È stata quell'esperienza a Portorico, durante la prima edizione di Barista & Farmer, a suscitare in Edoardo Quarta un interesse per il caffè di qualità. “Sono cresciuto giocando sui sacchi di caffè, fra profumi e aromi inebrianti”, ma è solo nel 2013 che sceglie di percorrere la strada della torrefazione artigianale.
Come hai iniziato a lavorare in questo settore?
Si tratta di un'attività di famiglia, iniziata dal mio bisnonno. Fino a qualche anno fa, credevo di voler fare lo chef, e per questo ho lavorato in diverse cucine, dal Robuchon di Parigi al Four Seasons di Milano, ma dopo poco tempo sono tornato nell'azienda di famiglia, Quarta Caffè. Esattamente 3 anni fa, pochi mesi prima dell'edizione zero di Barista & Farmer – la manifestazione che porta torrefattori e baristi direttamente nelle piantagioni – alla quale decisi di prendere parte. Dopo quell'esperienza mi sono innamorato del caffè e ho capito di voler approfondire l'argomento. Sono perfezionista per natura, e ho iniziato a seguire diversi corsi per migliorare la mia tecnica e ampliare le mie conoscenze. Ho frequentato le lezioni di tostatura di Patrick O' Malley e Tracy Allen, membri SCAA (Specialty Coffee Association of America) e ho studiato tanto anche il caffè crudo e l'analisi sensoriale della bevanda.
E adesso lavori ancora nella torrefazione di famiglia?
Sì, ma sono riuscito ad allestire un mio reparto all'interno dell'azienda, una sorta di laboratorio di ricerca e sviluppo sul caffè. Ho anche creato un mio marchio, Edo Quarta Specialty Coffee, che rappresenta esattamente il mio modo di concepire il caffè.
E come si distingue dal caffè della tua famiglia?
Il Quarta Caffè è un buon prodotto commerciale di qualità, mentre l'Edo Quarta Specialty Coffee è un caffè di ricerca, artigianale, che segue gli standard e i parametri internazionali dei caffè specialty.
Che caffè utilizzi?
Solo ed esclusivamente arabica, e naturalmente compro solo chicchi specialty. Sono molto severo e intransigente sul caffè crudo: non acquisto caffè che non abbiano raggiunto un punteggio minimo di 86/100. Riconosco di essere molto esigente, ma solo in questo modo si può veramente ottenere un prodotto di qualità. Bisogna tenere sotto controllo tutte le fasi di lavorazione, dal crudo al confezionamento. Inoltre, i miei caffè sono tutti monorigine.
Perché non fai i blend?
Li faccio, ma su richiesta. Credo che sia più interessante creare la miscela a seconda dei gusti del cliente; è pressoché impossibile farne una che si adatti al palato di ognuno! E poi ogni caffè ha una sua identità e va valorizzata al massimo, quindi, per farla breve, se non ho a che fare con un caffè d'eccellenza (dai 90 punti in su), non miscelo.
Quanti tipi di tostatura fai?
Faccio 2 diverse tostature, una per il caffè filtro e una per l'espresso. A livello di colore in realtà sono molto simili fra di loro, quello che cambia è il modo in cui il chicco va ad asciugarsi all'interno del tamburo (strumento che aiuta a mantenere costante la temperatura di tostatura). Il caffè cambia a seconda della durata della curva di tostatura: più lunghi sono i tempi di tostatura, più il chicco viene asciugato.
A te quale metodo di estrazione piace di più?
Mi piacciono molto la french press e l'aeropress perché sono due strumenti con i quali si può ottenere un bel risultato senza avere necessariamente una grande tecnica. Per il v60, il chemex e altri metodi di estrazione invece serve una preparazione molto più attenta. Per questo io dico sempre che bisogna mantenere distinti tutti i campi del caffè: ci sono gli esperti di tostatura, i professionisti di caffè crudo, di analisi sensoriale e poi i grandi baristi. L'unica eccezione che conferma la regola è Rubens Gardelli, bravissimo nella tostatura e nel brewing.
Veniamo alle gare. Intanto, raccontaci del campionato italiano che il tuo team ha vinto
Dunque, nel team ufficiale siamo io, Vito Spagnolo e Angelo Segoni. Io e Vito curiamo in particolare tutto il discorso inerente alla tostatura e all'assaggio, seguiti da Tracy Allen, mentre Angelo si occupa della parte di preparazione del caffè. È iniziato tutto nel 2013, durante la prima edizione di Barista & Farmer; in quell'occasione Angelo mi chiese aiuto per le gare e da lì abbiamo cominciato questa collaborazione. Durante i campionati nazionali, è stato con noi anche Dario Fociani, che ci ha dato una gran mano.
Come vi state preparando per i mondiali di giugno?
Ci sono tanti aspetti da curare per le gare, dalla scelta del crudo alla mise en place, dagli strumenti utilizzati alla presentazione. Bisogna fare molta attenzione ai dettagli per stupire la giuria con qualcosa di originale e diverso. Per esempio, pensiamo di utilizzare 3 acque diverse. Per l'espresso, abbiamo scelto l'Iceberg, l'acqua più pura al mondo che nasce dai ghiacciai distaccati naturalmente dalla banchisa artica canadese, e che vengono traghettati fino a Terranova, dove sono sciolti e imbottigliati. Per la bevanda a base di caffè e latte, un'acqua inglese, l'Elsenham, proveniente da un pozzo artesiano molto profondo; infine per il signature drink, ovvero un cocktail a base di caffè, andremo a utilizzare l'acqua polacca Perlage, chiamata così per il metodo speciale di saturazione con anidride carbonica naturale, che libera lentamente le bollicine (molto piccole) e rende il gusto dell'acqua ancora più delicato.
E il caffè?
Stiamo assaggiando i vari caffè selezionati per la gara. Stiamo valutando attentamente il caffè El Salvador, ma ancora non siamo sicuri al 100%. Durante i mondiali si possono utilizzare anche 2 (ma non oltre) caffè diversi ma questo è un passo molto rischioso perché richiede due diversi macinini.
Come ti senti rispetto a questa competizione?
Non stiamo gareggiando per partecipare, ma per vedere dei risultati. Non pretendo di vincere, però vorrei arrivare in finale.
In quale campo ti piacerebbe gareggiare?
Vorrei partecipare alle competizioni di roasting (tostatura). Magari fra qualche anno...
Insegni o ti piacerebbe insegnare a tostare?
Ancora non me la sento di insegnare a tostare, ma mi piacerebbe approfondire l'aspetto dell'analisi sensoriale e magari un giorno occuparmi di formazione all'assaggio. Attualmente non sono un Trainer Autorizzato SCAE (AST), al contrario di Angelo, ma conto di diventarlo al più presto.
Hai mai organizzato corsi di assaggio per i consumatori?
Sì, non proprio dei corsi, ma dei confronti, in particolare durante qualche evento organizzato. Una tazzina di caffè ha dietro di sé una lunga storia ed è difficile raccontare l'intera filiera di un prodotto così spesso dato per scontato. Quello che faccio con i consumatori è cercare di rompere il ghiaccio con qualcosa di conosciuto per arrivare a parlare anche del resto. Per esempio, non inizio mai spiegando metodi di estrazione e simili, ma comincio a scardinare un po' di luoghi comuni sulla moka, oggetto familiare a tutti.
Come ti senti rispetto all'apertura di Starbucks in Italia?
Sono felice perché credo sia un'opportunità per far avvicinare il consumatore italiano al caffè filtro. L'apertura di Starbucks è una sorta di pubblicità gratuita per tutti quelli che, come me e tanti miei colleghi, si battono per introdurre un nuovo concetto di caffetteria, che non sia esclusivamente incentrata sull'espresso.
Quali caffetterie estere ci consigli?
Il Workshop Coffee, l'Ozone Coffee Roasters e il Nude Espresso, tutte e tre a Londra.
Progetti futuri?
A breve sarà pronto il reparto di e-commerce, che partirà insieme a una nuova versione del sito, tra circa un mese.
Non ti piacerebbe aprire un tuo locale da qualche altra parte?
Sì, è un qualcosa a cui penso da un po' di tempo. Ho in mente un locale che coniughi alta cucina e caffè specialty, e mi piacerebbe aprirlo in una grande città come Roma o Milano.
a cura di Michela Becchi
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