A 10 giorni dall'inaugurazione, dal bagno di folla, dalle curiosità esaudite dei tanti coffee lovers, di Piazza Cordusio chiusa per performance e per ospiti vip, forse è giunto il momento di tornare sull'argomento Starbucks Milano. Anche perché, nonostante i tanti contenuti usciti, forse la copertura stampa avuta dall'evento non è da considerarsi esaustiva in relazione a tutte le sfaccettature e alla caratura di questa novità commerciale capace di cambiare la prospettiva italiana sul caffè, la sua percezione, la sua cultura.
Per aiutarci a riflettere sulla faccenda abbiamo optato per muoverci su due vie. Da una parte abbiamo girato un video all'interno del punto vendita; è un filmato assolutamente amatoriale ma ci può aiutare a fare una analisi più approfondita e con qualche utile riferimento visivo. Guardarlo spezzone per spezzone ci può essere utile per capire i versanti meno raccontati di questo grande bar. Dall'altra ci siamo rivolti a dei giovani esperti come i ragazzi di Romedia Studio, che sono un po' i comunicatori-filmaker attualmente state of the art sul mondo del caffè di ricerca anche grazie alla loro riconoscibilità internazionale e al documentario su questo ambiente realizzato un annetto fa, oltre che alla loro seguitissima pagina Instagram. Grazie dunque a Federico Lucas Pezzetta e Federica Balestrieri che hanno messo giù per noi i loro punti di riflessione su Starbucks.
Partiamo dunque dal video qui sopra. Si tratta di un giro di 5 minuti in presa diretta nel punto vendita di Piazza Cordusio. L'unica cosa che non si vede è la fila, sempre presente almeno in queste prime settimane di apertura. La fila si divide in due spezzoni, il primo esterno all'edificio (talvolta addirittura a circondarlo), il secondo interno, nel loggiato. È qui che c'è il primo contatto tra il visitatore e il mondo Starbucks: un giovane addetto imbastisce il primo step della narrazione che poi sarà protagonista per tutto il percorso interno. “È la tua prima volta qui?", "Sei stato altre volte da Starbucks?", "Sai che questo Starbucks è diverso da tutti gli altri Starbucks che hai visitato?" e via così. L'obbiettivo è caricare l'avventore di aspettative e farlo calare subito nell'atmosfera. Invece che di cliente o di consumatore abbiamo prima parlato di "visitatore", ed è questa in effetti la sensazione che si ha entrando. Il feeling è simile all'ingresso di uno spazio espositivo di impronta museale. E qui veniamo alle riprese del video.
MINUTO 0.05
Ebbene sì, quando si entra, esattamente come avviene in molti musei e fondazioni, si viene dotati... della mappa! Il negozio è grande, ma non sconfinato, la mappa dunque serve fino ad un certo punto, tuttavia crea quella magia e restituisce quella sensazione di essere in un luogo speciale. Buona mossa di marketing atta a generare una suggestione di autorevolezza e rispetto. Il caffè come qualcosa di sacro, da rispettare come un'opera d'arte.
MINUTO 0.15
A sinistra dell'ingresso c'è subito un grande bar, dominato da ampi banner che riportano alcuni nomi di caffè e di origini con la grafica delle confezioni di Starbucks Reserve Roastery. Sulle pareti di questo bar gli alcolici si dividono lo spazio con le pagnotte di Princi. Siamo nell'area del pane e dell'arte bianca. Qui a dominare è il forno, non il caffè. Il bar ha macchine e macinini di tutto riguardo, ma il caffè è ancillare rispetto agli altri prodotti che stanno nel bancone. Alle spalle è chiaro il riferimento alla produzione: bocche di forno e forni per riscaldare inclusi.
MINUTO 0.30
Di fronte a questo caffè-panificio, c'è tutta l'area retail. Una rivendita di prodotti per la caffetteria (soprattutto per prepararsi un buon caffè a casa in tutte le estrazioni possibili) abbastanza inarrivabile. Si tratta di uno showroom assai significativo per uno degli obbiettivi che direttamente o indirettamente la Reserve Roastery si propone: fare cultura sul mondo del caffè. Fino ad oggi pensavate che fare caffè a casa significasse esclusivamente agire sulla vostra moka o pigiare il pulsante della vostra macchinetta elettronica per l'espresso? Qui avete un assortimento abbondante di chemex, sifoni, v60, caraffe, aeropress, kettle, postazione per fare il gelato all'azoto - quello firmato da Alberto Marchetti - e quant'altro. Il messaggio è abbastanza chiaro: il caffè non era solo quello che pensavate e potete prepararvelo in mille maniere che qui vi aiutiamo a scoprire.
MINUTO 0.40
Sempre spalle all'ingresso, sulla destra c'è il cuore della roastery vera e propria, con la macchina che tosta caffè 24 ore su 24. I ritmi di lavoro sono necessari perché grazie all'apertura della Reserve di Milano, Starbucks ha cambiato tutta la propria logistica europea. I punti vendita francesi, tedeschi, austriaci, spagnoli (e presto quelli che apriranno in Italia) non vengono più approvvigionati direttamente dal Nordamerica bensì direttamente da Milano. Le dimensioni di questa tostatrice servono sì a far scena (il collocamento in mezzo a tutto è indicativo), ma sono il fulcro di un progetto che è anche e soprattutto industriale e logistico.
MINUTO 1.20
Questo è il negozietto del caffè. Varie origini, varie tostature, differenti livelli di colorazione e gusto e personale iper competente disposto a spiegare. Non sembra esserci una macchina per macinare perché il caffè, se lo si vuole degustare nella sua massima espressione, va comprato in grani e macinato a casa (il macinino è in vendita, ovviamente) poco prima dell'estrazione.
MINUTO 1.40
Qui si vede il resto dell'area retail, che è davvero grande rispetto al totale della superficie, diciamo un 10% abbondante. Non solo attrezzature per il caffè, quindi, ma anche marchandising puro. Incluse bici e vespe! Lo store di oggettistica è collocato in maniera così centrale rispetto al layout complessivo del negozio, che si può ipotizzare che influisca non poco nel conto economico complessivo sia in termini di fatturato che di margini di guadagno.
MINUTO 1.55
Mentre la tostatrice tosta, anche qui come al negozietto del caffè troviamo l'ennesimo dipendente Starbucks intento a spiegare. Spiegare, spiegare, spiegare. Questa la chiave, o meglio una delle chiavi. Narrazione, storytelling, formazione, educazione. La conoscenza del pubblico è (mediamente) così bassa che a chiunque è offerta l'opportunità di uscire sapendone un po' di più. Notare il vassoio con i vari colori dei chicchi, a partire dal verde. Il caffè è un vegetale, una pianta. Molti lo scopriranno solo qui, ne siamo certi.
MINUTO 2.10
Distributori di chicchi, macchine del caffè, macinini per i chicchi, macchine per il gelato, macchine per fare il caffè syphon, macchine per fare il caffè filtro, macchine per fare il caffè freddo. Tutto in sovrannumero. Il bar sorprende molto da questo punto di vista. Non solo la tecnologia è al top, ma è sovrabbondante rispetto alle esigenze. Come si può vedere praticamente nessuno beve il caffè all'italiana, in pieni. A tutti è offerta l'opportunità di stare seduti. È vero che il caffè costa 1,80 euro, ma è anche vero che viene servito con acqua e dolcetto e che si sta seduti. Nei nostri bar il caffè costa meno se consumato al bancone, ma se ci si siede la cifra supera perfino quella di Starbucks.
MINUTO 3.37
In questo preciso istante si può per certi versi percepire l'ampiezza dell'area "industriale" dello Starbucks Reserve Roastery di Milano. Tutta la parte sulla destra dell'inquadratura è lo stabilimento non solo di torrefazione, ma anche di confezionamento, stoccaggio, distribuzione dei caffè che andranno in giro per l'Europa. Una grossa porzione del negozio, insomma, è non accessibile e dedicato a produzione e logistica. In realtà il cuore dell'operazione è proprio questa qui.
MINUTO 4.00
Siamo nel cocktail bar. L'impronta è un cocktail bar milanese degli anni Ottanta. Il caffè non è il protagonista principale - come avviene nel bar di Princi - ma comunque non è affatto assente. Sia grazie a una grossa postazione per la produzione di caffè freddo (cold brew), sia grazie a un carrello che suggerisce l'utilizzo dei caffè nel lavoro dei barman. Anche qui, come si vede in uno spezzone del filmato, solo macinini che macinano il caffè direttamente. Non ci sono insomma i classici macinini da bar italiano con la campana di plexiglass con i chicchi e il caffè già macinato sotto. Il caffè va macinato pochi istanti prima dell'estrazione, altrimenti perde profumi e caratteristiche e complessità.
10 superstizioni su Starbucks da sfatare
Dopo i 5 minuti di passeggiata dentro Starbucks e dopo aver notato alcuni dettagli grazie al filmato, passiamo come anticipato la parola a Romedia Studio che per noi ha setacciato i social, ha trovato le più ricorrenti obbiezioni a Starbucks e ha provato a dare una risposta. Si tratta di un campione di 10 obbiezioni, ma se ne avete altre possiamo fare delle aggiunte, semplicemente scrivete nei commenti cosa non vi quadra e proveremo a rispondervi. Non fate però l'errore che hanno fatto molti in queste settimane: parlare prima di aver visitato e approfondito un minimo la faccenda.
1. Il caffè di Starbucks fa schifo. E mia nonna lo fa meglio…
Ovviamente il gusto è soggettivo ma non è possibile negare che ci sia un lavoro di qualità alla radice. Starbucks sceglie di tostare solo caffè 100% arabica e questa è una differenza che può essere avvertita dal palato del consumatore italiano medio tradizionalmente abituato a dei blend di arabica e robusta per l'espresso. Uno dei marchi di fabbrica dell'azienda americana è la tostatura scura dei chicchi: tale caratteristica viene contestata dai coffee lover amanti delle note acide e degli aromi spiccatamente fruttati nella bevanda, ma - garantendo alla tazza sentori di cioccolato e biscotto - è in realtà molto più vicina al gusto italiano standard di quanto si possa pensare.
2. Starbucks è una multinazionale e come tale non rispetta il pianeta
Mentre Starbucks nella sua declinazione classica serve caffè più commerciali, in Starbucks Reserve vengono selezionati caffè di singola origine, molti dei quali da microlotti. I caffè di Starbucks Reserve sono insomma direct trade. Nel 2013 la compagnia di Seattle acquistò la sua prima fattoria in Costa Rica - Hacienda Alsacia - che funziona anche come centro di ricerca e sviluppo sulla filiera del caffè. I support center di Starbucks sono 9 in tutto il mondo: sono luoghi dove la compagnia condivide con i farmer scoperte e conoscenze sul mondo del caffè al fine di migliorare la qualità del raccolto e la redditività della farm per il produttore.
3. Quello migliore è il “caffè italiano”
Il caffè "italiano" non esiste: la sua coltivazione avviene nella fascia tropicale del globo; le prime caffetterie non sono nate in Italia; un italiano inventò sì la geniale macchina per espresso (tra l'altro l'idea alla base era quella di ridurre il tempo dedicato dai lavoratori alle pause), ma a livello mondiale il metodo di preparazione della bevanda nera più diffuso è quello a filtro. Un caffè filtro preparato con tutti i crismi fa ottenere una tazza sicuramente con meno corpo ma super aromatica. Inoltre se non si è di fretta è un'ottima soluzione per chi gradisce un rilascio più lento e prolungato della caffeina. È perfetto se vogliamo mantenere la concentrazione alta per un tempo più lungo.
4. Starbucks senza il frappuccino e i prodotti pieni di zucchero e calorie non è Starbucks
Starbucks agli albori era un negozio di rivendita di caffè tostato fresco che veniva venduto rigorosamente in chicchi. Iin un certo senso quindi è vero il contrario. La Roastery è un ritorno alle origini. Starbucks Reserve è da considerare quindi una torrefazione classica da una parte e un laboratorio sperimentale per quanto riguarda il menu che offre. Per questo non troverete frappuccino o strane bevande dai nomi difficilmente pronunciabili. Reserve è un brand con il quale Starbucks ascolta quella fascia di consumatori che fanno dell'healty life-style il loro stile di vita.
La partnership con Princi in questo senso è sicuramente un attestato di stima per quello che riguarda la sezione food all'Italiana e al tempo stesso rappresenta un accordo strategico con un marchio che ha una buona reputazione e una struttura in grado di mantenere la qualità del prodotto anche su più larga scala.
Prima di Princi, Starbucks Reserve e una parte dei normali store avevano iniziato a servire i prodotti dell'azienda californiana di proprietà di Pascal Rigo La Boulange (società che Starbucks acquistò per 100 milioni di dollari nel 2012 e che chiuse nel 2015). La differenza principale tra La Boulange (che forniva sandwich e dolci di buona qualità ma spesso, per necessità logistiche, da decongelare) e Princi è l'inserimento del forno a legna all'interno della Roastery. Il piano di sviluppo prevede di aprire circa 1000 Princi bakery nel mondo (capaci nel futuro di servire, perché no, anche i classici Starbucks). Tutto il cibo e il caffè che potete ordinare nella Roastery milanese è preparato nella Roastery stessa. Tutto questo per dire che Reserve Roastery è un altro (proprio un altro!) marchio del gruppo Starbucks. Allo stesso modo in cui nel gruppo automobilistico FCA il marchio Maserati ha un posizionamento e il marchio Fiat ne ha un altro, non sarebbe neppure lontanamente pensabile trovare delle similitudini. Che infatti qui non ci sono.
5. Questa Roastery è la brutta copia Italianizzata di Starbucks
Starbucks non si è Italianizzato per l'Italia. Le Roastery di Seattle e Shanghai lavorano in modo simile già da tempo. L'espresso è solo uno dei tanti metodi di preparazione del caffè proposti ma il menu offre tantissime bevande che raramente capita di trovare in una classica caffetteria Italiana.
Il brand Reserve per Starbucks è più che altro un ingresso nel mercato della terza onda. Nella third wave of coffee l'intera filiera, dal farmer fino al consumatore finale, ha un'importanza centrale. Questo si traduce in: maggiore sostenibilità; chicchi tostati per enfatizzare al massimo gli aromi; migliore formazione professionale di chi lavora all'interno della caffetteria.
Ad ogni modo Starbucks, quando entra in un nuovo Paese, cerca di entrare in sintonia con le abitudini locali. Starbucks e Howard Schultz amano l'Italia, ma il nostro Paese non è stato un'eccezione.
6. Ma 300 dipendenti per fare il caffè?
Ovviamente i dipendenti all'interno della Roastery non svolgono tutti la stessa mansione. C'è chi si occupa di tostare il caffè, chi è addetto al reparto packaging, chi si occupa della rivendita di caffè al dettaglio e chi vende il merchandising nei piccoli punti shop; senza dimenticare chi lavora da Princi, chi al reparto Mixology al piano superiore né i baristi al bancone caffetteria.
I dipendenti lavorano su turni quindi non sono tutti contemporaneamente presenti. Ma soprattutto la specializzazione delle risorse contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non ne diminuisce l'apporto produttivo bensì lo aumenta in un'ottica di collaborazione del team e customer service. E poi, come si vede nel video qui sopra, la Reserve è anche e soprattutto una fabbrica, una autentica grande torrefazione.
7. I dipendenti sono sottopagati e sfruttati come in molte altre grandi aziende
I dipendenti di Starbucks Reserve hanno ricevuto un training di oltre due mesi, tutto regolarmente sotto contratto e pagato. Una condizione vantaggiosa da guardare assolutamente di buon occhio per la situazione occupazionale del mercato del lavoro Italiano. Nell'ottica dell'azienda di Seattle una persona felice, motivata e poco stressata è una risorsa che va a lavoro più volentieri. Negli Stati Uniti i dipendenti full time di Starbucks sono stati tra i primi a poter usufruire di un programma di copertura sanitaria, rimborso delle tasse universitarie e stock option dell'azienda (da qui il motivo per cui i lavoratori di Starbucks sono definiti "partner").
8. L'arrivo della multinazionale americana è un affronto all'Italia
Al contrario, per costruire la Roastery, Starbucks si è avvalso della collaborazione di imprese Italiane a tutti i livelli: design, impiantistica, macchinari. Ogni singola parte all'interno della Roastery è stata pensata e costruita su misura per l'edificio di Piazza Cordusio che solo qualche tempo fa era in disuso.
9. L'investimento per la Roastery è esagerato rispetto al feedback che avrà dai consumatori di Milano
Milano per Starbucks ha una duplice funzione: da una parte è una pubblicità clamorosa per l'azienda che può dire finalmente di essere presente in Italia (addirittura con una Roastery) e dall'altra ha una funzione strategica. Con la Roastery di Milano e quella di Shanghai Starbucks ha creato due assi fondametali per la distribuzione di caffè Reserve tostato fresco per Europa e Asia. In Europa c'era in realtà già una Roastery alle porte di Amsterdam ma non era aperta al pubblico. Inoltre la torrefazione in Olanda si è sempre occupata di tostare le miscele più commerciali, non i chicchi migliori. I caffè Reserve prima di Milano venivano tostati a Seattle e poi spediti oltreoceano. Inutile dire che il consumatore finale ne guadagna in termini di freschezza del prodotto, mentre la compagnia abbatte spudoratamente i costi. Insomma, se volessimo esagerare, la Reserve produrrebbe economie di scala anche se rimanesse senza clienti al dettaglio.
10) In Australia Starbucks ha già fallito. Fallirà anche in Italia
Starbucks ha imparato molto dall'insuccesso australiano. In quel continente fu stretta tra una solida tradizione di caffetterie Italiane di stampo classico e le caffetterie specialty della third wave e non riuscì a posizionare efficacemente il proprio prodotto dovendo rispondere a queste due correnti molto diverse: da un lato gli appassionati della caffetteria tradizionale, molto ancorati alle proprie antiche abitudini, dall'altro i coffee lovers fruitori di una tostatura molto più chiara di quella proposta da Starbucks.
L'ingresso di Starbucks in Italia in grande stile con la Reserve Roastery mette subito in chiaro la differenza in termini di qualità della sua materia prima rispetto ad altre grandi multinazionali.
Starbucks vuole comunicare in questo modo di essere assolutamente consapevole dei propri mezzi: oltre a rappresentare un omaggio da parte di Schultz alla tradizione italiana, questo è il vero significato della Roastery di Cordusio.
Fra non molto, nei punti vendita che verranno aperti e gestiti dalla famiglia Percassi (che saranno Starbucks tradizionali) si potranno trovare anche quei prodotti, come il Frappuccino, che tanto sono graditi a una certa fascia di clienti.
Starbucks Reserve Roastery – Milano – piazza Cordusio, 3
a cura di Massimiliano Tonelli e Romedia Studio