Storia di Adriano Dalpez. Affinatore dei formaggi trentini

4 Dic 2017, 17:30 | a cura di

Rendere qualcosa più fine. Affinare, perfezionare, ingentilire. Ma anche purificare, migliorare, modificare. L'affinatore (di formaggi) è tutto questo. Fa tutto questo. Vi raccontiamo la storia di Adriano Dalpez, deus ex machina della maggior parte dei formaggi di malga trentini. 

Un tempo l’affinamento era semplicemente la stagionatura del formaggio. Oggi l’affinatore è colui che parte dal formaggio, se ne prende cura, lo fa crescere e lo porta a maturazione completa. Un lavoro complesso che a volte può anche rovinare il prodotto, magari con una proteolisi mal gestita che consegna un sapore marcatamente ammoniacale. Ovviamente, non staremo qui a parlare di questo, ma di come un affinatore esperto riesca a migliorare le caratteristiche del formaggio, affidandosi, sì, alla natura, quindi all’ambiente, alla temperatura, all’umidità naturali; ma senza mai dimenticare le tecniche casearie e la chimica. Vi parliamo di Adriano Dalpez, fotografo, giornalista, Presidente per anni della Camera di Commercio di Trento; oggi l'affinatore più famoso del Trentino.

Adriano Dalpez

Viene da una famiglia di contadini della Val di Sole, Adriano, per il quale l'affinamento fa parte di conoscenze e pratiche tradizionali: “Da noi il formaggio fresco non era molto considerato, era un ripiego, così ci si cimentava sempre nella stagionatura, che un tempo coincideva con l'affinamento. Non a caso tradizione vuole che i formaggi d'alpeggio non possano essere tagliati prima di due mesi di agosto”. Quindi, considerando che i migliori formaggi vengono fatti nei mesi di luglio e agosto “quando le vacche si sono stabilizzate”, non prima dei dodici mesi di vita. Un tempo la pratica dell'alpeggio era una necessità: “Bisognava conservare il foraggio in fondo valle per i mesi invernali”. Ma col tempo è diventata il pretesto per una produzione di formaggi di qualità, in cui entrano in gioco fattori differenti. A cominciare dal casaro che interpreta il latte ogni giorno: “La temperatura indicativa per la rottura della cagliata, per esempio, è intorno ai 41° C, ma essendo il latte un prodotto vivo, non si può procedere solo tramite regole ferree. Ecco perché l'esperienza del casaro è fondamentale. È lui che in base al tempo meteorologico, alla carica batterica o all'acidità del latte calibra la temperatura e la mescolata, che deve essere di norma lenta e non a fuoco troppo vivo, per arrivare a una cagliata molto sottile, quasi come quella del grana”. La saggezza, la pratica e la sensibilità del casaro sono fondamentali per la riuscita del lavoro dell'affinatore. Figura professionale (recente) che sceglie i formaggi adatti alla stagionatura e si prende cura di loro.

Formaggi di malga al sole

Affinare, a cominciare dalla scelta delle forme di formaggio

Nonostante in Trentino questa figura professionale non sia ancora così affermata, esistono persone che con passione e professionalità portano avanti il discorso” spiega Adriano. Ma in che consiste esattamente il ruolo dell'affinatore moderno? “Innanzitutto è fondamentale la scelta dei formaggi: io mi reco di persona negli alpeggi, dove ho anche alcune vacche di proprietà, e individuo le forme più adatte alla stagionatura, ovvero quelle che pesano dagli 8 ai 10 kg, non troppo grandi e dalla grana fitta. Ovviamente senza il rapporto di fiducia con alcune malghe e casari, non potrei fare nulla perché la qualità della materia prima dipende per buona parte dal lavoro che si fa nel pascolo e durante la caseificazione”. L'affinatore di Malè predilige le forme totalmente scremate, fatte con latte proveniente da almeno due vacche. D'altra parte è un estimatore della tradizione: “Un tempo non esistevano formaggi semigrassi o grassi. Per prima cosa perché il burro (risultato del latte scremato) era considerato una moneta di scambio, poi perché il formaggio magro si prestava di più alla lunga stagionatura. Evitando tra l'altro quella piccantezza tipica dei formaggi grassi”. Tra le malghe con cui collabora: la Strino, la Caldesa, la Villar, la Senagge e la Malga Cercen in Val di Rabbi, “valle in cui c'è grande tradizione di casari”.

Le diverse fasi dell'affinamento

Dopo aver individuato il cavallo (si spera) vincente, Adriano porta le forme di formaggio “compatte e pesanti” nella sua cantina a Malè, a temperatura (intorno ai 15° C) e umidità controllate. Qui le mette su assi di abete - “no larice perché profuma troppo” - e si concentra sulla fase del rivoltamento, durante la quale le forme vengono rigirate ogni giorno per almeno i primi tre mesi. Dopodiché il formaggio viene lavato e messo ad asciugare per qualche ora al sole, “questo consente la fuoriuscita di glicerine naturali che proteggono il formaggio, senza alcun bisogno di utilizzare additivi”. Dopo 9 mesi è pronto per essere mangiato.“Durante questo periodo continuo a lavare la crosta per togliere ogni forma di impurità: nella nostra valle siamo abituati a consumare anche questa parte, un po' come i francesi, perché senza ombra di dubbio è quella che conferisce molto sapore al formaggio”. Non tutto però fila sempre liscio. “Normalmente nelle varie fasi saltano fuori piccoli difetti in alcune forme, in questi casi il formaggio interrompe la sua corsa verso la stagionatura e viene destinato al consumo. Superano l'esame solo un 20% di forme”. Ma quelle che arrivano al traguardo sono incredibilmente buone, dal sapore che esprime una miriade di fattori, dalla razza al tipo di alimentazione dell'animale. E poi c'è l'ambiente in cui vive, con prati e pascoli fioriti in ogni stagione. Sono dei formaggi non standardizzati, che riescono a sopravvivere nonostante le rigide norme igienico sanitarie.

Forme di formaggi di malga durante la stagionatura

La legislazione e il Fermalga

Le tante normative europee e italiane igienico sanitarie introdotte nel settore penalizzano eccessivamente i sapori e tendono a standardizzarli. La sfida è quella di trovare il giusto equilibrio tra gusto e sicurezza alimentare, cercando di sconfiggere l'appiattimento del prodotto dal punto di vista del gusto e della qualità”. Sulla stessa onda il progetto “Fermalga”, portato avanti dalla Fondazione E. Mach dell'Istituto Agrario di S. Michele, con il sostegno dell’Ente camerale; volto alla salvaguardia della biodiversità e della tipicità nelle produzioni casearie delle malghe trentine. “Si tratta di un fermento ottenuto da latte proveniente dagli alpeggi di tre macrozone del Trentino, che in poche parole vuole tutelare il patrimonio microbico ed enzimatico nel latte di partenza. A vantaggio di un prodotto finale in grado di conservare aromi e profumi dei nostri pascoli”. Il consiglio è di andarlo a trovare nella sua piccola azienda, Luganegheformai, nel cuore della Val di Sole.

 

Luganegheformai | Malè (TN) | via Molini, 25 | tel. 334 3737377 | www.luganegheformai.it

 

a cura di Annalisa Zordan

foto di: www.facebook.com/valdisole/

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