Ci si sente come negli studios a Hollywood o come in una sofisticata science fiction d'animazione, a sedersi a tavola per Tastemotion, la cena evento itinerante che promette di portare gli ospiti in un viaggio multisensoriale alla scoperta dell'area di Girona e della Costa Brava in Spagna. Un'esperienza inconsueta, che abbiamo sperimentato. Anche per capire come cibo e gastronomia sono usati per promuovere un territorio. L’attesa che precede il momento è già tensione, mistero e curiosità, nelle chiacchiere davanti ai tendoni neri, sipario della scena che ci vedrà protagonisti. Può il cibo scatenare teatro, fiction, cene digital-sensoriali?
La scena
La stanza è buia, illuminato solo il grande tavolo quadrato con 24 postazioni - 6 per lato - ognuna segnata da uno scatolino quadrato. Si prende posto mentre immagini proiettate in mapping alle pareti e la colonna sonora, fanno il resto. Sembra di star dentro a un documentario in 3D di Piero Angela, un docufilm di National Geographic, con riprese in volo di terre, colline e mari del miglior Amenàbar in piano sequenza (cfr la prima scena di Mare dentro). Tre minuti così possono abbattere al suolo in un sol colpo stuoli di puristi gastronomici, quelli che ‘il cibo è solo natura e basta’.
Da scettici del nuovo mondo seguiamo, impazienti di capire a cosa e dove prestare più attenzione: alla sceneggiatura e al progetto, o alle sinapsi gustative partite a embolo alle prime note della sigla.
Cinque sensi, cinque atti, cinque piatti e cinque vini è il mantra di Tastemotion: cinque scene gastronomico-digitali in sequenza, intervallate da un break spazio-tempo non virtuale, in cui procedere al rapido bilancio tra quanto di più bello abbiamo visto a tavola finora (e non parliamo delle tavolate tutte lucine e fiori postate dalle wedding planners su Instagram) e quanto di più buono le nostre papille abbiano mai avuto modo di apprezzare. Cinque le tovaglie da tavola (in proiezione digitale), cinque i piatti diversi per tatto, forma e materiale.
Atto zero
Lo scatolino segnaposto aspetta di essere aperto. La voce fuori campo scandisce tempi e istruzioni per procedere. Tanto scorretto, quanto irresistibile, aprirlo prima del via ufficiale. L’odore del rosmarino è forte, non si può non sbirciare. Il bon bon azzurrino, nascosto tra erbe aromatiche e fiori colorati sembra un ovetto di Pasqua. La ‘voce’ dice che l’amuse bouche custodisce vermut tradizionale catalano, alle erbe dell’Empurdà, aromatizzato all’arancia. Vivamente consigliato farlo scoppiare in bocca come un Mon Chéri.
Primo Atto. Natura, cultura, vino, cibo e prodotti locali
Si comincia con un promemoria sulla cultura della colazione spagnola, preferibilmente salata: chi non conosce il pan con tomate, pa amb tomaquet in catalano? Sul tavolo si materializza una tovaglia digitale a quadretti gialli e azzurri. Il piatto è servito in tre passaggi come a comporre un puzzle da tre cocci di una mattonella in terracotta. Sembrano levigati dal mare. Ogni coccio ha un suo tema: c’è l’acciuga, anxova, in tre versioni: filetto, lisca e paté. C’è il queso Manyac e il kit per il pan con tomate fai da te, completo di fialetta con l’olio evo. Liberi tutti di incrociarvi sopra a piacere, tre o più combinazioni. Il vino abbinato è Groc d’àmfora 2017, Vinyes d’Olivardots (dosare con cura se al mattino).
Secondo Atto. La Costa Brava
La tavola viene invasa di acqua di mare digitale e scorfani rossi virtuali che gironzolano sui fondali, prima di posizionarsi a scodinzolare di fronte a ogni commensale. Si intuisce che si comincia a far sul serio in tema di mare e dintorni. Al posto del pesce digitale arriva un piatto-scultura in ceramica della stessa forma dello scorfano sottostante, dentro c’è il suquet: Plancton con gamberi rossi marinati di Palamos, salsa picada e brodo di pesce. L’esperienza gustativa invade i cinque sensi, a metà tra una crema lussuriosa e l’odore di alto mare che tocca dal naso al cuore. Il vino che lo accompagna è un Amic 2017 di Clos d’Aragòn.
Terzo Atto. Quando la cucina è il paesaggio messo in pentola
Al terzo atto il tavolo si illumina di una tovaglia campagnola a quadretti bianchi e rossi, i sensi prefigurano sapori di terra. E invece arriva altro, ovvero quel che racconta di una pace fatta da secoli - alla tavola di pescatori e contadini - tra il meglio della carne e il meglio del pesce, cotti ognuno per sé e poi assemblati insieme da riso insaporito dalla miscela dei due. Salsiccette di maiale e filetti di rombo si accompagnano disinvolti contro ogni pregiudizio di sorta, per una degustazione che lascia spazio al silenzio e alla scoperta di ogni nuova sfumatura di sapore. Un sorso di Flow 2015 di Sota els Angels segna il passo.
Quarto Atto. Omaggio a Girona, alta cucina
Sembra un dolcino glassato al cioccolato, la cupoletta adagiata nel piatto bianco dai bordi a onde, come nel cratere di una collina in miniatura. La tovaglia digitale diventa psichedelica. Custodito lì sotto c’è lo stracotto di vitello di Girona, buono, intenso e delicato da far girar la testa. Intorno funghi e ratafià catalano, quello a 50 erbe. Da bere il Clos Adrien 2014 di Terra Remota. L’omaggio è alle stelle Michelin del territorio. Il distretto di Girona ne conta 19, con una densità procapite tra le più alte al mondo. Oltre l’immancabile Ferran Adrià, i fondatori dell’era stellata di Catalunya sono stati i tre fratelli Roca, Joan, Joseph e Jordi nel loro laboratorio di El Celler de Can Roca. Le nuove stelle sono allievi e studiosi di quella scuola.
Quinto Atto. La prova del dolce
Chi conosce la cultura gastronomica spagnola sa bene che la pasticceria non è il suo punto più forte salvo eccezioni, a fronte di una consolidata tradizione di piatti di qualità eccellente. Il quinto atto era un rischio. Il digitale si calma, la scenografia pure, il tavolo è bianco. Entra la mela. Mela di Girona al forno e Garnatxa Solera di Mas Llunes, un parente nobile del nostro marsala. La crema di mela, aromatizzata all’arancia, è in una capsula oblunga poggiata su una terra croccante. Il resto è gusto morbido, genuino e delicato. Al quinto atto, alta pasticceria.
Epilogo
La musica riprende in un pop-rock ritmato, volume a mille. Una squadra di 10 persone esce in fila da dietro le quinte. Come in un musical corrono, ballano, battono le mani e ridono. In testa al gruppo lui, el Quim Casellas, chef al Casamar di Llafranc. Energia contagiosa, sguardo limpido, radioso più della stella che porta. Ai cinque sensi aggiungere entusiasmo, passione e gioia di vivere. E magari un biglietto per il prossimo viaggio nelle terre di Catalunya, tra la gente di Costa Brava e i Pirenei di Girona.
a cura di Emilia Antonia De Vivo