacito consenso. Invece all’estero lavorano molto bene, non hanno così tanto da imparare da noi ormai. Fanno un espresso quasi invidiabile. E poi stanno avanti anche in fatto di manifestazioni e fiere, che a livello mondiale hanno superato le nostre. Trieste, l’unica in Italia a fare qualcosa, in confronto è poca cosa.

 

Cosa dobbiamo imparare noi da loro?

A fare formazione. Nel mercato della bassa e alta Europa i clienti sono molto informati sul caffè di qualità.

 

Voi cosa fate per far conoscere il caffè?

Organizziamo corsi di degustazione per addetti ai lavori e non solo. Ma vogliamo andare oltre e far capire l'importanza di una corretta informazione, anche in questo settore. Per questo stiamo lavorando a un Museo del Caffè che aprirà fra qualche settimana nella nostra torrefazione, che si trova nel centro storico di Rovereto. Si tratterà di un percorso interattivo che illustra diversi aspetti di questo prodotto. Alla fine della visita verrà rilasciato un certificato.

 

Quale è il ruolo della formazione del consumatore medio e del barista?

Bisogna formare consumatori e baristi e sul caffè di qualità. Il mio progetto è di creare e diffondere nei locali un vero e proprio menu del caffè. Un espresso di qualità differenzia da uno industriale e di scarso valore per le proprietà organolettiche.

 

La qualità quanto incide sul prezzo?

Il problema è la mancanza consapevolezza, non il costo. Un caffè di buona qualità costa attorno ai 20/30 euro al kg. Con questa spesa, io ricavo 142 tazzine, quindi 142 euro. Nei bar generalmente il primo e secondo caffè del giorno vengono buttati via. Poi consideriamo che a volte i clienti possono chiedere di rifarlo, più o meno 4/5 caffè al giorno vengono buttati. A me questo non succede, non spreco mai il prodotto. Il primo caffè della giornata deve essere buono come l’ultimo. Se tutte le manutenzioni vengono fatte bene, il prodotto è di qualità dall’inizio alla fine, senza sprecarne un solo grammo di polvere. C’è molta ignoranza sulla manutenzione dei macchinari.

 

Quindi è una falsa leggenda quella del primo caffè che va buttato?

Nei bar sì. A casa, no, perché una moka appena acquistata deve perdere l’odore di nuovo.

 

Parlava di manutenzione. Quali sono gli altri punti deboli dei bar?

La scarsa o errata igiene dei macchinari e poi la macinatura. Il macinino va pulito tutti i giorni perché il caffè è oleoso e rilascia sostanze che possono irrancidire e rovinare la macchina. Il chicco di caffè crudo è racchiuso in una sorta di doppia pellicola. La parte esterna viene rotta durante la macinatura, la seconda, che è quella che contiene gli oli, viene rotta durante la tostatura. Da questo momento, quindi dopo la tostatura, il caffè inizia a perdere le sue proprietà organolettiche. Bisogna essere dei tostatori attenti e scrupolosi. E poi bisogna fare molta attenzione alla conservazione, anche a casa.

 

Per quanto si conserva?

Si deve conservare il caffè in un barattolo ermetico. Nel frigo bisogna tenerne la quantità necessaria per il consumo settimanale. Il resto può andare nel freezer, sempre chiuso in un barattolo ermetico. Così si conserva fino a un mese.

 

Quali sono gli errori più comuni commessi a casa?

Si pressa troppo il caffè nella moka e il livello dell’acqua non è mai quello giusto.

 

Per quanto riguarda la ristorazione, invece?

I ristoratori in genere danno poca importanza al caffè, perché pensano che, visto che il loro locale non è un bar ma un ristorante, non sia importante come il cibo. Ma è un errore, anche perché è il caffè l’ultimo ricordo di un pasto. Nel caffè di qualità c’è caffeina, oli essenziali e proprietà organolettiche. In uno di bassa qualità sono grassi, è oleoso e poco digeribile. Uno chef attento alle materie prime non può ignorare questo aspetto. L’estrazione corretta dà un caffè di qualità, ma poi torniamo al discorso di prima, perché tutto risale alla macinatura e tostatura.

 

Quale è la sua posizione rispetto al mondo delle competizioni di caffetteria?

Sono molto scettico al riguardo. Ho seguito e seguo le competizioni, in ogni luogo si trova il migliore, in ogni paese c'è un campione. Ma sono una cosa di minore conto rispetto a tutto il lavoro di una torrefazione.

 

Bontadi | Rovereto (TN) Italy | vicolo del Messaggero, 10 | tel. 0464.421110| http://www.bontadi.it/

 

a cura di Michela Becchi

 

Nel prossimo articolo, intervista a Spinnato di Palermo

 

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