È, forse, il più famoso tra i Marchesi boys, quello più mediatico, ammirato, pop. Che spesso e volentieri significa anche criticato. Per ogni cosa: i molti libri, la famosa copertina di GQ, i recenti risultati della guida Michelin, la pizza, la pubblicità delle patatine, il matrimonio mondano, l'aglio nell'amatriciana, il lavoro sulla pasta e sui risotti. Sì, qualche passaggio non proprio ortodosso forse c'è stato, ma poco che avesse a che fare con la sua cucina, che da una ventina d'anni è tra le più importanti d'Italia. Da quell'indirizzo langhetto, quando ancora era misconosciuto, ma sempre dopo l'esperienza all'Albereta, per la cui apertura l'aveva richiamato il Maestro, dopo Pinchiorri e gli importanti riconoscimenti all'Enoteca. Un curriculum di rango (e stiamo solo agli anni '90) che ancora, però, non lo consacrava al grande pubblico. Per quello sono stati necessari la tv e l'ingresso nello star system. Carlo Cracco è uno dei grandi nomi della cucina nostrana. E, se pure negli anni passati qualche (fisiologica) flessione l'abbiamo riscontrata, ora è tornato più in forma che mai, con il nuovo faraonico progetto in Galleria che lo porta di nuovo nell'Olimpo della ristorazione italiana. Per noi, Carlo Cracco è il nuovo Tre Forchette della Guida Milano 2019 del Gambero Rosso.
Con Gualtiero Marchesi
Gli inizi: il Piemonte e l'arrivo di Ferran
“Per fare questo racconto parto da Le Clivie, la mia prima apertura da solo, in Piemonte, quando in Piemonte non era mica facile”. In precedenza era stato già da Marchesi e Pinchiorri, “passare da un Tre Stelle a una locanda ti dà la misura della realtà in cui vivi” spiega “e ti fa capire che a volte bisogna resettare tutto e partire da zero”. È stato un periodo di transizione. “Ricordo che un giorno, era il '97 o '98, viene a mangiare da noi uno chef, ce lo presenta Bob Noto, tutti lo indicano come il futuro, quello che farà sentire la sua influenza nel mondo”. Era Ferran Adrià: già si parlava di lui, ma pochi lo conoscevano davvero.“Ma noi, anche se eravamo una locanda, guardavamo oltre i nostri confini e quelli della nostra cucina”.
RIsotto con con acciughe, limone e cacao
Milano anni Duemila
Poi c'è stato il salto a Milano, nei primi anni 2000. A quei tempi lì c'erano solo Aimo e Nadia, Sadler, e pochi altri “Mi dicevano tutti che Milano non era il posto giusto, perché mangiare bene non interessava a nessuno”. A Cracco però interessava quella sfida: fare cucina contemporanea all'interno di una realtà storica e forte come Peck, legare creatività al prodotto. Nasce Cracco Peck. Sono anni liberi, nei quali Adrià conferma le previsioni: è il cuoco più famoso al mondo e il suo lavoro rivoluziona le cucine in ogni luogo. “Per noi è sempre stato un riferimento, e anche se quella non era la nostra cucina rimaneva una fonte di ispirazione”. Sono anni di crescita complessiva: l'esordio di Identità Golose, e la rivoluzione di una generazione di nuovi chef “un cambiamento epocale” dice, snocciolando i nomi: “Fulvio era un nostro capo generale, poi c'erano Davide Scabin, Massimo, Moreno, Uliassi, Ciccio Sultano che è uno che ha sempre seguito la sua linea” continua “senza dimenticare la vecchia guardia: il Pescatore, l'Enoteca e gli altri grandi”. Insomma. da una parte grande rispetto dall'altra grande fermento. È l'epoca del lavoro sul tuorlo (che marinato con zucchero e purea di fagioli diventa trasparente e malleabile al punto da poterlo lavorare come una pasta fresca, senza farina), del musetto di maiale (con pomodoro verde e scampi), dei primi abbinamenti ricci di mare e caffè, di un risotto storico come quello con acciughe, limone e cacao. Tutta la parte legata al mondo delle uova che ancora oggi è molto attuale. Qualcosa c'è ancora oggi anche se molto trasformata. “La creatività non è solo inventare ma anche rinnovare e riscoprire”. Quel primo periodo è stato fondamentale, con il grande fermento della creatività diffusa.
Crema all'olio
Fuori da Peck
Nel 2007 Cracco compra il ristorante, perché di lì a poco avrebbero venduto Peck “volevo rimanere libero” racconta “ma soprattutto confrontarmi da solo con Milano”. Inizia in quegli anni la crisi che esploderà con le conseguenze che tutti sappiamo e che “ha cambiato la geografia dei clienti”. Anche se Cracco poteva già contare su un pubblico molto vario, la quota milanese era comunque fondamentale. “Ci siamo dovuti reinventare,lavorando sodo e cercando di costruire qualcosa di nuovo”. Sono di questi anni la crema all'olio bruciato, con cui Matteo Baronetto vinse il concorso internazionale di cucina con olio extra vergine d’oliva di Jaèn in Spagna, dei primi rognoni con i ricci o le ostriche, “il quaderno di mare è del 2006, mi pare, ma è scoppiato dopo, nel 2007 e 2008”.
La sala di via V. Hugo. Foto Malgarini
La crisi porta un'iniziale flessione, ma poco dopo cambia tutto: i grandi ristoranti diventano aspirazionali. Cambia la clientela: l'alta ristorazione diventa un desiderio di molti, complice la tv che comincia a occuparsene. Carlo Cracco era già stato contattato nel 2007, ma senza successo, “forse era troppo presto”, chissà. Tornano nel 2010. Nel frattempo la cucina ha acquistato un ruolo da protagonista nella società, tutti ne parlano (non sempre a proposito e non sempre con le giuste competenze), “il grande merito è stato far conoscere meglio un lavoro durissimo e faticosissimo, spesso percepito solo come bello, creativo e facilmente accessibile” riflette “oggi le difficoltà che cela sono un po' più conosciute”. Partono anche le chiacchiere e le critiche, il commento furente su ogni mossa “quello fa parte del gioco, insieme agli onori”.
RIgatone con burro affumicato, Parmigiano Reggiano vacche rosse di montagna e pepe di Timut
Il dopo Baronetto
Nel 2013 Baronetto va via per approdare allo storico Del Cambio di Torino. “Dopo Baronetto è cambiato tutto” anche perché con lui sono sono andate via diverse persone della cucina che ancora sono al Cambio con lui. “Quando finisce un'epoca bisogna cambiare. E lo abbiamo fatto”. Luca Sacchi - che era in pasticceria-diventa il nuovo sous chef. Come pastry chef già lavorava a stretto contatto con Cracco e Baronetto, “era quello più forte sulla parte creativa e operativa, per cui il passaggio era inevitabile”.Inizia una nuova epoca. I piatti che segnano il cambiamento sono la triglia farcita, “un piatto stupendo” dice, ancora oggi in carta anche se anche se modificato, poi ci sono il lavoro sulle spezie, il burro alla cannella, l'astice, il rigatone al burro affumicato, Parmigiano Reggiano vacche rosse di montagna e pepe di Timut, l'insalata di mare “quella nuova, in cui abbiamo aggiunto la gelatina, per dare una parte acquosa legata al mondo del mare e dei sapori” per allargare il gusto. “È stato un tocco geniale”.
Cracco e la tv
Il successo sul piccolo schermo è travolgente. “Il Cracco televisivo è quello di un copione da seguire” dice per spiegare un'esperienza che è andata meglio di ogni previsione “nessuno immaginava che sarebbe diventato una cosa così grande, ma non l'ho fatta per diventare più ricco o avere più ristoranti: la tv mi ha permesso di realizzare il mio sogno nel cassetto”. Cracco rivendica il suo ruolo in cucina: “Checché ne dicano anche quando registravo ero sempre presente al ristorante”. Girando a Milano l'organizzazione era più semplice, “nei 4 mesi di riprese ero sempre raggiungibile e la sera ero sempre in cucina, anche perché il ristorante è il mio, è il mio primo bene, la mia prima risorsa, mai abbandonata o tralasciata”. Ore di lavoro? “non le conto più, ma la soddisfazione sì, la mia, quella dei ragazzi in sala e in cucina, e anche dei clienti”. Quest'anno andrà l'ultima serie di Hell's Kitchen registrata due anni fa. Chiude con la tv?“Ho finito”. Adesso?“Voglio concentrarmi sul mio lavoro, che è quello della Galleria. Voglio dedicarmi solo a quello”.
Carlo e Camilla in Segheria
Non solo Galleria
Pima della Galleria ci sono stati altri progetti messi in campo: Carlo e Camilla in segheria, “per me come una seconda casa” confessa “esattamente l'opposto del ristorante in Galleria”. Una cucina che non esita a definire fantastica con un incredibile rapporto qualità prezzo, che propone diverse declinazioni dell'uovo - “ma sempre diverse da quelle del ristorante” - e dei risi molto belli. Una linea di cucina più semplice negli abbinamenti ma con la stessa cura e preparazione dei gastronomico. Uguale filosofia ma meno complessità. “Credo che, al di là di tutto, sia una di quelle intuizioni che ti vengono e danno sempre più soddisfazioni, perché non è un secondo locale, un posto a sè con una sua storia e un suo percorso: non è il Cracchinoma un locale con una sua vita, unico e diverso dagli altri”. Come lo è Garage Italia, che è legato all'automotive e ai racconti di Lapo Elkann, trasformati in piatti: dal risotto alla Enzo alla pasta dell'Avvocato al Giardino di Mariella, con continui richiami alle automobili anche nei dettagli della tavola. “Per noi è una bella sfida: un recupero di un vecchio stabile che ha un valore simbolico in una zona in cui non c'è nulla”.
La Galleria
“Se parliamo di oggi dovrei raccontare tutto quel che c'è stato dietro: lo studio, il tempo, la forza necessaria per intraprendere un progetto così grande. Difficile già sulla carta, ancora di più a realizzarlo davvero”. Non è una frase fatta: Cracco in Galleria è monumentale e il documentario Cracco Confidential l'ha mostrato sul piccolo schermo. “solo questa voglia infinita di realizzare il nostro sogno ci ha permesso di arrivare alla fine” ammette. Ristorante, caffè, bistrot, pasticceria, cantina,un lavoro cominciato 3 anni fa e finito 3 mesi fa. Che continua ancora adesso: “ci sono tante cose a cui pensare, e sembra sempre di non aver messo abbastanza del tuo tempo a disposizione di quel che sarà: ci pensi, ci ripensi, è un lavoro lungo. Quando sei lì te ne rendi conto”. Errori? “Sì, ci sono, minimi per fortuna. Ma magari proprio nelle cose che davi più scontate e su cui ti sentivi tranquillo. A volte non riesci a finire quel che ti eri riproposto”. Un lavoro pazzesco, non sempre percepito dalle persone, ma necessariamente condiviso con i suoi collaboratori più stretti.
Cracco in Galleria. La cantina
Il team
C'è Luca Sacchi con Cracco da 11 anni, “la mia spalla più vicina in cucina, mi ha aiutato su molti aspetti e molte decisioni”, Alessandro Ruggle, da 5 o 6 anni nel team, l'altro braccio operativo insieme a Rosa Fanti: “sono i due pilastri fuori dalla cucina, determinanti per tante scelte e risultati”. Poi c'è Alessandro Troccoli, responsabile di tutta la parte di sala: dal caffè al ristorante. Alex Bartoli invece è il sommelier “con lui abbiamo condiviso questa cantina stupenda, bellissima, ricca di etichette rare che fanno la differenza”. Persone fondamentali: “sarebbe stato difficile, anzi impossibile senza di loro”.
L'obiettivo? “Lavorare serenamente, fare cose che possano avere n valore aggiunto e costruire qualcosa che rimanga”. E già la nascita di un posto come è Cracco in Galleria è una cosa importante, “ci siamo riusciti proprio grazie a questa motivazione”.
La cucina, oggi
I piatti sono frutto di un lavoro che si sta facendo man mano, “è esattamente il contrario di un locale, che prima studi e decidi il progetto e poi lo realizzi: la cucina la fai solo standoci dentro”. Soprattutto se si tratta di una nuova cucina, in ci si trasferisce dopo 18 anni trascorsi in un altro spazio: “è tutto diverso, devi vedere le sensazioni che ti dà un luogo completamente diverso” spiega “e quello un po' alla volta fa crescere e sviluppare nuove idee e nuovi piatti”. Ci vuole tempo, insomma, anche se qualche cosa può già identificare questo nuovo corso. “un controfiletto di daino avvolto con una pasta sfoglia molto leggera, cotto intero e poi tagliato, servito con erbe e una salsa al ginepro molto fresca e i ravioli di piccione con brodo di funghi e anice”.
Cracco in Galleria. Il caffè
Non si sono ancora esaurite le polemiche
Quando perse la seconda Stella, ci disse che forse era giusto così, la vede sempre nello stesso modo? “Come quando uno gioca a calcio o a tennis: ci sono delle regole e vanno osservate, non ti puoi mettere a contestare l'arbitro o le regole, è giusto così. Poi” aggiunge“Serve tutto, se si guarda al futuro in maniera positiva, stiamo cercando di costruire qualcosa, abbiamo un orizzonte molto nitido” . Quindi avanti tutta: “ovvio che se ci saranno anche i riconoscimenti è meglio”, ma l'importante è credere nel proprio lavoro, portarlo avanti sia nel bene che nel male, “quando non va bene è facile lamentarsi, invece bisogna lavorare e basta”. Ora ricomincia da qui: dalle Tre Forchette: “èun'emozione, che si aggiunge a un percorso che stiamo cercando di fare. Sono felice che sia successo”. Anche se per certi versi si sente ancora nella fase di rodaggio, “è la prima volta che abbiamo un caffè, ma la cucina è veramente buona, secondo me, anche se impostata in modo diverso, la qualità della materia prima e la cura sono sempre le nostre”, insomma un esordio tra soddisfazioni e inevitabili polemiche. Come quella della pizza. “L'hanno mangiata sabato le mie figlie che mi hanno detto, quasi stupite, che è buonissima. Ho risposto: perché non doveva esserlo?”
Cracco – Milano – Galleria Vittorio Emanuele II – 02 876774 - www.ristorantecracco.it
a cura di Antonella De Santis