Con i suoi mille abbigliamenti, i cappelli e i look sempre diversi, Sonia ha nutrito un immagine di sé divertente e un filo kitch che si è consolidata negli anni. Una sorta di culto della propria immagine trasformata da mille travestimenti che mettono in ombra il vip di turno immortalato al suo fianco nelle molte immagini che decorano le pareti del suo ristorante, Hang Zhou. Così attori, intellettuali, politici, calciatori, protagonisti grandi e piccoli dello show business hanno posato in questa incredibile galleria di immagini, docili nella prospettiva di nutrire e diventare i coprotagonisti di quella messa in scena variopinta e stravagante. Assolutamente trasversale, la notorietà di Sonia è di quelle che arrivano dovunque e attirano sempre più affezionati nel ristorante, trasferitosi ormai da qualche anno non lontano dalla vecchia sede, quel localino pittoresco, rumoroso e affollatissimo in cui era difficilissimo trovare posto e che raccontava in modo ancor più plateale le mille trasformazioni di Sonia. La incontriamo, Sonia, nel nuovo ristorante che ha subìto un'ulteriore ampliamento (impossibile conteggiare i coperti complessivi), e cerchiamo di capire chi è e da cosa nasce il suo successo.
Sonia, naturalmente questo non è il tuo vero nome, come ti chiami davvero?
Il mio nome in cinese è Zhou Fenxia che vuol dire Aurora Profumata.
Mentre il nome del ristorante è quello di una città...
Sì, Hang Zhou è la principale città della provincia di Zhejiang, che si trova a circa 100 chilometri da Shanghai. È una delle città più industrializzate della Cina e è stata anche una delle sue sette capitali.
Da dove vieni?
La mia città natale sia chiama Huzhou, sempre non molto lontano da Shanghai.
Da quanto tempo vivi a Roma?
Dal '91 circa, avevo 24 anni quando sono arrivata in Italia. Ho raggiunto mio marito che lavorava nel ristorante dello zio, in Via San Martino ai Monti. All'epoca avevo già una bambina di soli 17 mesi, ma ho dovuto lasciarla in Cina con mia madre.
Al tuo arrivo, c'erano ancora pochi ristoranti cinesi in Italia, cosa ti ricordi di quel primo periodo della tua nuova vita a Roma?
Eravamo davvero in pochi, è vero. Io andai a lavorare come cameriera nel ristorante della famiglia di mio marito, le due prime parole che ho imparato sono state “involtino primavera”.Come allora, anche oggi gli italiani adorano questo piatto a base di germogli di soia e fungo nero, lo ordinano sempre. E naturalmente il riso alla cantonese, che è banalmente un riso saltato col prosciutto, non so perché si chiami cantonese, in Canton non mi risulta che esista una ricetta simile.
Rispetto a quando hai cominciato, hai notato una maggiore consapevolezza da parte degli avventori del tuo ristorante?
Sicuramente sono più preparati oggi rispetto agli anni '90, ormai quasi tutti sono in grado di usare le bacchette, e alcuni bevono addirittura il tè durante il pasto. Ma se devo essere sincera, la maggior parte delle persone fa sempre gli stessi errori.
Ad esempio?
Quello di usare troppa soia, che per noi è come il sale per voi, dunque la usiamo esclusivamente per salare e non certo per insaporire, per questo abbiamo delle salse, come quella piccante o agrodolce. Gli italiani mettono la soia su tutto, senza rendersi conto che così facendo coprono e distruggono il sapore della pietanza. Puoi ovviamente usarla con i ravioli, ma per il resto la soia andrebbe gestita con molta parsimonia. E poi gli italiani non mangiano quasi mai pesce da noi, forse temono che non sia fresco. Infine, non bevono vino, preferiscono immancabilmente la birra cinese.
E poi?
E poi... voi chiedete sempre i ravioli o gli involtini come fossero un antipasto, invece per noi sono semplicemente uno spuntino, poi ordinate il riso o gli spaghetti per primo, ecc... Invece in Cina non si usa affatto così. Innanzitutto, noi condividiamo sempre i piatti, la tavola si caratterizza per il suo aspetto sociale: è rotonda e sormontata da un supporto girevole, dove vengono depositate le varie pietanze. Inoltre, nessun coltello è presente a tavola, poiché tutti gli alimenti sono già tagliati in cucina. Poi, la successione cronologica dei piatti che va da voi è sostituita da noi con una ricerca dell'equilibrio tra i cinque sapori di base.
Com'è la qualità media dei ristoranti cinesi in Italia?
Devo dire che sono migliori che all'estero, Olanda e Germania ad esempio, ma non posso certo affermare che sono tutti di buona qualità, anzi il contrario. Devi tenere conto che la maggior parte dei cuochi spesso non sono dei professionisti: arrivano in Italia e si improvvisano chef pur di lavorare. La cosa peggiore è che adattano i sapori, li rendono più appetibili, li “italianizzano”.
Ad esempio il gelato fritto, vero?
Sì, in Cina non esiste! È stato inventato chi sa dove, per venire incontro ai vostri gusti occidentali. Certo, bisogna ammettere che chi l'ha creato è stato davvero geniale! Ne andate tutti pazzi.
Da dove vengono i cinesi che vivono a Roma? È vero che arrivano tutti dalla stessa area.
Sì, da Wenzhou e dalle zone limitrofe. Wenzhou è una città nella provincia dello Zhejiang. In passato era un importante porto internazionale.
Da dove viene il tuo cuoco?
Da Pechino, quindi la mia è una tipica cucina pechinese, un esempio è il maiale mu-xi alla pechinese, come anche l’anatra laccata (sempre da prenotare). Ovviamente, il mio cuoco è anche in grado di cucinare piatti della mia zona, ma non di Shanghai, visto che è una cucina molto dolce, dunque talvolta poco gradevole per alcuni palati. Ma potremmo parlare anche del maiale di Sichuan, molto piccante...
Nel 2010 ti sei trasferita in via Principe Eugenio, affittando un ambiente molto più grande di quello, piuttosto angusto, che occupavi in via San Martino ai Monti. Alcuni dicono: “dopo il trasloco Sonia non è più la stessa”. Cosa rispondi?
Naturalmente che non sono per niente d'accordo! Il mio cuoco, che è anche mio cognato, è allievo del celebre maestro Liu Jinqi, un grande chef di Pechino, capace di preparare un'enorme varietà di piatti. È stato con noi per molti anni. La qualità della mia cucina non ha mai conosciuto momenti di crisi, mai.
Il tuo ristorante è forse uno dei pochi che cambia il menù, insomma che non propone sempre gli stessi piatti...
Esatto. Questo avviene in base alla stagionalità ma anche perché ci piace variare, anche se i miei clienti non sono tutti disposti a farsi consigliare ricette troppo “audaci”.
Com'è cambiata la tua clientela da quando ti trovi qui in via Principe Eugenio?
È rimasta sostanzialmente invariata, persone di tutte le età ed estrazioni sociali. Forse, essendo vicini all'università la Sapienza e all'Istituto Confucio, ci sono persone più preparate della norma e alla ricerca di piatti più tipici.
Parliamo dei tuoi fornitori.
Beh, per la verdura mi rifornisco al mercato di piazza Vittorio, dove posso trovare davvero di tutto, ad esempio il Taro, un tubero simile alla patata, ma ben più digeribile, nonché molto indicato per chi ha carenze di calcio. Per la carne e il pesce ho un segreto (ride), sono freschi, non si nota?
Il tuo ristorante è frequentato dai molti vip, attori, registi, calciatori e non solo. Infatti una delle caratteristiche del ristorante sono le pareti tappezzate di foto che ritraggono te con a fianco il personaggio di turno. Di chi hai un ricordo più positivo?
Molti, adesso ricordarli tutti è impossibile.
O almeno chi ha dimostrato di avere una conoscenza della cucina cinese sopra la media?
Ah sì, sicuramente l'attore Sergio Romano, mangia come un vero cinese. E poi Massimo Ghini, devo dire che anche lui è un vero buongustaio, viene spesso da noi; è molto curioso e sempre disponibile a provare i miei nuovi piatti.
Hai avuto come ospite il famoso cuoco Gianfranco Vissani, come è andata con lui?
È una persona simpatica. Sono stata ospite di una puntata della sua trasmissione: Ti ci porto io. Abbiamo preparato il pollo al limone. Poi è venuto qui da me e ha voluto che gli insegnassi a preparare le polpette di pesce, un piatto piuttosto complicato della mia zona, realizzato con carpa argentata. Ho partecipato ad altre trasmissioni televisive: Uno mattinae Cominciamo bene, ad esempio,ma a essere onesta, non so quanto questi programmi contribuiscano veramente a diffondere la cultura della nostra cucina, perché vengono veicolati puntualmente i soliti preconcetti e luoghi comuni.
Dal 2008 l'economia del nostro paese boccheggia. La stai sentendo la crisi?
Uhm, fammi pensare, no, il mio ristorante è sempre pieno, però devo dire che un tempo ordinavano più piatti. Oggi i miei clienti tendono a risparmiare. Però, non posso lamentarmi, il lavoro non manca mai.
Hai tempo di frequentare altri cinesi?
No, sono sempre troppo impegnata, e poi preferisco sinceramente gli italiani. Ormai mi sento un'italiana d'adozione.
Hang Zhou | Roma | via Principe Eugenio, 82 | tel. 06 487 2732
a cura di Annarita Curcio