Potrebbe bastare questo patrimonio messo in comune a giustificare il progetto che ha portato le due griffe a realizzare uno speciale piatto da collezione, Geni di Luce, prodotto in edizione limitata a Sesto Fiorentino negli Stabilimenti Richard Ginori 1735, leader italiano della produzione di porcellane per la tavola e di porcellane artistiche.
Una nuova opera, ispirata a un disegno degli anni Trenta, che si affianca a quelle che già fanno parte del progetto Casa di Luce messo in piedi tre anni fa dalla casa vinicola fiorentina e che ha portato a sposare il vino a una serie di oggetti del design, dell’artigianato e della gastronomia italiana ispirati dalla stessa filosofia votata all’eccellenza. Il Luce, da uve di Sangiovese e Merlot, nasce nell’azienda di Montalcino dai 55 ettari di vigneti sui 192 aziendali.
Negli anni passati, grazie al progetto Casa di Luce, sono nati il decanter soffiato a Murano da Carlo Moretti nel 2009, il formaggio affinato da Hansi Baumgartner nel 2010 e la lampada disegnata lo scorso anno da Alexander Bellman per Viabizzuno.
La nuova opera - un piatto che simula il gretto del terriccio ispirandosi al tema della terra che accomuna vino e porcellane - è stata presentata ieri al Museo Richard Ginori della manifattura di Doccia, adiacente allo stabilimento, che raccoglie la produzione della manifattura dalla sua fondazione. La sua collezione di porcellane è valutata tra i 40 e i 50 milioni di euro, uno dei tanti tesori mai abbastanza valorizzati del nostro Paese. Non c’è famiglia reale che non abbia in dote un servizio Richard Ginori (a cominciare dal King Collection per la Casa Savoia del 1933) e non si contano le personalità (non ultimo in ordine di tempo l’aretino Maurizio Bertelli, ovvero il signor Prada) che non si siano fatti realizzare su esclusivo disegno servizi personalizzati. E in quante case degli italiani non c’è il famoso servizio Vecchio Ginori, una delle icone più copiate al mondo, regalo per definizione dei matrimoni borghesi, con il piatto bianco caratterizzato dal classico intreccio a paniere? Tipico decoro della seconda metà del Settecento, il piatto fu infatti prodotto nel 1738 tre anni dopo la nascita dell’azienda.
Una storia gloriosa finita purtroppo qualche giorno fa con la messa in liquidazione dell’azienda (arriveranno ora i cinesi, maestri nella porcellana, a comprarsela?), sulla quale gravano 30 milioni di Euro di debiti e che dovrà necessariamente essere sottoposta a una formidabile ristrutturazione.
Doppiamente meritevole, dunque, l’iniziativa dei Frescobaldi di accendere un po’ di Luce su una tradizione artigianale prestigiosissima (basta vedere l’arte degli operai al lavoro nell’applicare le decorazioni o nel filettare piatti e tazze per rendersi conto di quanto savoir faire custodiscano le loro mani) oggi più che mai in pericolo.
L’azienda Marchesi de’ Frescobaldi è invece e per fortuna azienda solidissima che esporta i suoi vini in 75 nazioni. Tra i suoi marchi, l’azienda di Montalcino Luce della Vite è stata fondata nel 1993 grazie alla partnership tra Vittorio Frescobaldi e Robert Mondavi, uscito però nel 2006. La verticale del Luce con quattro annate in degustazione (1995, 1999, 2004, 2006) ha messo in evidenza proprio l’ottima longevità e freschezza delle prime annate a dispetto di qualche scetticismo di troppo sulla futura evoluzione del vino.
Maria Consolo
15/05/2012